Appena rientrato da una breve vacanza, trovo su Step1 “Quel diritto a non
perdonare”, un post sulla strage delle Fosse Ardeatine inviato da una lettrice
che si firma “Star Elder”.

Non condivido affatto la scelta di pubblicare quel post come articolo di
Step1. Devo avvertirvi che in questo caso sto parlando come professore di Storia
contemporanea, vi prego di scusarmi.

Innanzi tutto chi è “Star Elder”? L’unica traccia di questo personaggio
virtuale è rintracciabile in qualche sito di ufologia. Stando a quello che
racconta il vecchio apache Robert Morning Sky, Star Elder è un mitico
viaggiatore delle stelle caduto nella sua riserva indiana, nella zona di Four
Cornes, e definito un essere capace di comunicare “creando la realtà”. La
particolarità dei racconti di Star Elder è che non erano semplici favole, ma
venivano narrati come eventi realmente accaduti.

Nulla di più azzeccato per questo scherzo, di dubbio gusto, giocato a Step1.
Perché la storia delle vicissitudini del povero “Zio Pietro”, ciociaro e
allevatore di cavalli, quindi ricoverato in un “dispensario psichiatrico” e
sottoposto a elettroshock, benché narrata con verosimiglianza, è completamente
falsa. Sull’attentato di via Rasella, una delle azioni militari più controverse
della Resistenza, e sul conseguente eccidio delle Fosse Ardeatine, è aperta da
anni una polemica politica e storiografica, che si accende e si spegne
ciclicamente. Ma ciò non toglie che sulle circostanze di fatto si sappia tutto
nei minimi dettagli.

Alle 15,30 del 23 marzo 1944, Carlo Borsani, cieco di guerra e medaglia
d’oro, celebra, nel salone di un palazzo in via Veneto, la nascita del fascismo,
avvenuta 25 anni prima a Milano, in piazza San Sepolcro. E’ una giornata senza
nuvole, con il sole splendente. In mattinata i gerarchi e le autorità germaniche
avevano assistito alla messa nella chiesa di Santa Maria della Pietà e deposto
corone alle lapidi dei caduti fascisti in Campidoglio e al Verano. Borsani ha
comniciato da poco a parlare quando, alle 15.52, si interrompe a causa del forte
boato che rompe l’aria. Una forte carica di tritolo è esplosa a poca distanza,
in via Rasella, davanti al palazzo Tittoni, mentre vi transitava a piedi una
compagnia del I battaglione del Reggimento Polizei SS Bozen, composta da 156
uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, in assetto di guerra, con
mitraglatrici montate su carrelli in testa e in coda alla colonna.

Subito dopo, due squadre dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), una di sette
uomini l’altra di sei, al comando di Carlo Salinari (Spartaco) e Franco
Calamandrei (Cola), lanciano a mano bombe da mortaio leggero Brixia, modificate
per esplodere per accensione della miccia, e sparano con armi leggere. A far
brillare la mina collocata in un carrettino metallico da spazzino era stato lo
studente in medicina Rosario Bentivegna, con la copertura di un altra giovane
studentessa, Carla Capponi. Secondo la testimonianza di Bentivegna, i gappisti
erano disposti per l’attacco in questo modo: lui vicino al carretto; Carla
Capponi, con un impermeabile sul braccio, da mettergli addosso per coprirgli la
divisa da spazzino, la pistola alla cintura sotto il golf; in cima alla via, con
alle spalle palazzo Barberini: Raul Falcioni, Fernando Vitagliano, Pasquale
Balsamo, Francesco Curreli e Guglielmo Blasi, con Salinari nei pressi del
Traforo; poco distante Silvio Serra; all’ angolo di via del Boccaccio, Franco
Calamandrei. Altri gappisti erano sistemati per coprirli durante lo
sganciamento. Le modalità dell’attacco: Calamandrei si era tolto il cappello,
segno convenuto per avvisare Bentivegna che i tedeschi si stavano approssimando
e doveva quindi accendere la miccia per poi allontanarsi rapidamente.

Avvenuta l’esplosione, gli altri gappisti raggiunsero Calamandrei di corsa
per sviluppare l’assalto a bombe a mano e colpi di pistola. L’azione si concluse
con 32 SS uccise e 110 ferite (una sarebbe morta in ospedale il giorno dopo). I
gappisti non ebbero perdite nonostante la immediata reazione dei tedeschi.
Morirono invece un ragazzo e due civili. Altri furono colpiti nella violenta
sparatoria che si protrasse all’arrivo di reparti tedeschi e fascisti, rivolta
soprattutto a colpire le finestre degli edifici più vicini, dai quali ritenevano
fossero stati lanciati gli ordigni esplosivi.

L’attacco in via Rasella era stato deciso dal comando dei GAP Centrali in
sostituzione dell’assalto al corpo di guardia di via Tasso per liberare i
prigionieri della Gestapo. Dopo un sopralluogo Fiorentini, Salinari e
Calamandrei avevano ritenuto irrealizzabile quell’operazione dato il sistema
difensivo approntato dai tedeschi e avevano predisposto invece l’aggressione
alla colonna tedesca che ogni giorno percorreva via Rasella ultimate le
esercitazioni alla controguerriglia. Il reggimento Bozen, come tutte le SS
composto da volontari vincolati dal giuramento a Hitler, si stava infatti
addestrando alla lotta contro i partigiani. Il battaglione di stanza Roma
forniva anche elementi alla Gestapo in via Tasso, e avrebbe dovuto assolvere
all’incarico di proteggere il personale militare e civile tedesco e fascista
durante l’abbandono della capitale all’arrivo degli alleati e, inoltre, fare da
scorta ai prigionieri che da via Tasso da Regina Coeli sarebbero stati
trasferiti al Nord.

Al reggimento Bozen saranno addebitate le stragi di
civili commesse in seguito, in Istria, nel Bellunese, a Bois e Falcade: 87
azioni di rappresaglia documentate negli archivi tedeschi di Coblenza. L’azione
di via Rasella venne riconosciuta come atto legittimo di guerra dal Governo e
dal Parlamento dell’Italia democratica, oltre che dalla magistratura, nei vari
gradi sino alla Cassazione. Alcuni partecipanti vennero decorati al valor
militare (Presidente della Repubblica Einaudi, Capo del Governo De Gasperi).

Non ci fu dunque nessuno “zio Pietro”.

Il finto spazzino era il
partigiano Rosario Bentivegna, nato a Roma il 22 giugno 1922, medico. Rimane da
aggiungere che Bentivegna fu sottoposto, per tutta la sua vita, a una campagna
di linciaggio morale di parte neofascista e neonazista, basata sul pretesto che,
“non essendosi consegnato”, egli era da considerarsi il vero responsabile morale
della strage nazifascista. Questa campagna infamante, ma soprattutto infame, fu
poi ripresa dalla difesa di Kappler durante il processo. Ma basta consultare le
centinaia di siti web neonazisti, in lingua italiana e tedesca, per rendersi
conto del fatto che, a più di sessanta anni di distanza, il tentativo di
infangare la Resistenza è più che mai attivo.

Perciò il post di “Star Elder” non solo non doveva essere accettato come
articolo di Step1, ma andava adeguatamente commentato all’interno del forum. La
cosa davvero imbarazzante è che – se non provvederete a derubricarlo dall’home
page e ad aggiungervi il mio commento – questo pasticciaccio brutto, firmato
Star Elder, risulterà linkato für ewig (cioè anche per i posteri) su tutti i
principali motori di ricerca. Cosicché il falso rimarrà associato a Step1. Aih,
aih! E poi vi lamentate che siamo troppo esigenti agli esami di storia!!!

L.G.

Quel
diritto a non perdonare

Redazione Step1

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