Il difficile ruolo di donna del Sud

Capriccio e Raccapriccio, ovvero: un viaggio nella condizione della donna meridionale e palermitana in particolare. Virginia Alba, con monologhi profondi e divertenti allo stesso tempo, incide sulla nostra percezione dei vari “ruoli” a cui tutte le donne, nessuna esclusa, sono sottoposte, volenti o nolenti.

E lo fa partendo dall’egocentrismo maschile. Noi uomini pensiamo che uno sguardo di una donna sia sempre rivolto a noi, che le sue attenzioni (o disattenzioni) siano sempre per noi. La prima scena, il primo monologo dell’attrice palermitana (allo spettacolo di ieri sera per la rassegna Nautoscopio Arte 2012) è quella di una donna che sceglie un “partner” occasionale. Così noi crediamo fino all’ultimo. E invece… non si tratta della scelta di un uomo, ma della scelta di un libro! E così, mettendo noi uomini un po’ in ridicolo, afferma il valore della lettura e della cultura, del primato della mente e del suo nutrimento, anche nel desiderio, che spesso, troppo spesso, noi uomini siciliani non comprendiamo. E’ una bella lezione, scritta da Virginia e interpretata da lei stessa in maniera magistrale, coinvolgente.

Nei successivi monologhi, sempre scritti da Virginia, uno dei quali interpretato da Paolo La Bruna, si dipanano altri temi, oltre a quello della seduzione: il rapporto con ciò che la società si aspetta dalla donna e ciò che invece la donna è, o vorrebbe essere. Così lo stress per mantenersi in forma ed evitare l’obesità diventa un altro momento di riflessione nel monologo sul, difficile, rapporto personale di una donna con il cibo. E questo stress è perfettamente accompagnato dalla musica e i suoni di Dario Lo Cicero. E poi, ancor più importanti, la condizioni di gravidanza e di nuova mamma sono analizzate e rappresentate in due successivi monologhi intrisi di contenuti forti.

Tutte le difficoltà quotidiane, i veri eroismi della stragrande maggioranza delle donne di Palermo e del Sud, sono rappresentati da Virginia Alba (foto a destra, tratta da numerodedicato.altervista.org), soprattutto nella lettura e interpretazione di una donna che rinuncia a tutto per crescere la propria figlia appena nata. Cosa significa essere una “mamma felice” a Palermo? Virginia risponde ironicamente e in maniera più che convincente a questa domanda e riesce a trasmettere vive le sensazioni , anche a chi mamma non è e non lo potrà mai essere.

Cosa significa essere un’attrice a Palermo? Anche su questo ci fa riflettere Virginia, nell’unico dei cinque monologhi interpretato in dialetto palermitano. E qui lo fa con una forza comunicativa che strappa ulteriori applausi in ogni momento “cruciale” al pubblico del Nautoscopio, accorso, giustamente, in gran numero.

Virginia ci fa viaggiare anche nella distorsione di luoghi comuni e parole al vento, con l’ultimo monologo che fa diventare personaggi le stesse parole nel momento stesso in cui vengono pronunziate: un’idea intrigante e sviluppata in maniera straordinaria, che chiude lo spettacolo tra gli applausi.

Con testi e interpretazioni attuali e dirompenti, lo spettacolo di ieri sera (ci teniamo a dirlo, completamente autofinanziato) è stato un’occasione di riflessione attraverso l’intrattenimento e che avvicina al teatro dei messaggi concreti.

Speriamo di rivederlo presto anche su altri palcoscenici.

 

 

 

Gabriele Bonafede

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