Fai quello che puoi, con quello che hai, nel posto in cui sei. È questo il mantra di Franklin Delano Roosevelt che ha guidato il giovane regista catanese Guido Interlandi durante la realizzazione del cortometraggio Live fast die last, girato in un mese, e con soli 50 euro, tra piazza Spirito Santo, piazza Stesicoro, il locale La chiave nel centro storico della città e la stazione dell’autobus. Ventitré anni, cresciuto a Caltagirone e da sempre appassionato di cinema e fotografia, ha lanciato da poche settimane il prodotto narrativo, che è anche frutto della laurea all’Accademia di belle arti, dove ha frequentato il nuovo corso di Arti tecnologiche che in Italia esiste ancora in pochi atenei.
«Gli studi mi hanno permesso di approfondire le mie passioni e conoscere il mondo del video arte» – racconta a MeridioNews Interlandi, che ha anche frequentato corsi di recitazione in diverse scuole teatrali di Catania, dove è entrato in contatto con attori e insegnanti. «A un certo punto ho pensato di mettermi in discussione in prima persona, creando un progetto tutto mio che andasse oltre i corti e i video che avevo sperimentato in passato». Il problema principale era la mancanza di fondi, che Guido ha aggirato coinvolgendo nel progetto la sorella Isabella, la fidanzata francese Alison Smith ed Anthony Vanaria, un amico di Boston che vive a Sigonella e che veste i panni del protagonista Cody. «L’unica spesa è stata quella relativa all’obbiettivo per la mia Canon – chiarisce – 50 euro che mi hanno permesso di realizzare delle focali interessanti e girare con qualsiasi condizione di luce».
Nei suoi piani c’era la produzione di un film di un’ora, ma il progetto si è ridimensionato diventando un cortometraggio in cui – in dieci minuti – viene raccontata la storia di un ragazzo che vive una vita monotona – tra routine e social network – che porta a galla i problemi delle giovani generazioni di oggi, afflitte da disturbi come insonnia, stress, difficoltà di concentrazione, ansia e depressione, causati da uno stile di vita solitario e sedentario. «L’uso smisurato della tecnologia è tra i primi nemici del sonno e ne sono stato vittima anche io – sottolinea il giovane autore -. Per quanto nella storia ci sia poco di autobiografico conosco questo problema, perché quando mi sono trasferito a Catania stavo molto tempo al computer e al cellulare e per combatterlo ho ridotto l’uso della tecnologia, che mi ha fatto superare anche problematiche legate alla timidezza».
Influenzato probabilmente dai genitori psichiatri, Guido ha realizzato il progetto artistico indipendente con scopo riflessivo. Dopo la storia del Blue Whale, però, ci ha trovato anche una morale. «Oggi i quindicenni si isolano tra cellulare e computer e vivono una non vita, che li spinge a essere insoddisfatti anche se non gli manca nulla e addirittura a buttarsi dai palazzi». Dobbiamo uscire, conversare, correre, goderci il panorama, dice il regista, che ha già inviato a diversi festival Live fast die last, selezionato dal Fresh Meet International Film Festival, e da qualche mese fa parte della giuria del Reel youth film festival, festival internazionale di Vancouver, Canada.
Ma Catania resta comunque un ottimo set cinematografico. «È tra i migliori in Italia, c’è quasi sempre il sole e non mancano ragazzi talentuosi che vorrebbero fare cinema, anche se troppo spesso si lasciano scoraggiare, non credono nelle loro idee, vanno a studiare a Roma o Milano ma non hanno il coraggio di scendere in campo. Bisogna scrivere scrivere scrivere – conclude Interlandi -. E crederci davvero».
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