Il catanese che sfida i 6570 metri del Tupungato Quattordici giorni da solo tra il Cile e l’Argentina

Ha un nome strambo, il Tupungato. Con i suoi 6570 metri sul livello del mare il vulcano è una delle montagne più alte dell’America del Sud. Si trova a cavallo tra due Stati, al confine tra la regione metropolitana di Santiago, in Cile, e la provincia argentina di Mendoza. E c’è un catanese d’adozione, ragusano d’origine, che ha voglia di arrivare fino in cima. Massimo Flaccavento ha 39 anni. Ventiquattro dei quali dedicati all’arrampicata su roccia. Una passione che confina con il suo lavoro di guida vulcanologica sull’Etna e sullo Stromboli, da libero professionista. La voce all’altro capo del telefono rimanda entusiasmo. «La cresta che porta sulla vetta del Tupungato – spiega al nostro giornale – ti permette di camminare con un piede in Cile e l’altro in Argentina».

La partenza è prevista per lunedì 21 gennaio. Ma la scalata vera e propria scatterà il 25. «Partirò da quota 2mila metri e proverò a raggiungere la cima – va avanti Flaccavento – un lunghissimo viaggio, tantissimi chilometri». Un’ascensione non soltanto lunga ma anche solitaria. «Tra andata e ritorno – conferma lo scalatore – spero di concludere in 14 giorni. I primi tre li farò in un’unica soluzione allestendo dei campi. Questa prima parte della scalata sarà l’unica sessione in cui avrò al mio seguito dei muli che mi assisteranno». Poi, a fargli compagnia, rimarrà solo il silenzio. «Tutti quelli che mi conoscono sono preoccupati, non ho ancora capito perché», scherza il 39enne. «La solitudine, in un contesto naturale del genere – aggiunge poi più serio – è qualcosa di grandioso, almeno per come la vivo da sempre io. Ti dà anche tanto tempo per pensare, per lavorare su te stesso». 

Naturalmente, non è la prima volta che Flaccavento «scala» all’estero. «Negli anni ho fatto tantissime ascensioni sulle Alpi – ricorda – e poi sono già stato in Perù e in Ecuador, per scalare la catena della Cordillera blanca e alcuni vulcani, come il Chimborazo e il Cotopaxi». Luoghi che pretendono un atteggiamento diverso rispetto all’Etna. «La logistica è la cosa più difficile – ammette Flaccavento – L’Etna ha un accesso relativamente facile, fornita com’è di funivie, pulmini, strade. In queste catene, invece, si va a piedi». 

Non c’è solo il Sud America nell’esperienza di Massimo. «Grazie all’arrampicata e alla mia passione per la natura e i grandi spazi – racconta – ho aperto molte nuove vie su roccia in tutta la Sicilia, ripetuto molte vie storiche sulle Alpi, soprattutto sul Monte Bianco, e viaggiato anche in Polonia e in molte altre aree dell’Europa». Un ultimo accenno lo riserva al suo lavoro di guida vulcanologica. «La montagna è una parte importantissima della mia vita. Il mio lavoro – conclude – mi appassiona e mi gratifica, soprattutto per la crescita e il confronto continuo con persone di tutto il mondo». Oltre che con se stessi, a 6570 metri d’altezza, nel silenzio più bello. 

Marco Militello

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