Dopo la recente aggressione a una dottoressa di turno alla guardia medica di Trecastagni, gli operatori della cosiddetta continuità assistenziale sono tornati a fare sentire la propria voce. Sopita l’eco mediatica, che ha acceso i riflettori sull’assenza di sicurezza nei presidi sanitari nelle ore notturne, tra i medici serpeggia la paura di ritornare a lavorare in solitudine e senza alcuna garanzia. Timori manifestati questa mattina attraverso un corteo partito dalla direzione generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania e che ha attraversato il centro della città, per fermarsi di fronte ai locali della prefettura, in via Etnea. Rabbia, paura ma soprattutto abbandono da parte delle istituzioni che, secondo gli operatori del settore, continuano a ignorare il problema. «Se a distanza di un anno e mezzo troviamo ancora una volta una collega violata nel suo lavoro, vuol dire che la sicurezza non esiste», afferma a MeridioNews Angela Vitale, che da cinque anni presta servizio a Catania.
«I sistemi di sicurezza che sono stati approntati, come telecamere a circuito chiuso o porte blindate – prosegue la dottoressa – non hanno fermato gli episodi di violenza, quindi sono inefficienti e inefficaci. Noi vogliamo delle telecamere collegate con un centro operativo, per poter vedere in tempo reale cosa accade, un vigilantes e si potrebbe anche optare per un accorpamento delle guardie mediche, in modo che nello stesso presidio ci sia più di un operatore». Soluzioni concrete, attese dai medici, per rispondere alla continua escalation di violenza che, quasi quotidianamente, si registra.
«Il mese scorso ho dovuto chiamare le forze dell’ordine perché una persona pretendeva una prescrizione non dovuta – racconta Valeria Di Gesaro, in servizio a Palermo -. Non conoscendo il suo nominativo ho fornito ai carabinieri, che sono arrivati dopo quarantacinque minuti, il numero di targa dell’auto. Dopo un controllo mi è stato detto che quell’uomo andava arrestato perché deve ancora scontare due anni di carcere. Qualche settimana fa – conclude Di Gesaro – è ritornato in guardia medica per insultarmi». Minacce, aggressioni fisiche, schiaffi, botte, insulti e spinte denunciati unanimemente dai medici nel corso della manifestazione e costretti spesso, in assenza di tutele, a farsi accompagnare da parenti o amici sul luogo di lavoro. Rischi che aumentano, soprattutto per le donne, con le visite domiciliari notturne.
«La situazione è assolutamente disastrosa – spiega la presidente regionale del sindacato medici italiani, Rosalba Muratori -. Nel campo della sicurezza siamo all’anno zero, non si è fatto quanto dovuto in tutti questi anni, nonostante i continui solleciti da parte di tutti, sia operatori che sindacati. Non ci vogliono assolutamente nuove norme perché ci sono già – prosegue – ma il presidio deve garantire sanità alle persone che ci lavorano e a coloro che ne usufruiscono. Chi si occupa di ordine pubblico – conclude la sindacalista – deve passare dalle parole ai fatti, perché tutti abbiamo bisogno di vedere la presenza dello Stato».
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