Gli ‘angeli’ delle scorte di Palermo

E’ stato presentato nell’ambito delle celebrazioni per il ventennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio, ma si può senza ombra di dubbio considerare senza tempo l’ultimo libro di Gilda Sciortino “Uomini di scorta”, edito da Officina Trinacria, in quanto narra la storia di quei poliziotti dell’Ufficio scorte di Palermo che ogni giorno, da anni, mettono in gioco la loro vita per proteggere le tante “personalità” del nostro Paese.

A tutti loro è dedicato questo libro, ma in modo ancora più particolare ad Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Rocco Di Cillo, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Antonio Montinaro, Claudio Traina e Vito Schifani, gli 8 “angeli custodi” di Francesca Morvillo e dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, scomparsi insieme a loro 23 maggio e il 19 luglio 1992.

Attraverso le parole di chi ancora è in servizio attivo, ma anche quelle dei familiari di chi purtroppo non ce l’ha fatta, avendo unito in modo indissolubile il proprio destino con quello dei magistrati presi di mira e colpiti dalla mafia, il lavoro dell’autrice consente di capire cosa successe negli anni precedenti e in quelli immediatamente seguenti il ’92, portando a scoprire cosa voleva e vuole ancora dire “proteggere” uomini come Falcone e Borsellino, come anche i tanti altri magistrati e imprenditori che, ieri come oggi, sono in prima linea sul fronte della lotta contro la mafia, patendo e vivendo ogni giorno anche le difficoltà date dai ben noti tagli alle risorse, quegli stessi tagli che causarono l’eliminazione di alcuni dispositivi di sicurezza, come l’elicottero e la bonifica nel caso del giudice Falcone.

“L’opinione pubblica sa che sono poliziotti, carabinieri o finanzieri – scrive il Procuratore Capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nella prefazione al libro – ma ignora i loro volti e i loro nomi; a stento vengono ricordati quelli dei “ragazzi delle scorte” massacrati a Capaci e via D’Amelio cui questo libro è giustamente dedicato. E, invece, ognuno di loro è una “persona” con la sua vita normale: una famiglia, la fidanzata, i problemi dei figli, della scuola e della casa, lo stipendio che non basta, la squadra del cuore per cui fare il tifo.”.

E sono proprio loro, i poliziotti dell’Ufficio scorte di Palermo, insieme ad alcuni della Squadra mobile e ai “baschi verdi” della Guardia di Finanza, che si raccontano, facendo emergere il loro “senso del dovere” alto e inappuntabile, grazie al quale riuscire a superare ogni difficoltà, con la speranza che non debba servire ancora il “sacrificio supremo” per dimostrare che si può essere cittadini, uomini, degni di fare parte di una società, che al primo posto mette la dignità, l’onesta e la moralità.

Un percorso lungo e sofferto, quello che anima le 256 pagine di questo libro, all’interno del quale ci sono, dicevamo, le storie degli agenti di scorta, ma anche quello dei familiari, mogli e figli che, allo stesso modo, vivono l’ansia, le paure, le soddisfazioni e le frustrazioni di un quotidiano in continuo bilico, spesso determinato e condizionato in maniera irreversibile da un semplice cambio di turno.

Così fu per Antonio Montinaro, di cui parla la moglie Tina, che non doveva essere di scorta quel pomeriggio; ma anche per Antonello Marini, ancora operativo alle scorte, uno dei primi a parlare con Gaspare Cervello, sopravvissuto alla strage di Capaci insieme a Giuseppe Costanza.

Ai generosi racconti di questi ultimi due si unisce drammaticamente quello di Antonio Vullo, l’unico a restare in vita il 19 luglio del 1992, come anche quello della famiglia di Agostino Catalano, il caposcorta di Paolo Borsellino, che attraverso la voce della madre Emilia denuncia la cattiveria di quella gente che ha pensato si fossero arricchiti grazie alla morte del figlio.

Presente e rilevante anche l’esperienza dei baschi verdi, anche loro in trincea negli anni caldi di una Palermo nella quale, scrive l’autrice, “c’è sempre una sirena che suona, impazzita, che sia della Polizia, dei Vigili del Fuoco o di un’ambulanza.

Neanche quel 23 maggio fece differenza, anzi Palermo impazzì ancora più del solito. Una strana atmosfera pervase quel pomeriggio l’intera città, dalle borgate alle vie del centro, nessun quartiere escluso. Non erano neanche le 18 quando le sirene di ambulanze, volanti della Polizia, Carabinieri cominciarono a ululare, trasformando il sabato di una primavera che volgeva alla fine in una data funesta, che purtroppo verrà ricordata per sempre.

Per molti, infatti, il 1992 segnò il punto di non ritorno, niente fu come prima: nessun fine settimana per rilassarsi, nessuna ricorrenza da festeggiare, solo il lutto nel cuore e la consapevolezza di avere perso importanti pezzi di umanità e professionalità della nostra terra. Brinderanno, invece, i boss rinchiusi all’Ucciardone, finalmente liberatisi dal loro grande nemico”.

Tutti i personaggi di questo libro narrano come erano cominciate le giornate del 23 maggio e del 19 luglio di venti anni fa, e come si sono tragicamente concluse, lasciando loro conseguenze fisiche e psicologiche non indifferenti, realmente impossibili da superare.

Toccante anche il ritratto di Agostino Catalano, reso dall’energica madre Emilia, “la mamma dei poliziotti”, e dai fratelli Tommaso e Salvatore, che non hanno mai amato le “passerelle” tipiche delle giornate di commemorazioni, incapaci di “rendere omaggio alla memoria dei loro cari”.

“E’ questo un libro – scrive nella postfazione Felice Romano, segretario generale del Siulp – che racconta come le passioni, quali l’abnegazione, il senso del dovere, il sacrificio, il senso dello Stato e la consapevolezza di essere dalla parte dei giusti e di non perdere mai la fede nella propria missione nemmeno di fronte all’estremo sacrificio, delle paure ma anche delle speranze che si poteva cambiare, si mischiano con le emozioni.

Emozioni quali la paura, il sentimento di perdere in qualsiasi momento le persone care, i propri compagni di viaggio, di non farcela a sconfiggere questo insidioso e permeante nemico, la caparbietà, l’isolamento, l’essere scomodi perché non erano solo quelli della scorta ma per alcuni soprattutto quelli di scorta, lo scoramento per le battute di arresto che spesso provenivano dalle stesse Istituzioni per cavilli burocratici, la rabbia, il dolore, l’impotenza ma anche la perseveranza.

Quella perseveranza che non ha mai fatto cedere alla tentazione di violare le regole, di aggirarle per colpire la mafia, il nemico, perché era chiaro che, solo sconfiggendolo nel rispetto delle regole, la vittoria sarebbe stata irreversibile”.

“Uomini di scorta” è stato presentato lo scorso 9 settembre a Langhirano, in provincia di Parma, nell’ambito della Rassegna di letteratura poliziesca “I sapori del giallo”, arrivando nella cinquina finale dei libri scelti per concorrere al VI Premio “Marco Nozza” per il Giornalismo d’inchiesta, investigativo e di informazione critica, insieme a Gianni Flamini, Giovanni Spinosa, Paolo Bolognesi e Roberto Scardova, Luca Ponzi.

Il libro – che è stato presentato alla libreria Feltrinelli di Palermo, alla presenza del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, del segretario nazionale del Siulp, Vittorio Costantini, e del giornalista Mario Pintagro, ma anche degli “angeli custodi” che si sono generosamente raccontati all’autrice – è stato realizzato grazie alla collaborazione del Siulp, il Sindacato italiano unitario dei lavoratori della Polizia, che ha dato il proprio contributo per mettere in rete molte delle relazioni.

Redazione

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