Giulia, la prof di lingue che ha incantato Woody

Giulia Tellarini è una giovane musicista italiana, girovaga per vocazione. La città di Treviso le diede i natali 30 anni or sono, ma già con la famiglia si sposta in giro per l’Europa, prendendo anche la doppia nazionalità francese. A Barcellona poi incontra tre ragazzi (Maik Alemany, Jens Neumaier e Alejandro Mazzoni) con i quali decide di formare un gruppo musicale, che adotterà il suo nome e cognome: “Di certo – si schermisce la cantante – non brilliamo per originalità”!

Giulia y los Tellarini hanno già inciso un disco dal titolo Eusebio, come il nome di un arzillo ottantenne che bazzica per il Barrio Garcia di Barcellona e che tutti conoscono come un artista che regala i propri disegni in cambio di un’offerta, un caffè o una “copa de tinto”. La band l’ha adottato come simbolo dello stile di vita della città catalana, scegliendo anche i suoi disegni per la cover e il booklet dell’album. Incontriamo la giovane cantante-prof in occasione del concerto che la band ha tenuto nell’ambito della rassegna del Catania Jazz.

Giulia, raccontaci il vostro esordio.
“È molto poco che abbiamo iniziato, quasi si può dire che stiamo iniziando qui in Sicilia! Abbiamo cominciato ad esibirci a seguito dell’incontro fortunato con Woody Allen. Un ragazzo della band ha lasciato il cd in albergo e dopo qualche settimana abbiamo ricevuto la mail della produttrice che ci proponeva di comprare due brani poi utilizzati nella colonna sonora di Vicky Cristina Barcellona. È stata una sorpresa per tutti noi!”.

Allora, nello stile del regista americano, non avete confezionato il pezzo su commissione, ma si adattava già perfettamente…
“Sì, in effetti è stata una coincidenza che in questo disco ci fossero due brani che si sposavano perfettamente. Anzi, il nostro atto di coraggio è nato proprio dall’idea che fossero indicati per il tema del film”.
 
La canzone Barcelona però è un po’ ambigua, sembra esprimere un rapporto di odio-amore. Definisce la città catalana “poderosa” ossia potente, in quale senso?
“Il testo è molto ironico; in verità, un film che doveva essere un elogio a questa città ha poi scelto come colonna sonora questa canzone che gioca su un doppio senso. Infatti descrive il mio riscontro di Barcellona, ovvero quello di una persona normale che ama questa metropoli ma fatica a viverci, perché sempre più cara, e dopo tre anni decide di abbandonarla”.

Per andare a Berlino, una città diametralmente opposta…
“Io vivo sempre questo conflitto nord-sud! So che fisicamente e anche metabolicamente sto meglio al sud, dove preferisco anche la gente, ma lì non riesco a pensare, perché vivo troppo e non creo. Per questo ho bisogno di bilanciare la mia vita cercando il mio equilibrio al Nord”.

E il resto della band dove vive?
“A Barcellona appunto. Io mi ero separata da loro quando l’anno scorso sono andata a vivere in Germania, ma adesso ci sono tornata per questo progetto, per cui supporto Barcellona perché mi sta compensando. È un sacrificio ma non posso spostare tutti per me!”.

Come vivi le tue giornate oggi?
“La storiella della busker è un po’ troppo colorita. Io in realtà sono professoressa di lingue e lavoro dentro le imprese di Berlino per dare lezioni di inglese ai tanti operai che a scuola hanno studiato russo. Poi nel fine settimana, esco e canto nel mercato di antiquariato ma per farmi del bene; quando ho iniziato, ho notato che ci pagavo l’affitto ed in più mi divertivo, allora perché no?!”.

Progetti prossimi?
“L’obiettivo principale è comporre altre canzoni per allungare lo spettacolo e poter registrare un nuovo disco. “Eusebio” è uscito in Francia, Germania e Spagna; adesso stiamo cercando la distribuzione in Italia. Penso che sarà possibile perché abbiamo avuto una buona risposta dal pubblico italiano, ma credo che lo auto-produrremo come abbiamo fatto finora. Non siamo tipi che accettano i compromessi di case discografiche che ti fanno firmare un contratto a tempo e ti schiavizzano con loro per altri tre dischi”.

È previsto un rientro in Italia prima o poi?
“Ci sto pensando. Se me l’avessi chiesto un mese fa, avrei risposto che ho ancora molto da vedere, ma ho appena compiuto 30 anni e oggi credo di aver visto abbastanza! Insomma, ho voglia di tornare, non saprei in quale città però. Comunque penso che nessuno sia profeta in patria e forse mi si vede con simpatia solo perché vengo da fuori…”.

Benedetta Motta

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