Gestione dei beni culturali: in Ortigia it’s a cinch!

Master in “Economics and administration of cultural heritage”, lezioni e laboratori in inglese, collaborazioni con Università sparse in tutto il mondo, professori e studenti di varia provenienza: Oxford? Cambridge? No, più vicino. Ortigia. Ebbene sì, proprio nel cuore di Siracusa è attivo un master multiculturale e “mediterraneo”.
Il corso, di durata annuale, è promosso dalla Scuola Superiore di Catania ed è ormai giunto alla sua quarta edizione, seppur con qualche variazione: è l’erede di un più vecchio progetto di master in “Economia e gestione dei beni culturali”, che suonerà anche più familiare ma certo meno internazionale. Non per essere venali, ma anche il prezzo merita di essere citato: 2.500 euro, una somma che non scandalizza affatto nell’ampio mondo dei corsi di specializzazione.
Per capire meglio quanta innovazione ci sia in questa proposta formativa ma anche quali sono le criticità riscontrate da docenti e studenti, abbiamo intervistato la professoressa Romilde Rizzo, coordinatrice del master.

Due sembrano essere le coordinate essenziali per comprendere lo spirito del corso: internazionalità, e multidisciplinarietà. “L’ambiente ha una composizione davvero variegata” ci spiega la professoressa Rizzo, “fino ad ora abbiamo avuto studenti italiani, egiziani, siriani, giordani, pakistani, libici, tunisini, ma anche ugandesi e peruviani”, e anche lei pare ancora un po’ sorpresa. Ma ciò che caratterizza questo percorso di specializzazione è anche la sua multidisciplinarietà: “L’approccio esclusivamente tecnico viene evitato. Si cerca piuttosto di colmare il vuoto formativo in materia economica di chi proviene da studi umanistici: valutazioni progettuali, effetti economici degli investimenti nella cultura e così via”, continua Rizzo. Agli umanisti che ancora temessero di restare invischiati in ambiti non proprio familiari, la professoressa assicura che “Il master, facendo capo alla Scuola Superiore, è estraneo alla specificità delle singole facoltà”.

Anche l’uso esclusivo della lingua inglese potrebbe spaventare qualcuno, ma la professoressa Rizzo minimizza e rilancia: “E’ impegnativo, ma dà un doppio beneficio: migliore conoscenza della lingua scritta e orale e potenziamento della capacità di recepire spiegazioni in inglese”. Beneficio non trascurabile, considerato che gran parte degli stage di fine corso si svolgono in istituzioni estere.

Tuttavia, l’aspetto più interessante resta quello della composizione multietnica delle classi, e non solo. Agli stranieri è garantito l’alloggio in residence, come anche ad alcuni italiani, secondo la provenienza. Come si saranno trovati studenti maghrebini e sudamericani ad Ortigia?
Meglio che a Catania, dove si sono svolte le prime due edizioni del corso, come ci spiega la professoressa Rizzo. Facendo riferimento al primo anno di svolgimento a Siracusa, racconta soddisfatta che “si è creato un campus virtuale, dove si respirava un bel clima di aggregazione”. “Merito dell’ottima risposta data da Ortigia e dall’Università: non sono mancati seminari e convegni, dove gli studenti stranieri potevano riferire le loro diverse esperienze”. Dal punto di vista non accademico, ci avremmo scommesso, a mettere tutti d’accordo è stato ancora una volta il cibo. Grazio allo spirito d’iniziativa degli studenti, ogni anno non mancano indimenticabili serate di cucina etnica che sono un’occasione fondamentale per conoscere meglio le culture degli altri.

Tutte queste esperienze e questi continui scambi linguistici e multiculturali apprese durante l’anno di corso tornano utili anche in quella che sembra essere la più sicura opportunità lavorativa: emigrare.
Dal punto di vista dell’occupazione post master, infatti, la professoressa Rizzo spiega che “la riposta è stata soddisfacente a livello internazionale”. E la regione Sicilia che ha accolto questa bella iniziativa? “La risposta invece degli enti pubblici territoriali al momento può considerarsi insoddisfacente”.
Grosso problema per i nostri connazionali, che sembrano i meno disponibili a spostarsi. “Ho notato una certa ritrosia tra gli studenti italiani a scommettersi altrove. Ad esempio, una mia studentessa adesso lavora in Russia, ma ricordo di non aver trovato un solo studente italiano del nostro corso che volesse partecipare ad un progetto per la Banca Mondiale in Etiopia”.

Tirando le somme ed esprimendo desideri, la professoressa Rizzo conclude: “Credo sia un problema diffuso in Sicilia come in tutta Italia. L’anno scorso la situazione del governo regionale era un po’ turbolenta, spero che quest’anno vada meglio, ma c’è sicuramente da lavorare. La mia aspirazione è che si crei una svolta occupazionale specie con le opportunità del POR (Programma Operativo Regionale n.d.r.) 2008-2013”.

Per info: master.internazionali@ssc.unict.it
www.scuolasuperiorecatania.it, tel. 095/351568 – Via San Nullo 5/i, Catania

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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