Gela, salta ancora la sfiducia al sindaco Messinese  Centrodestra si disintegra. M5s: «Una pagliacciata»

È rimasto muto a guardare la presunta corazzata che, ansiosa di infliggergli l’ultimo colpo, si è invece disintegrata per un mero atto di forma. Così
il sindaco di Gela Domenico Messinese ha visto questa mattina saltare la mozione di sfiducia presentata al consiglio comunale dal gruppo del centrodestra, più gli indipendenti Angela Modica, Totò Sammito e Vincenzo Cirignotta. Non hanno avuto neanche bisogno di intervenire, né Messinese né il resto della giunta presente al gran completo, i 12 consiglieri hanno fatto tutto da soli. È il secondo tentativo che va a vuoto in tre mesi, e comunque se ne parlava già da tempo (a chiederla con forza sono da tempo gli ex compagni del M5s): a ottobre, prima di calendarizzare la prima mozione, ritirò la propria firma l’ex crocettiana Maria Pingo, di fatto facendola cadere. L’aula consiliare era strapiena di gente, sembrava di respirare la stessa area che convinse i titubanti consiglieri comunali di allora a passare a furor di popolo all’area metropolitana di Catania. Passaggio poi conclusosi con un nulla di fatto.

Già nei primi passaggi si percepiva che
non tirava proprio aria di sfiducia: di sicuro chi ha assistito la invocava, rumoreggiando più volte, mentre i consiglieri sin dalla pregiudiziale presentata dall’avvocato Giovanni Panebianco (Diventerà Bellissima) cominciavano a disegnare timori e distinguo. Il neosegretario generale Salvatore Pignitello, che ha preso il posto dell’agrigentino Pietro Amorosia (che ha avuto molti scontri col sindaco), ha risposto alla pregiudiziale presentata dal consigliere e avvocato, il quale ha proposto, analizzando la normativa, una sospensiva alla discussione dell’atto. Il motivo del rinvio sarebbe stato un presunto errore nella notifica, che non è stata inviata via Pec al primo cittadino. «Allo stato degli atti non posso esprimermi in un senso o nell’altro», ha spiegato, lasciando di fatto la palla al palazzo. Così tra i 12 che avevano presentato la mozione solamente dieci giorni prima, sia Panebianco che Di Modica hanno ritirato la propria firma. Facendo cadere il numero legale e consentendo in sostanza alla giunta Messinese di trascorrere più serenamente le festività natalizie. Per i citati consiglieri il timore era che il sindaco Messinese potesse rivolgersi al Tar, una volta sfiduciato. A nulla è valso il richiamo del segretario Pignitello, che ha ricordato come in teoria «tutti gli atti amministrativi sono passibili di un ricorso ai giudici».

Ne esce un centrodestra spappolato, che ha voluto provare l’atto di forza presentando da solo la mozione. Il centrosinistra si mantiene guardingo, anche se aveva dichiarato di volere sfiduciare la giunta. I più arrabbiati sono i componenti del gruppo del M5s. Per Virginia Farruggia, presidente della commissione Ambiente, «abbiamo assistito a una pagliacciata, che io avevo pure previsto sui social: il centrodestra ha voluto presentare la mozione da solo, mentre noi avevamo manifestato la volontà di firmarla tutti insieme, con altri consiglieri che si erano detti disponibili come noi. Invece così è bastato che due persone ci ripensassero e la mozione è decaduta. Oggi il centrodestra si è dimostrato inadeguato a guidare la città». Se ne dovrebbe riparlare a gennaio, sempre che gli equilibri non cambino nuovamente. E i condizionali rimangono d’obbligo, viste le recenti performance del consiglio: si potrebbe tornare a votare nella prossima tornata elettorale in primavera tra aprile e giugno, dopo pochi mesi di commissariamento.

In ogni caso, le tappe di avvicinamento al 22 dicembre sono state complicate. Persino il
vescovo della diocesi Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana, durante un convegno della Cisl, aveva detto che il commissariamento sarebbe un ulteriore danno per la città. Ufficialmente la giunta non ha neanche un consigliere di riferimento su 30, finora i singoli atti sono passati di volta in volta e con maggioranze trasversali e sempre differenti. Negli ultimi giorni Messinese è stato molto attivo, tanto da attirare su di sé le critiche di chi ha visto in questa condotta una sorta di disperazione politica: ha concesso la costruzione dell’ascensore a Luca, il disabile che finora non poteva accedere autonomamente in casa propria; ha rispolverato il masterplan del sistema portuale di Gela, presentato nell’ufficio di gabinetto del primo cittadino alla presenza dei vertici Eni; ha provato fino all’ultimo a tessere legami con consiglieri di centrodestra e centrosinistra, avvalendosi anche dell’ausilio dell’appena nominato assessore Maurizio Melfa che si è autoproposto con la delega ai rapporti col consiglio (ma la convocata seduta dei capigruppo è andata deserta).

Al momento il primo cittadino presiede una
giunta tecnica dopo che è andato a vuoto il tentativo di fare un esecutivo politico, a causa del rifiuto dei partiti che sembravano attenderlo al varco della sfiducia. Sembravano, appunto. Negli scorsi giorni, Messinese ha prima riconfermato i due assessori più osteggiati dal consiglio comunale, il vicesindaco Simone Siciliano e l’assessore al Bilancio Fabrizio Morello, e poi ha nominato quattro nuovi assessori: l’imprenditore Maurizio Melfa (ex candidato sindaco proprio contro Messinese) a cui è andata la delega ai lavori pubblici; Valeria Caci (proveniente dall’esperienza del Coordinamento Donne per il Territorio) che si occuperà di servizi sociali e di pubblica istruzione; Valentino Granvillano (presidente del Consorzio commerciale Gela C’Entro) allo sport, turismo e polizia municipale e Giovambattista Mauro che avrà le deleghe all’urbanistica e al patrimonio.

Andrea Turco

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