Doveva essere un’assemblea per «riflettere sulla grave crisi occupazionale e quali prospettive per uscirne», ma è sembrata più un rumoroso e disordinato confessionale. Nel salone parrocchiale della chiesa sacro cuore di Gela, ieri, il vescovo della diocesi di Piazza Armerina Rosario Gisana ha indetto una riunione per affrontare uno dei problemi più gravi del territorio. Ma a imporsi è stata la rabbia di una città che attende ancora gli esiti di una riconversione industriale, stabilita un anno e mezzo fa e della quale non si intravedono al momento spiragli positivi.
Neanche un centinaio i presenti. Giusto un paio di imprenditori, qualche consigliere comunale, una manciata di sindacalisti. E la presenza della giunta comunale, che ha provato a delineare gli scenari a una platea composta prevalentemente da lavoratori dell’indotto e dalle loro famiglie. Ai problemi dei quali si associano altre vertenze rimaste irrisolte: la Tekra (la ditta campana che gestisce il servizio di raccolta rifiuti in città, ndr) e la clinica Santa Barbara. L’incontro è stato introdotto dalla giornalista locale del quotidiano La Sicilia Laura Mendola. A intervenire per primo è stato don Luigi Petralia, parroco della chiesa Santa Lucia. «I lavoratori non hanno bisogno di impieghi di pochi mesi ma di progetti duraturi. Gela – ha detto il prelato – non ha bisogno di false soluzioni. Non bastano supporti come il microcredito, la soluzione non può essere reinventarci 10mila, 20mila microimprenditori. Siamo rimasti sconcertati dalle indagini della procura di Potenza dove si è appreso che il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, si vantava del protocollo. Su quel protocollo bisognava prima verificare se c’era un progetto esecutivo».
Si sono poi succeduti gli interventi di alcuni lavoratori. Franco Biundo, ex dipendente dell’Elettroclima, ora in mobilità, ha criticato «le notti bianche che dovrebbero invogliare a spendere ma qui non ci sono soldi manco per le bollette». Per poi aggiungere che «ci hanno riqualificato, vero, a diventare esodati e disoccupati». A parlare sono stati anche alcuni operai che ai presidi dello scorso gennaio avevano fondato il Movimento spontaneo dei lavoratori: un tentativo di bypassare sindacati ed istituzioni, ritenuti non più degni di fiducia, e di partecipare direttamente ai tavoli decisionali. Raccontando anche le difficoltà di famiglie monoreddito che si arrangiano quando possono con lavoretti in nero, usuranti e degradanti.
Più di una volta monsignor Gisana si è visto costretto a calmare gli animi e provare a riportare il dibattito sulle proposte da concertare insieme. E mentre imprenditori, sindacalisti, consiglieri comunali ed esponenti del Partito Democratico rimanevano in silenzio, a prendere la parola più di una volta è stato Orazio Mili, figlio di un ex dipendente del reparto Clorosoda. «Chiediamo un confronto pubblico – ha detto un irrequieto Mili -. Perché il sindacato non si è mai costituito parte civile nei procedimenti contro Eni? Perché non diciamo che è già dal 2010 che negli uffici regionali si discuteva del sito di Gela come deposito costiero? Al posto del centro oli, perché il cane a sei zampe non finanzia un polo oncologico?».
Domande che sono rimaste inevase. Mentre le attenzioni di molti dei presenti si sono focalizzate sull’utilizzo delle compensazioni (i 32 milioni di euro previsti dal protocollo d’intesa, ndr) e delle royalties (18 milioni quelle relativi al solo 2014, ndr). Su questi temi ha provato a fare chiarezza il vicesindaco Simone Siciliano. «Le compensazioni sono oneri per gli iter autorizzativi. Fino a oggi ne sono maturati 4 milioni di euro – ha spiegato l’esponente della giunta Messinese -. Noi abbiamo presentato un piano di investimenti di 18 milioni. Sono fondi vincolati, si possono finanziare solo progetti relativi alla portualità e relativi alla salute, non iniziative private».
Ancora una volta la città è sembrata schiacciata su un cupo presente. La parola futuro non è stata pronunciata neanche una volta. Gli unici accenni in tal senso sono venute dalle donne del coordinamento per il territorio, che dovrebbero avere un incontro coi vertici Eni e, forse, una visita a Gela della presidente della Camera Laura Boldrini. Pochissimi, infine, i giovani presenti. Timidamente ha preso la parola, al termine della lunga assemblea, Giuseppe. Che prima ha raccontato di non vedere un futuro roseo – «Guardo mio padre che è disoccupato e temo di non poter proseguire con l’università. E nella mia situazione ci sono tanti altri giovani – e poi ha presentato una proposta concreta, relativa alla raccolta di oli esausti. I lavoratori dell’indotto, a loro volta, hanno guardato delusi all’assenza dei giovani nelle mobilitazioni e nel periodo attuale di stasi.
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