Sui proventi dello spaccio di droga bisogna pagare le tasse. È stata la Guardia di finanza di Gela a bussare alla porta di due degli arrestati nell’operazione Samarcanda, del giugno del 2016, e a chiedere di regolarizzarsi col fisco, viste le ricchezze accumulate grazie alla vendita di stupefacente.
A dover pagare le tasse sono Emanuele Brancato, considerato il capo dell’organizzazione sgominata un anno e mezzo fa, e uno dei suoi fidati collaboratori. Secondo quanto ricostruito dalle Fiamme Gialle, nel corso del 2015, i due soggetti, che hanno dichiarato redditi pari a zero, avrebbero invece accumulato introiti per oltre 50mila euro, conducendo un tenore di vita assolutamente incongruente rispetto a quanto messo nero su bianco a fini fiscali.
«La Guardia di Finanza – sottolineano da Gela – in forza delle specifiche competenze attribuitele, procede quindi in questa fase alla quantificazione e tassazione dei proventi illeciti, proprio per assoggettare l’attività, ancorché illecita, al prelievo fiscale. È la Costituzione stessa che lo prevede, quando con l’articolo 53 sancisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”».
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