Funerali mamma Agostino, folla e applausi in Cattedrale Don Ciotti: «Ora diventiamo noi quei cercatori di verità»

«Mio figlio era crivellato di colpi a terra, mia nuora con un solo colpo al cuore è stata uccisa e lei prima di morire a carponi si è avvicinata al suo Nino per morire accanto a lui. Prima di morire me lo devono dire, perché se non me lo dicono me lo devono scrivere sulla mia tomba: “Qui giace la mamma dell’agente Agostino Antonino, una donna che attende giustizia anche oltre la morte“». Ripensare oggi a quelle parole di Augusta Schiera, dopo averla salutata per l’ultima volta in Cattedrale questa mattina, fa venire i brividi. Lo ha ripetuto tante volte, questa mamma orfana di un figlio ucciso davanti ai suoi occhi, in quello che doveva essere un giorno di festa. Quel 5 agosto 1989 infatti tutta la famiglia era riunita nella casa di Villagrazia di Carini per festeggiare il compleanno della sorella di Nino. 

Oggi centinaia di persone hanno sentito di raggiungerla per salutarla un’ultima volta. Una folla commossa e silenziosa, davanti a quella piccola bara ricolma di fiori, con una foto di Augusta riposta sopra e quella bandiera gialla di Libera che spicca ai suoi piedi. E il suo fondatore, don Luigi Ciotti, è stato tra i primi ad arrivare e a consegnare un ricordo, un pensiero per Augusta. «Lei era una grande cercatrice di verità e giustizia, è stata una lottatrice con Vincenzo e ci consegna adesso il testimone per essere noi ora i lottatori per la ricerca della verità – il suo commento -. Li abbiamo sempre visti insieme, Vincenzo con la mano sulla spalla di Augusta, e li abbiamo incontrati ovunque dove c’era bisogno di testimoniare, ricordandoci che quel 5 di agosto la morte di suo figlio e della moglie e quei proiettili che hanno ucciso queste persone care o li sentiamo come se avessero colpito anche noi, altrimenti è solo retorica della memoria. Hanno ucciso anche un pezzo di noi».

«L’80 per cento dei familiari delle vittime innocenti di mafia in Italia non la conosce la verità – ha proseguito – e oggi pregare Augusta vuol dire sentirci lottatori di verità e giustizia. Anche oggi è importante dirci con chiarezza che noi salutiamo Augusta ma non dobbiamo cercarla in una tomba, ma nelle parole e nei gesti delle persone che ha incontrato e amato. Continuiamo a impegnarci affinché la sua testimonianza e il suo dolore graffino le nostre coscienze». In prima fila, accanto al marito di Augusta, c’è il sindaco Leoluca Orlando, che ha ricordato come «impegno e amore per la verità e la giustizia hanno caratterizzato la vita di questa donna e madre che, assieme con il marito al quale mi lega antica amicizia, chiedeva verità e giustizia. È l’immagine alta della società civile che chiede allo Stato di fare fino in fondo la propria parte – ha detto -. È un momento nel quale le istituzioni vengono e veniamo tutti messi in mora rispetto al diritto di una madre, di un padre, e direi di una città, di avere verità e giustizia». 

Insieme alle figlie Flora e Nunzia e ai nipoti, tra le prime file ci sono anche la prefetta Antonella De Miro, il questore Renato Cortese, il procuratore Roberto Scarpinato, il fondatore del Centro siciliano di documentazione Impastato Umberto Santino e numerosi rappresentanti delle forze dell’ordine. «Augusta è stata maestra nel chiamare per nome ogni cosa – ha detto padre Maurizio Francoforte, celebrando l’omelia in Cattedrale -. Lei sapeva riconoscere in ognuno di noi quella realtà che ci rende migliori, ancora capaci di guardare all’altro nella verità più profonda. Questo è per noi Augusta, profeta dei nostri tempi, donna vera, che possiamo ritrovare nelle pagine della sacre scritture. Una donna che è stata parola concreta di quel Signore che oggi le darà ogni cosa – ha concluso -, quella verità e quella giustizia che ha sempre ricercato e che oggi finalmente ottiene». Alla cerimonia presente anche l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice che, insieme a don Ciotti, ha abbracciato a lungo Vincenzo Agostino, alla fine della messa. Quest’ultimo gli ha poi consegnato fra le mani una rosa. Un lungo applauso, anche all’esterno della Cattedrale, ha accompagnato l’uscita del feretro, avvolto nel tricolore e nella bandiera di Libera.

«Non sono sola, ho tanti amici, tante belle persone che mi vogliono bene e che mi rispettano. Non avevo nessuno, ora invece ho tutta l’Italia che mi vuole bene e che aspetta giustizia con me. Mi auguro di averla, questa mamma chiede giustizia», diceva sempre mamma Augusta, con quella sua espressione irrisolta sul volto, sempre la stessa, sempre tristissima. «Mi hanno levato la dignità di vivere, la stessa con cui cammino a testa alta per tutta Italia per chiedere giustizia – ripeteva a chi si fermava a parlare con lei -. Dio è grande, ha fatto in modo che io avessi anche delle gioie nella mia vita. Una delle mie figlie ha promesso che avrebbe chiamato i suoi figli Nino e Ida, è così è stato. Prima è nata una bella femminuccia, che vive nel culto dello zio e quando mi vede triste mi dice “nonnina, io sarò tua testimone. Non temere che muori senza giustizia, io la chiederò per te, ci metterò la faccia”. Un’altra figlia ha avuto altre due femminucce e le pareti della mia casa si sono dipinte di rosa al dolce parlare di bambini. Ma il massimo della gioia è stato quando è arrivato anche il maschietto, Dio ha premiato la nostra sofferenza, questo bambino doveva nascere il 15 settembre ma è nato il 5 agosto…dalla morte alla vita, un bimbo che doveva nascere un mese e mezzo dopo ha scelto di nascere proprio quel giorno. Una giornata di morte si è trasformata in una giornata di vita, Nino è proprio un dono di Dio».

Antonio Mercurio

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