Formazione/ Il grande inghippo delle integrazioni. La condanna di Centorrino e Campo. Analisi (critica) di una sentenza

LA CORTE DEI CONTI HA CONDANNATO L’EX ASSESSORE REGIONALE E L’EX DIRIGENTE GENERALE DEL SETTORE. IL NOSTRO GIORNALE, NEL PASSATO, NON HA RISPARMIATO CRITICHE ALL’EX ASSESSORE. MA QUESTA VOLTA ABBIAMO LA SENSAZIONE CHE STIA PAGANDO PER COLPE NON COMMESSE. UNA STORIA TUTT’ALTRO CHE CHIUSA

Prosegue l’approfondimento del nostro giornale sul contenzioso legato all’integrazione al finanziamento che vede contrapposti gli enti storici, almeno quelli colpiti dal provvedimento di restituzione, al Governo regionale. Vicenda per la quale la Corte dei Conti ha condannato definitivamente l’ex assessore regionale al ramo, Mario Centorrino, il dirigente generale dell’epoca, Gesualdo Campo, e vari dirigenti della Regione alla restituzione di circa un milione e settecentomila euro, come confermato dalla sentenza di secondo grado n.259/A/2013 dalla Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione siciliana dello scorso 19 settembre.

Il nostro giornale si è interessato da subito della vicenda che ha assunto aspetti socio economici rilevanti. Sin dall’inizio abbiamo cercato di contribuire alla ricostruzione della verità dei fatti, spingendoci fino ad affermare che, stante al quadro giuridico in vigore ed alla giurisprudenza consolidata in materia, l’integrazione riconosciuta agli Enti formativi nel corso degli anni era dovuta.

Proseguiamo su questa strada richiamando altri elementi a supporto della tesi che vedrebbe la legittimazione al riconoscimento dell’extra budget, ovviamente se finalizzato alla copertura delle maggiori voci di costo contrattuale, non preventivabili in sede di approvazione del Piano regionale dell’offerta formativa (Prof).

Cominciamo col dire che la posizione assunta in primo grado dal giudice contabile, determinando la condanna per danno erariale dell’assessore regionale dell’epoca Mario Centorrino, del dirigente generale pro tempore, Gesualdo Campo e di altri dirigenti di servizio, appare, ad avviso di chi scrive, non condivisibile.

Secondo quanto riportato nella sentenza di primo grado n.2947/2012 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana, il principio affermato dai giudizi contabili è che la consistenza del finanziamento determinato dal Prof costituisca una soglia non superabile per l’amministrazione regionale, alla quale sarebbe preclusa ogni possibilità di corrispondere integrazioni al finanziamento successive all’approvazione del Piano, secondo la lettura data alla circolare regionale 11 giugno 2004, n.6 ed all’articolo 39 della legge regionale 23 dicembre 2002, n.23.

Da una diversa rivisitazione della citata circolare del 2004 emergerebbe un preciso limite, quello secondo cui la consistenza del finanziamento determinata dal Prof costituisca una soglia non superabile per l’ente formativo e non già per l’amministrazione regionale.

E poi, dall’attenta lettura dell’articolo 39 della citata legge n.23/2002 emergerebbe una diversa volontà del legislatore siciliano. La norma imporrebbe agli enti formativi di accendere un apposito conto da utilizzare esclusivamente per le spese del personale dipendente per ogni singolo progetto formativo, al fine di impedire che le somme accreditate dalla Regione per il pagamento delle retribuzioni del personale e degli oneri connessi potessero venire confuse e destinate ad altri scopi, come in passato, del resto, accaduto. Cosa diversa da quanto sostenuto in sede processuale circa un divieto implicito o esplicito introdotto con l’articolo 39 della legge n.23/2002 per l’amministrazione regionale di integrare il finanziamento originariamente concesso ai singoli enti gestori.

Alla base di tale ragionamento è essenziale chiarire, per quanto possibile, il rapporto che si é configurato tra Regione siciliana e enti gestori nel settore della Formazione professionale durante gli anni in cui si è operato con il Prof. Si tratta di un rapporto che non è configurabile come un qualsiasi appalto di pubblico servizio, svolto, cioè, da un privato in forza di un contratto oneroso nell’esercizio di un’attività imprenditoriale onde far valere i comuni principi in tema di concorrenza e di tendenziale immodificabilità del finanziamento. In tal caso non ci si troverebbe in presenza di un corrispettivo della prestazione del servizio erogato.

Il rapporto che si sarebbe creato, invece, tra la Regione siciliana e gli enti gestori costituirebbe una forma di avvalimento, in base al quale la Regione rimarrebbe pur sempre il soggetto tenuto alla erogazione del finanziamento, e quindi, garante dei pagamenti dovuti dagli enti gestori dei corsi al personale in esso impiegato, come confermato dalla sentenza n.10960 del 17 ottobre 1991 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione o come precisato dalla sentenza n.1020 del 2 febbraio 1998 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione. Tanto più che la giurisprudenza consolidata in materia da oltre venti anni (Cassazione, Sezioni unite, 30 marzo 1990, n.2611) afferma, senza contrasti, che tra ente regionale ed ente gestore del corso di addestramento professionale si configura certamente un rapporto di servizio. Obbligo giuridico di integrare il finanziamento concesso in capo alla Regione siciliana che emergerebbe non solo nel caso si mancata erogazione di una porzione del finanziamento originariamente accordato, ma anche quando non abbia concesso parte del finanziamento per il maggiore costo rinvenibile dagli adeguamenti contrattuali previsti dalla contrattazione collettiva.

Il quadro normativo di riferimento che confermebbe la sussistenza dell’obbligo in capo alla Regione siciliana come garante sembrerebbe chiaro. Si tratta della legge regionale n.24 del 6 marzo 1976, dell’articolo 16, comma 4 della legge regionale n.27 del 1991 (che richiama la legge regionale n.12 del 1987), dell’articolo 2, comma 1 della legge regionale n.25 del 1993, dell’articolo 39, comma 3 della legge regionale n.23 del 2002.

Ad ulteriore chiarimento della tesi sin qui illustrata giova precisare che dal quadro normativo esposto e dalla giurisprudenza consolidata in materia, si potrebbe desumere che la Regione siciliana avrebbe, lo ripetiamo, un vero e proprio obbligo giuridico di integrare il finanziamento concesso. E questo obbligo emergerebbe, non perché vi sia stata una variazione non concordata del progetto formativo originario da parte dell’ente gestore o sia stata fatta una spesa non ammissibile in quanto non riconducibile all’attività formativa autorizzata, bensì perché si sarebbe verificata una inevitabile lievitazione della spesa strutturalmente autorizzata in conseguenza del mutamento dell’assetto normativo o contrattuale vigente al momento dell’affidamento del servizio. E questo sarebbe accaduto a seguito della mancata previsione degli aumenti retributivi introdotti dall’entrata in vigore, a cadenza triennale, dei contratti collettivi di lavoro della categoria, oltre che di alcuni oneri accessori della retribuzione e fiscali previsti dalle norme di legge già in vigore.

È possibile affermare, quindi, che, attraverso l’integrazione dei finanziamenti, la Regione siciliana non avrebbe fatto altro che adeguare la spesa ai costi effettivi, senza modificare in alcun modo la struttura organizzativa e gestionale dei progetti formativi approvati, di anno in anno e previo parere della Commissione regionale per l’impiego (Cri), in sede di Prof.

Ripercorriamo l’approfondimento normativo.

E lo facciamo partendo proprio dall’esame della legge regionale 6 marzo 1976, n.24. L’articolo prevede che l’assessore regionale al ramo attua i corsi e le altre iniziative formative avvalendosi, tra gli altri, degli enti giuridicamente riconosciuti o di fatto e delle loro relative forme associative, che abbiano per fine, senza scopo di lucro, la formazione professionale. All’articolo 6 è previsto che il piano sia predisposto dall’assessorato, sentito il parere obbligatorio della commissione regionale per l’Impiego (Cri), anche sulla scorta delle proposte avanzate dagli enti strumentali e senza finalità di lucro. Inoltre, precisa anche che “ qualora dovessero determinarsi condizioni favorevoli, successivamente all’approvazione del piano, l’assessore regionale è autorizzato, sentito il parere obbligatorio della Cri, ad apportare modifiche ed integrazioni allo stesso”.

L’articolo 9 della citata legge prevede che “il contributo regionale potrà coprire le spese riguardanti gli oneri relativi all’assicurazione contro gli infortuni per gli allievi e per il personale addetto ai corsi, nonché alla retribuzione e agli oneri sociali di legge e contrattuali per il personale degli enti. Alla lettera i) dello stesso articolo è prevista anche la copertura delle spese relative “alla retribuzione e ai relativi oneri sociali per gli operatori docenti e non docenti degli enti di formazione, nel periodo che intercorre tra la chiusura di un anno formativo e l’inizio del successivo e per un massimo di due mesi ogni anno o frazione di anno non inferiore a sette mesi di servizio. In detto periodo il personale sarà impiegato, a cura degli enti o della Regione, in attività didattiche, formative, di aggiornamento o di riqualificazione, nonché al reclutamento degli allievi e alla preparazione di attività corsuali”.

L’articolo 13 dispone che il trattamento economico e normativo del personale dei centro formativi è disciplinato nel rispetto delle norme stabilite dai contratti collettivi di lavoro. La legge nazionale n.845 del 21 dicembre 1978 oltre a stabilire il principio dell’elevazione professionale dei lavoratori (articoli 3, 4, 35 e 38 della Costituzione) e il rinvio allo Statuto delle regioni per la potestà legislativa, prevede che nell’attuazione dei piani di formazione le Regioni possono convenzionarsi con enti privati in possesso di precisi requisiti.

In particolare, l’articolo 9 stabilisce che il trattamento economico e normativo del personale addetto alla formazione professionale è adottato sulla base di un accordo sindacale nazionale stipulato tra le regioni, il Governo e le organizzazioni sindacali. La legge regionale n.36 del 21 settembre 1990, in tema di erogazione dei contributi per la formazione professionale, stabilisce che le somme versate su due appositi conti, saranno destinate al pagamento delle competenze da corrispondere al personale impegnato in attività formative, compresi gli oneri riflessi. La legge regionale n.25 del 1 settembre 1993, all’articolo 2 introduce il principio della garanzia in favore dei lavoratori del settore.

Riportiamo il testo: “al personale iscritto all’albo previsto dall’articolo 14 della legge regionale n.24/76, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato è garantita la continuità lavorativa e riconosciuto il trattamento economico e normativo previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria”. Così come l’articolo 17 della legge regionale n.24 del 26 novembre 2000 stabilisce che il personale dei servizi formativi può essere utilizzato, nell’ambito delle attività finanziate con piano annuale, in attività di aggiornamento, riqualificazione e di politica attiva del lavoro. Ed ancora, la legge regionale n.23 del 23 dicembre 2002 stabilisce che i pagamenti, relativi alle spese del personale, da parte dell’amministrazione regionale dovranno essere accreditate nella misura necessaria alla copertura integrale del costo totale del voce personale.

Mentre la legge regionale n.4 del 16 aprile 2003 istituisce il Fondo di garanzia per il personale dipendente degli enti formativi iscritti all’albo di cui all’articolo 14 della legge regionale n.24/76. Con la legge regionale n.21 dell’8 novembre 2007 introduce il principio contabile che gli stanziamenti di bilancio finalizzati alla legge regionale 24/76, nel caso di economie di cui alla legge regionale 8 luglio 1977, n.47, possono essere destinati a interventi previsti dalla stessa legge 24. Anche la recente legge 10 del 7 giugno 2011 richiama chiaramente l’impianto normativo precedentemente indicato.

 

 

Giuseppe Messina

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