MORDI E FUGGI/ Il diritto di asilo

ALLE RADICI DI UN ISTITUTO NATO COME RELIGIOSO E ORMAI SECOLARIZZATO

di Lorenzo Ambrosetti

I continui flussi migratori che dai Paesi dell’Africa si spostano sulle coste del Mediterraneo ha fatto porre in evidenza, ai commentatori internazionali, il problema dell’accoglienza dei profughi ed il riconoscimento del diritto di asilo.

Il diritto di asilo ha origini molto antiche, anche se nasce storicamente, come istituto fondamentalmente religioso, collegato al principio dell’inviolabilità dei luoghi sacri.

Nel diciannovesimo secolo l’istituto si secolarizza e diventa oggetto di norme giuridiche di diritto internazionale aventi la funzione di tutela dei perseguitati politici.

Il termine asilo, dunque, indica la protezione che uno Stato accorda ad un dato individuo che cerchi rifugio nel suo territorio o in un luogo fuori dal suo territorio.

Il diritto di asilo va quindi inteso come il diritto di uno Stato di accordare protezione ad un individuo che espressamente gliela chiede.

Si tratta di un diritto facente capo ad uno Stato sovrano in virtù della propria sovranità e quindi non al singolo individuo.

Dopo la seconda guerra mondiale si è sviluppata una azione volta all’affermazione del diritto di asilo come diritto fondamentale della persona umana.

L’art. 14 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo stabilisce infatti che “ogni individuo ha il diritto di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.

Tale affermazione è ribadita dalla dichiarazione sull’asilo territoriale adottata dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1967 dove è espressamente detto che le persone aventi diritto ad asilo non potranno essere respinte né, una volta entrate, potranno essere espulse, verso Stati dove esse rischiano di essere vittima di persecuzione politica.

Il quadro internazionale sul diritto di asilo è quindi quanto mai chiaro, nei suoi lineamenti essenziali.

Quello che a questo punto ci si chiede è come mai l’Unione europea non ha una politica comune per quanto concerne il riconoscimento del diritto di asilo ai profughi che, fuggendo da guerre e devastazioni, sbarcano ogni giorno sulle nostre coste.

Il problema fondamentale è quello di riconoscere ai migranti il diritto a vivere il modo pieno la loro vita nel paese in cui si sono rifugiati.

Qui il problema non è quello di adottare normative nazional che, come quella italiana, ad esempio, si presenta come cavillosa e piena di pastoie burocratiche.

Quello che servirebbe, invece, è una regolamentazione a livello comunitario, che dia ai profughi, ma non solo a loro, la possibilità di vivere degnamente nel Paese che essi, spesso per pura disperazione, hanno scelto per loro.

Ci si scontra, indubbiamente, con una mentalità sicuramente razzista, non considerando che queste persone che sbarcano sulle nostre coste sono alla ricerca di una vita migliore e di un futuro che nel loro paese è ad essi precluso.

Ma, si sa, l’Europa si può considerare sempre di più come una utopia, non avendo essa politiche comuni su moltissimi temi di politica internazionale.

 

 

 

Redazione

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