Fondo salva Stati? Il Prof Costa: “Una fregatura, si torni alla moneta pubblica”

Cosa è il Fondo salva Stati? Non c’è. Non esiste. “In realtà si può parlare solo di un Fondo salva banche. E chi salva le banche? I salvataggi vengono realizzati a spese della collettività”. Le dichiarazioni di Lidia Undiemi, economista palermitana, riportate in un nostro recente articolo (che potete leggere qui) hanno suscitato un vivace dibattito. Interviene anche il professor Massimo Costa: 

“Concordo con la studiosa.
E aggiungo un’altra riflessione a questa strettamente connessa. Nessuno affronta il tema dello stato giuridico dell’emissione monetaria in occidente, e in particolare nell’eurozona. L’argomento, da noi tabù, è invece ampiamente dibattuto in altri paesi, come il Regno Unito e non solo.
La “paura” del fallimento delle banche è chiaramente il grimaldello attraverso il quale si impongono trattati capestri come questo, ovvero il salvataggio delle banche mediante la confisca dei depositi dei correntisti. Se noi pensiamo che il sistema sia questo e basta, perché è scritto nelle tavole della Legge, allora non si scappa. Non c’è alternativa. Queste sono le sole strade percorribili.
Di fatto sia questo trattato sia la confisca dei conti correnti salda i debiti delle banche al prezzo di un concretissimo trasferimento di ricchezza dal mondo reale (imprese, lavoratori, pubbliche amministrazioni) a quello finanziario. Non ci vuol grande acume per capire che il fine ultimo di queste operazioni sia essenzialmente questo: tutta la ricchezza privata e pubblica nel pozzo senza fondo delle banche, e, poiché gli esseri umani formalmente non possono essere ridotti in schiavitù e venduti nel “pozzo”, allora che si riducano almeno tutte le tutele sociali, del lavoro, etc. (le sempre invocate e supposte “riforme strutturali” che ci chiede l’Europa per “ripartire”, ovvero, con facile gioco di parole, le “riforme supposta” da rifilare all’ignaro suddito europeo).
A questo si deve aggiungere che questo sequestro di ricchezza è anche un sequestro di tipo monetario. In altre parole, per alimentare, tramite la pressione fiscale, il capitale del “fondo salva stati” bisogna fare sparire dalla circolazione altrettanti miliardi. Idem per il bail in alla cipriota attraverso i conti correnti. L’effetto è identico: spariscono decine e centinaia di miliardi dal mercato monetario interno senza essere sostituiti in alcun modo. L’effetto certo è la deflazione, e con essa la contrazione di scambi, consumi, redditi, etc. etc. Per dirla con il compianto (non da me) Padoa Schioppa, la “gente riscopre il duro senso della vita”.
Ma è possibile un sistema diverso, più stabile, in cui non ci sia questo spauracchio del fallimento delle banche, e, con queste, dei nostri soldi che lì sono depositati e con i quali svolgiamo ormai ogni transazione?
Certo che sì, ma si deve essere concettualmente coraggiosi, non indietreggiare di fronte agli interessi del mondo finanziario.
I rimedi ci sono e sono semplici. Per capirlo bisogna capire perché in Europa le banche rischiano di fallire. Se ormai è quasi impossibile utilizzare il contante che pericolo c’è che i clienti corrano in massa a chiedere i loro soldi (ricordate il celebre episodio di Mary Poppins)? In pratica nessuno, anzi le limitazioni all’uso del contante hanno, fra gli altri obiettivi, quello di renderlo inutile minimizzando così il rischio di corsa agli sportelli. Ma alcune banche corrono il rischio che tutti ritirino il denaro bancario presso di loro per depositarlo altrove. Il punto, che molti non sanno, è che le banche usano tra di loro una moneta, simile al contante, che noi comuni mortali non possiamo usare: i conti correnti presso la banca centrale, dette “riserve”. Questa non è illimitata. Se io sposto il mio conto corrente da una banca italiana a una tedesca, la mia banca non può aprire alla banca tedesca un c/c come farebbe con me e con qualunque altro mortale. Se così potesse sarebbe “infallibile”, perché potrebbe creare moneta all’infinito. E invece no! Deve pagare in riserve, e quelle non sono infinite, a un certo punto finiscono e la banca fallisce.
Quindi se non c’è fiducia in un sistema bancario, magari perché questo ha nella sua pancia una serie di attività finanziarie di pura speculazione che in realtà non valgono un fico secco, c’è il rischio che prima o poi i clienti scappino e il patrimonio si azzeri. Da qui il rischio.
Quali le soluzioni? Ce ne sono alcune “piccole” una “grande”, che taglia per sempre la testa al toro.

Quelle piccole sono:
1. separare nettamente le banche commerciali dalle banche d’investimento;
2. eliminare le restrizioni all’uso del contante.
Vediamo la prima:
La banca “commerciale” investe i depositi in economia “reale”: prestiti alle imprese, alle famiglie, non investe in borsa, se non per piccole quote e in investimenti sicuri. La banca commerciale è un intermediario tra chi ha fondi in eccedenza e chi ne ha bisogno. Intermediando capitali difficilmente fallirà. La banca d’investimenti, o d’affari, cerca di massimizzare il valore teorico dei propri investimenti sempre e comunque. Se è necessario creando e collocando strumenti finanziari che qualcuno è disposto a comprare. E’ un po’ come le catene di Sant’Antonio. Si crea un valore finanziario fittizio, di diversi ordini superiore a quello reale, senza sottostante. Non è un male in sé: chi investe rischia. Ma se una banca di questo tipo (comprese le cosiddette banche ombra) fallisce, questa fa fallire solo gli investitori.
In un sistema tradizionale (XX secolo) le banche d’affari non hanno conti correnti. Se falliscono falliscono solo loro e chi ha prestato loro denaro. Nel sistema attuale tutto è confuso con tutto. Raccolgono risparmio nei conti correnti, ma poi lo investono in titoli e strumenti vari. Il risultato è che quando falliscono falliscono tutti.
E quindi, PRIMA COSA, separare nettamente gli intermediari di tipo commerciale o “retail” da quelli speculativi, e affidare la gestione della moneta SOLO AI PRIMI. Già si risolve qualcosa.
2. Eliminare le restrizioni all’uso del contante. Il contante è denaro emesso dalla banca centrale ed è irredimibile. Quando la gente usa il contante il sistema è intrinsecamente stabile. Nessuno può correre alla banca centrale a chiedere qualcosa in cambio. Ovviamente non si può estendere il contante a tutto. Sarebbe antistorico. Ma, ad esempio, rimettendo un limite alto (5000, 10000 euro) ed eliminando gli obblighi di POS, tracciabilità, etc. il sistema si stabilizzerebbe e tornerebbe, almeno in parte, a gestire moneta pubblica (o “semipubblica”, visto che le banche centrali del tutto pubbliche non mi sembrano).
Ma la soluzione definitiva non è tornare al passato, bensì guardare al futuro.
La soluzione definitiva al problema della stabilità delle banche è la più elementare:
MANTENERE LA PREVALENZA ELETTRONICA DELLA MONETA UTILIZZATA MA ATTRIBUIRNE DI NUOVO L’EMISSIONE ALLO STATO!
Questa è la vera Rivoluzione: rendere di nuovo pubblica la moneta!
Senza essercene accorti abbiamo appaltato l’emissione di moneta alle banche private. Questo è all’origine del Male! Da qui deriva la continua creazione di debito, nei momenti in cui si crea moneta, e la continua deflazione nei momenti in cui si cerca di pagare il debito infinito.
La moneta “privata” non è solo ingiusta. Essa è intrinsecamente instabile. Con la moneta pubblica le banche cessano di essere istituti di emissione e tornano alla loro funzione di raccolta ed erogazione del risparmio, nonché alle funzioni di gestione della tesoreria dei clienti. Cioè alle funzioni che sono loro proprie, e non a quelle sovrane.
Ma questa cosa va spiegata meglio.
Moneta pubblica dunque!
Non importa se ad emetterla sia l’Onu, l’Unione Europea, lo Stato, una Regione o addirittura un ente locale. L’importante è che essa sia emessa da chi poi possa accettarla per pagamento dei tributi e che sia irredimibile e a tempo indeterminato, esattamente come lo sono oggi le monetine metalliche e le banconote cartacee.
L’unica differenza sarebbe che questa moneta sarebbe elettronica, magari anche al portatore, ma per il resto dovrebbe funzionare nello stesso identico modo.
Basta portare la riserva frazionaria al 100 % e questo costringerebbe le banche a depositare presso la banca centrale il 100 % dei loro depositi in conto corrente, che a quel punto diverrebbero infallibili. Da questo momento in poi le banche non potrebbero più pompare nuova liquidità nel sistema “creandola dal nulla” come fanno oggi, ma potrebbero prestare soltanto i capitali effettivamente raccolti dalla loro clientela e sottratti, temporaneamente, all disponibilità di questi.
Si creerebbe deflazione? No! Perché la banca centrale, come agenzia dello stato, immetterebbe di volta in volta nel sistema la liquidità necessaria a rendere lo stesso stabile. Non ci sarebbe più alcuna “bolla” speculativa. I prezzi andrebbero al loro livello di equilibrio (quello di piena occupazione dei fattori) e lì resterebbero stabili o fluttuerebbero solo per motivi “reali” (shock e controshock dell’offerta o cose simili). Si creerebbe inflazione? No! Perché la banca centrale è vero che accrediterebbe direttamente allo Stato (o ad altro ente pubblico, regione, etc.) la moneta emessa, ma manterrebbe la propria indipendenza, non attribuendo alla classe politica direttamente la leva monetaria.
E’ la MMT di Barnard e Mosler? Non proprio, perché la MMT non ha sciolto la riserva del perché questa moneta, sia pure solo formalmente, debba essere un “debito” per lo Stato e un “credito” per la banca centrale. Lo so che è “quasi” lo stesso, ma quel quasi non è rassicurante. La moneta deve essere un’attività per lo Stato e BASTA! Senza passare neanche per scherzo dallo stato di debito.
Solo se la moneta immessa in circolazione fosse ancora insufficiente lo Stato avrebbe interesse a indebitarsi e i risparmiatori imparerebbero a investire il loro denaro in attività produttive anziché in speculazioni contro il debito pubblico.
Lo Stato immette nel sistema, nei limiti sostenibili decisi dalla banca centrale, tutta la moneta che serve: fine dell’austerity, fine del rischio di collasso delle banche, evaporazione del debito pubblico, fine della disoccupazione, ma soprattutto fine della bancocrazia.
Può fare questo l’Europa? In teoria sì, ma in pratica no. Checché dicano gli spot farlocchi che ci sorbiamo ogni sera, la realtà è che l’Europa è stata progettata proprio per questo, per fregarci, se si mette a servizio dei popoli a che serve?
Invece ci teniamo il problema principale, ma se non lo affrontiamo non ne usciremo mai.
Vi lascio con un esercizio di banale aritmetica.
Se la moneta che gira in un sistema è pari a 100, se questo 100 è emesso tutto dalle banche che lo hanno prestato al sistema all’interesse del 5 % annuo, senza alcuna moneta pubblica, che succederà?
Nel 1° anno va tutto bene. Girano 100 euro e tutti sono felici, ma il sistema ha già un debito di 100.
Il 2° anno dobbiamo restituire, poniamo 5 di interesse e 5 di capitale, ma il sistema ha sempre bisogno di 100 per vivere. E quindi le banche emettono altri 15 oltre ai 95 di crediti in circolazione. Avete capito? Il debito monta sempre. A un certo punto bisognerà “rientrare”, perché siamo vissuti “al di sopra delle nostre possibilità”. Che succederà che la moneta si contrarrà sotto 100, e ci sarà deflazione etc.
Insomma, non funziona.
Fate ora lo stesso esercizio immaginando che i primi 100 siano stati emessi dallo Stato, e ditemi quand’è che il sistema crolla. La risposta è: MAI!
Quando trovate una forza politica capace di aggredire questo problema, fatemelo sapere.

 

Massimo Costa

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