Favorita, dentro il campo nomadi con i Rangers Tra topi e musica, c’è anche il bar Cosa nostra

Baracche di legno o in muratura. Sono le case di circa 22 famiglie che da decenni vivono nel campo nomadi di Palermo. Cani randagi, galline e tanti bambini che, invece di andare a scuola, giocano tra i cumuli di rifiuti e i cavi della corrente elettrica a vista che tagliano tutta l’area ai bordi di viale del Fante, nella «zona B» della riserva naturale orientata di Monte Pellegrino. Appena entriamo, accompagnati da due operatori di sorveglianza dei Rangers d’Italia, Giovanni Provinzano e Santo Aruta, subito dalle case spuntano i volti degli abitanti, ex nomadi, ormai stanziali, che appartengono almeno a due etnie differenti: kosovari e serbi. Vivono in pace ma in zone separate da consuetudini vecchie e ormai consolidate. Molti di loro ormai si ritengono palermitani, come Ferdi: «Tutta la mia famiglia vive qui da decenni, io ho vent’anni e sono nato e cresciuto qui», racconta. Il ranger accanto a me allora chiede: «I tuoi figli non faranno il tuo stesso percorso, vero?». No, risponde il giovane, anche se incredulo, «spero di no». 

Le case appaiono tanto fatiscenti all’esterno quanto accoglienti all’interno. Tappeti coprono il pavimento e le pareti. Solo pochi piatti nel lavabo. C’è perfino il bagno con tanto di vasca. Sembra di essere in un altro Paese, in un altro periodo storico. Qualcuno accende la radio e in tutto il campo ora si sente musica gitana. C’è perfino un bar, il Cosa Nostra, di un certo Bino. Tra le abitazioni, adornate alla loro maniera, spiccano i silos del Comune per garantire loro l’acqua. «Prima dovevano andare a prenderla direttamente dai contenitori, ora il Comune riempie le cisterne passando con le autobotti», dice uno dei ranger.  «Se ci dessero la possibilità vorremmo vivere da un’altra parte, perché no?», dice Fatima, che aggiunge: «Qua ci sono zecche, topi e serpenti e poi non puliscono a sufficienza». Spesso però le zone dove si accumulano i rifiuti non sono facili da raggiungere per gli uomini della Rap che comunque periodicamente puliscono la zona. Giovedì scorso, dopo un sopralluogo, l’assessore comunale al Verde Sergio Marino ha sollecitato un ulteriore intervento e alcuni cumuli di rifiuti sono stati eliminati. Anche qualche baracca disabitata è venuta giù, ma non è facile tenere il conto delle abitazioni presenti. «Bisognerebbe censire il numero esatto delle case – dice Provinzano – e impedire che ne sorgano altre. Il problema così si protrae senza soluzione». «Se ci dessero un contributo, potremmo almeno far tenere il posto pulito dai nostri figli», propone Fatima che racconta come questa sia una pratica diffusa in altre zone d’Italia.

Il campo esiste da molti anni ormai e i ranger ai quali è stata affidata la Riserva dagli anni Novanta monitorano questi luoghi cercando un dialogo con le famiglie che vi abitano. Di soluzioni se ne sono cercate tante, molti di loro sono iscritti anche alla graduatoria per ottenere un alloggio popolare, ma la lista d’attesa è lunga e ci sono altre famiglie che li precedono e che da troppo tempo ormai aspettano di avere un posto in cui abitare. I ranger hanno proposto anche l’istituzione di un tavolo permanente al quale partecipino i tecnici dei diversi uffici comunali competenti. 

Qualcosa al Comune sembra muoversi. L’amministrazione, fa sapere l’assessore Marino, sta riprendendo le fila di un percorso che punta alla riqualificazione dell’area in cui sorge il campo dopo la ricollocazione delle famiglie che abitano lì attraverso «soluzioni stabili». «Conoscevo già il posto da quando ero presidente di Rap – afferma Marino –  per una bonifica seria però occorre spostare le persone, in modo da restituire all’area un decoro che sia appena sufficiente. Anche se è possibile la riqualificazione della zona, non potrà essere facilmente recuperata, ormai non ha più determinate caratteristiche. Per me non ha più nulla a che fare con il Parco della Favorita, anche se ne è all’interno e resta soggetta a tutti vincoli». «Bisogna assolutamente trovare una soluzione, stiamo valutando con il sindaco la possibilità di istituire un tavolo permanente. Ma il percorso è in salita». La situazione di degrado, conclude, «va oltre ogni limite».

Stefania Brusca

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