Vita, il paesino tra cambiamento e intimidazioni «Si è rotta la pax mafiosa, ci vorrebbe l’esercito»

Prima hanno tagliato tutte le piante del vigneto del vicesindaco. Poi hanno incendiato il centro sociale comunale. Negli ultimi due mesi, infine, due macabri messaggi che sembrano legati alla festa patronale: una testa di asino lasciata davanti alla canonica del parroco e una di vitello nella casa in costruzione di Domenico Simone, appartenente al comitato dei festeggiamenti della Madonna di Tagliavia. Senza contare le frequenti visite notturne all’interno del municipio con una scia di piccoli ma fastidiosi atti vandalici

A Vita, Comune trapanese di duemila anime tra Salemi e Segesta, qualcosa si è rotto. «È venuta meno la pax mafiosa ed è iniziato un periodo di violenze, qui ci vorrebbe l’esercito e una presenza più forte dello Stato». Filippa Galifi, medico in pensione e tre mandati da consigliera comunale di opposizione, nel 2013 è stata eletta come sindaco. «Da quel momento – dice – sono iniziate le intimidazioni». Nel settembre del 2014 il suo vice Baldo Accardi ha trovato tutte le sue viti falciate. Cinque mesi dopo, un rogo di natura dolosa ha distrutto il centro sociale comunale, privando la comunità della biblioteca, di una sala multimediale e di quella conferenze. Lo scorso marzo davanti alla porta di casa del parroco, don Antonio Aguanno, qualcuno ha lasciato la testa mozzata di un asino. Pochi giorni fa, il 2 maggio, a ridosso della festa che si è tenuta lo scorso weekend, l’ultimo macabro episodio con la testa di un vitello fatta trovare in un edificio di proprietà di uno dei membri del comitato. Intimidazioni passate quasi sotto silenzio, a eccezione dell’episodio che ha visto come vittima il parroco, finito pure sul settimanale inglese Time tra i sacerdoti che in Sicilia sono presi di mira dalla mafia per la loro azione sul territorio. 

«Bugie che hanno fatto scrivere sui giornali, io sono solo un parroco di campagna», risponde a MeridioNews don Aguanno, che non vuole accennare minimamente a Cosa Nostra, quanto piuttosto a «gente stupida con cui è meglio non avere a che fare». Il sacerdote spiega la testa di asino «con la mentalità arretrata di certe persone. Sono asini loro – aggiunge – ma, se a ogni cane che abbaia tiriamo le pietre, poi le pietre finiscono. Io predico solo il Vangelo, l’ho fatto allo stesso modo per 30 anni in un’altra parrocchia, poi sono stato trasferito qui e ho trovato gente arretrata». Paura? «Ma di cosa devo avere paura? – replica – Se lei abitasse in questo paese, si aspetterebbe anche di peggio». 

Ad aiutare a capire quanto sta succedendo a Vita viene in aiuto la sindaca. «L’episodio è legato alla festa della Madonna di Tagliavia – spiega Galifi – è un rito molto antico, vecchio di 200 anni, che per troppo tempo è stato in mano a un comitato che lo ha gestito come se fosse una festa di loro proprietà. E tra questi c’è anche qualche delinquente. La mia amministrazione ha chiesto trasparenza, a cominciare dalle donazioni che ricevono. E il parroco ci sta aiutando in tal senso». Somme non di poco conto per un paesino di poco più di duemila abitanti. «Il bilancio della festa è di circa 100mila euro – continua la prima cittadina – quest’anno, alla luce dei forti contrasti, abbiamo deciso di non dare contributi, a eccezione della banda e dell’illuminazione».

La sindaca rivendica un’azione per la legalità a 360 gradi. «Stiamo tentando di cambiare – spiega – senza più spartizioni politiche o tangentistiche, così ad alcuni soggetti di scarsa levatura morale viene meno il sostegno che hanno trovato in passato. Per troppo tempo a molti miei concittadini non è interessato che si rubasse denaro pubblico, ma il fatto che io sia stata eletta significa che la sensibilità sta cambiando. Io – conclude – ho messo in conto tutti gli inconvenienti possibili, paura non ne ho».

Salvo Catalano

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