Etna patrimonio Unesco, le verità non dette Lotte politiche e un incomprensibile divieto

Ho capito bene una cosa. Tutto si può dire, meno che la verità. Ci disturba, perché la verità è come l’acqua: se si aprono le chiuse, inonda tutti e a nessuno piace rimanere bagnato o, peggio, rischiare l’annegamento.

Quanto sta succedendo in questo periodo a proposito dell’Etna candidata a sito Unesco, ha a che fare con le verità nascoste. A cominciare dalle assenze ingiustificate di sindaci, presidenti di provincia, assessori all’ambiente, fino alla ciurma dei candidati all’Assemblea Regionale Siciliana, che si rinnova con le elezioni del 28 ottobre prossimo. Alla presentazione della missione di valutazione sul campo dei tecnici dell’IUCN e del Ministero dell’Ambiente, alla sede del Parco dell’Etna – ente e uomini soprattutto che hanno voluto questo progetto – c’era uno solo di loro: il sindaco di Nicolosi con l’assessore al fianco. Il resto, silenzio. Il consiglio del Parco conta 20 Comuni, e ce n’era uno solo. Il presidente della Provincia di Catania – territorio in cui domina l’Etna a qualsiasi titolo – è anche presidente dell’unione province d’Italia. Non c’era forse perché di opposto partito politico rispetto ai vertici del Parco, promotore e padrone di casa? Berlusconi contro Lombardo?

La cinque-giorni di verifiche sul campo e sopralluoghi tecnici è stato un rally. Itinerari di spostamento precisi per evitare le centinaia di pustole infettive sparse sulla pelle di questa montagna: le contagiose microdiscariche abusive sui suoi fianchi. E quando, in preda alla comprensibile passione, s’è voluto tentare di far scendere la comitiva dalle quote sommitali alla pista altomontana forestale, immancabilmente s’è trovata copiosa munnizza abbandonata al Rifugio di Monte Scavo. E dentro, sulle pareti bianche, i soliti grafiti raffiguranti enormi parti intime maschili, in perfetto stile liceale.

Ma la Core-Zone, cioè la zona candidata alla World Heritage List dell’Unesco, è solo la Zona A di riserva integrale del Parco dell’Etna, si può obiettare. E lì, a tremila metri, lotte politiche, scaricatori di munnizza e artisti del fallo non ce ne sono, si potrebbe dire. C’è dell’altro, però. C’è un divieto di accesso a firma del Prefetto di Catania, che con proroghe infinite va avanti da troppo tempo. I motivi spiegati sono legati all’attività vulcanica non totalmente prevedibile – come se l’Etna fosse un parco divertimenti, come se sulle Dolomiti già sito Unesco ci fossero divieti di accesso per pericolo valanghe, come se nelle spiagge delle Eolie (anch’esse sito Unesco) ci fossero divieti di accesso per pericolo tsunami…

E allora io immagino positivo. Immagino un giorno d’estate 2013, quando l’Etna sarà entrata nella WHL dell’Unesco e gli amanti della natura di tutto il mondo leggeranno la notizia: il vulcano attivo più grande d’Europa, già Parco Naturale, il laboratorio geologico più monitorato al mondo, è ufficialmente patrimonio dell’umanità. Grandioso! Gli americani, i tedeschi prenderanno l’aereo e arriveranno a Catania. In salita verso l’Etna, vedranno le pustole colorate. Acquisteranno il costosissimo biglietto della funivia e quando saranno a 2900 m di quota, scenderanno dal fuoristrada, indosseranno gli zaini e… rimarranno fermi. Leggeranno due cartelli. Uno: Sito Patrimonio dell’Umanità. Due: Divieto di Accesso. Un’altra verità nascosta. Orpo! L’ho appena detta…

Sergio Mangiameli

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