C’è chi aspetta il Black friday per fare shopping con gli sconti e chi, invece, in qualsiasi giorno dell’anno, si sarebbe dato allo scipping. Un neologismo inventato da MeridioNews per descrivere le estorsioni camuffate da shopping scontato che, per decenni, avrebbero portato avanti diversi componenti della famiglia Ieni. Il padre Giacomo Maurizio – detto Iano o Nuccio u Mattuffu – considerato a capo della cosca mafiosa catanese Pillera-Puntina è morto a maggio, mentre si trovava in carcere. Il suo posto lo avrebbe lasciato ai figli Francesco e Dario che, insieme alla moglie Francesca Viglianesi e ad altre 15 persone tra cui diversi familiari, sono stati arrestati oggi nell’ambito dell’operazione antimafia Doppio petto. Tra gli affari illegali del clan, oltre a droga e armi, ci sarebbero anche le estorsioni. Non solo quelle classiche, che prevedono il pagamento di una sorta di tassa periodica da parte di commercianti e imprenditori, ma appunto anche lo scipping.
A essere presi di mira dagli Ieni sarebbero stati noti e storici negozi di abbigliamento e calzature del capoluogo etneo. Stando a quanto emerso nel corso delle indagini – con i pubblici ministeri Assunta Musella e Fabio Saponara coordinati dal sostituto procuratore Ignazio Fonzo – i titolari avrebbero applicato degli sconti tra il 30 e il 50 per cento in ogni periodo dell’anno a tutti i componenti della famiglia, capostipiti e discendenti fino all’ultima generazione. Trattamenti di favore permanenti che, in molti casi, risalirebbero anche a più di 35 anni fa. «Con la minaccia implicita di ritorsioni e situazioni di pericolo per l’attività commerciale e per l’incolumità dei gestori», come si legge nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Sebastiano Di Giacomo Barbagallo. In un noto negozio di abbigliamento che vende brand di lusso in una delle vie principali dello shopping catanese, l’intera famiglia Ieni avrebbe goduto tutto l’anno di prezzi stracciati. «Loro ci fanno il 40 direttamente, senza pipitiare (lamentarsi, ndr)». La sola proposta da parte del titolare di abbastare il tasso di sconto sarebbe bastata per fare saltare i nervi.
È il periodo natalizio del 2021 quando Francesco Ieni va in questo negozio insieme alla moglie e a una coppia di cugini per fare scipping. Violando, tra l’altro, gli obblighi di detenzione domiciliare a cui era già sottoposto. «Lei è mia moglie – dice presentandola al proprietario – Inquadrala bene!», così che la donna potesse poi tornare anche senza di lui ed essere riconosciuta per il trattamento speciale. Non solo alla consorte, ma anche agli altri parenti. A cui l’imprenditore propone di applicare lo sconto di solo il 30 per cento, provocando la risoluta risposta di Ieni: «Faccia qualcosa in più». Quando è stato sentito dagli inquirenti, il titolare ha raccontato che fin dai primi anni Ottanta avrebbe applicato uno sconto del 30 per cento in qualsiasi periodo dell’anno alla famiglia Ieni. «Voglio precisare che non avevo possibilità di stabilire condizioni diverse da quelle che mi venivano suggerite da questi personaggi per paura che ciò avrebbe potuto causare problemi alla mia persona e al mio negozio». Parenti e amici a cui fare sconti aumentavano però sempre di più finché, racconta sempre il commerciante, «gli dissi di non portare più nessuno perché altrimenti sarei andato in perdita».
Un rischio che agli Ieni non sarebbe importato. Al punto che basta la lamentela del nipote Giuseppe Russo (anche lui tra gli arrestati) a fare innervosire lo zio. Il 24enne non avrebbe ricevuto dalla madre del titolare di un negozio di abbigliamento il trattamento di favore preteso: tutto a metà prezzo. «Ora domani gli dico – commenta Ieni irato – “E se ora io entro e mi prendo tutti i vestiti e me ne vado?” Che non si permetta più nessuno di umiliare e mortificare i miei nipoti». Instillando coraggio anche al più giovane, che commenta: «Ci andiamo arrabbiati… Domani, in un colpo, questa farsa gli finisce…». Anche in questo caso, i titolari dell’attività commerciale applicano da decenni gli sconti agli Ieni «a malincuore – precisano agli inquirenti – perché per la nostra attività è antieconomico, non abbiamo alcun tipo di ricavo. Ma – aggiungono – conosciamo la famiglia e temiamo per la nostra incolumità e la nostra azienda».
Non solo vestiti, ma anche le scarpe da abbinare sempre comprate con tassi di sconto di almeno il 40 per cento. In questo caso, però, la titolare, ha ripetutamente negato di essere mai stata sottoposta a qualsiasi forma di estorsione. Raccontando le dinamiche di quanto sarebbe accaduto all’interno del suo negozio, però, la donna ha ammesso che anche fuori dal periodo dei saldi avrebbe applicato ad alcuni clienti affezionati lo sconto del 10 per cento e ai parenti e a Nuccio Ieni e ai suoi familiari quello del 20 per cento già a partire dai primi anni Novanta. «Perché, oltre a essere clienti storici e abituali che spendono delle cifre importanti, ci scambiamo dei favori». Niente a che vedere, insomma, con il fatto che la donna sappia di avere a che fare con dei «soggetti malavitosi». Come lei stessa li definisce.
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