«Pezzo di merda, nelle gambe t’hanno sparari (ti devono sparare, ndr)». Nell’inchiesta giudiziaria che in un colpo solo ha toccato la politica trapanese ed ericina, gettando l’ennesima ombra sull’uso personalistico delle cariche amministrative, c’è spazio per quello che i magistrati definiscono «banditismo di strada». A pronunciare la minaccia, a ottobre 2019, sarebbe stato Francesco Paolo Rallo, dipendente dell’ex Provincia di Trapani e marito della sindaca di Erice Daniela Toscano. All’uomo ieri è stato recapitato il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da un imprenditore e dalla sua famiglia, compresa la scuola dei figli, dove Rallo si sarebbe fatto trovare più volte. Una presenza di per sé inquietante e arricchita da una serie di minacce: «Buttana, tanto prima o poi c’ja facemu (gliela facciamo, ndr) pagare a tuo marito», avrebbe detto il marito della prima cittadina alla moglie dell’imprenditore.
All’origine del forte rancore di Rallo ci sarebbe stata la scoperta delle denunce fatte alle forze dell’ordine sui presunti favoritismi fatti da Toscano nei confronti di un’impresa che, l’estate prima, era riuscita ad avere il via libera per la realizzazione di un parcheggio scoperto a ridosso del lungomare di Erice. Lavori a cui l’imprenditore minacciato avrebbe dovuto partecipare, per poi scoprire di essere stato escluso: il suo socio avrebbe preferito portare avanti il progetto soltanto con Massimo Toscano. Avvocato, fratello di Daniela e consigliere comunale a Trapani. Per gli inquirenti, quest’ultimo avrebbe chiesto alla ex compagna di fare da prestanome per evitare polemiche legate al conflitto d’interesse della sorella.
Tra chi in questa storia sembrerebbe non avere provato imbarazzi c’è proprio la sindaca di Erice. Daniela Toscano – da ieri sospesa dalla prefettura che ha emesso un provvedimento simile anche per il fratello consigliere – nella primavera 2018, avrebbe più volte fatto pressioni su funzionari e dirigenti affinché l’iter per l’approvazione del parcheggio proseguisse spedito. «Alla Soprintendenza ci penso io», dice a maggio la sindaca parlando con un dipendente dello Sportello unico per le attività produttive. In un’altra occasione, invece, rivolgendosi al comandante dei vigili urbani la prima cittadina dice: «Delle volte è troppo preciso, la troppa precisione poi delle volte come dire…».
Parole che per i magistrati avrebbero avuto ben poco di allusivo e che, in alcuni casi, avrebbero suscitato la replica dei funzionari, molti dei quali oggi accusati di falso per avere negato le pressioni. «Daniela, ti voglio dire: lì è un parcheggio privato, in cui il Comune non percepisce niente», osserva il comandante. Ma l’interesse della sindaca sarebbe stato tutt’altro: agevolare il fratello, con il quale avrebbe avuto anche un debito di diverse migliaia di euro per un prestito legato al finanziamento della campagna elettorale. Davanti agli inquirenti, tuttavia, la prima cittadina si è difesa dicendo di essersi impegnata soltanto per valorizzare gli investimenti imprenditoriali di cui avrebbe potuto beneficiare il territorio. «Se realmente il suo intento fosse stato quello di assicurare un servizio alla comunità e di non favorire gli interessi di una specifica parte – è la tesi dei pm, accolta dalla giudice per le indagini preliminari Caterina Brignone – si sarebbe spesa, in modo imparziale, per ciascuno di tali progetti sollecitando non l’approvazione del singolo progetto quanto piuttosto le iniziative meritevoli di accoglimento».
In quegli stessi mesi, infatti, a volere fare parcheggi a Erice erano in tre. Uno di questi è l’imprenditore rimasto escluso dal progetto che interessava a Massimo Toscano. L’uomo aveva costituito una società in proprio e preso in affitto un altro terreno. L’iniziativa, tuttavia, non andrà in porto anche per la presenza nell’area di calendula, una specie vegetale protetta. La delusione contribuirà a rafforzare nell’imprenditore la volontà di denunciare quella storia. Qualche mese dopo, l’uomo troverà all’interno dell’abitacolo della propria auto un biglietto con il disegno di una croce e la scritta «sbirro». Nonostante l’episodio sia avvenuto nel periodo in cui si sono verificate le minacce verbali, per la gip non è possibile ricondurre con certezza la paternità dell’intimidazione al marito della sindaca.
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