Una rivolta politica. Da un lato le Regioni classificate arancioni e rosse, dall’altro l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte. In mezzo i 21 indicatori dell’Istituto superiore di Sanità che, su base locale, hanno fotografato l’andamento del contagio imponendo chiusure e lockdown da affiancare all’ultimo Dpcm. L’errore comune a molti sindaci e governatori è stato quello di soffermarsi sui singoli numeri senza analizzare la situazione nel complesso. Proprio ieri il ministero della Salute ha deciso di rendere pubblici tutti i dati nel tentativo di allentare la morsa delle polemiche. I tre ambiti – composti dai 21 indicatori – riguardano la capacità di raccolta dei dati sui contagi, quella di testare i casi sospetti e la tenuta del servizio sanitario a livello regionale. Mentre già oggi un nuovo report settimanale indicherà gli ultimi aggiornamenti ed eventuali cambiamenti di colore.
I focolai
Tra le note dolenti che riguardano la Sicilia nel conteggio compreso tra il 19 e il 25 ottobre scorso c’è l’alto numero di focolai. Quelli censiti sono stati 504, mentre la Puglia – altra Regione arancione – è ferma a 171; pochi in più rispetto alla Campania (154). «Per focolaio intendiamo un numero di casi superiore a due, che abbiano una stretta correlazione tra loro. La maggior parte di questi sono a livello intra-familiare. I positivi tendono a rifiutare il ricovero nei Covid hotel, tornano a casa e si ritrovano a contagiare tutta la famiglia», spiega a MeridioNews Claudio Costantino, professore di Igiene e Medicina preventiva che fa parte del laboratorio regionale di riferimento per la diagnostica del Covid-19. «Questo fenomeno è cominciato in estate con chi rientrava da Malta e infettava tutta la famiglia, poi è proseguito con le discoteche e infine con matrimoni e banchetti. La gente si è scatenata, senza rispettare le regole».
Casi di trasmissione non associati a catene note
La Sicilia si distingue anche in questo indicatore. In Campania sono stati 642, in Liguria appena 200 mentre in Sicilia 1906, quasi quanto il Piemonte a quota 2012. «Nella nostra Regione, non è un mistero, comincia a mancare il tracciamento dei contatti – continua Costantino – La situazione è quasi fuori controllo». A differenza di quasi tutte le Regioni, l’Isola viene indicata a un livello alto nella classificazione riguardante «l’aumento della trasmissione del virus». «La correlazione è proprio con la presenza dei focolai e con la catena dei contagi che si implementa. Per questo motivo bisogna focalizzarsi sulla situazione della nostra Regione senza guardare altrove».
Le Usca (unità speciale di continuità assistenziale)
Il sistema sanitario soffre anche nel capitolo riguardante le Usca, cioè le unità territoriali che con medici e infermieri si occupano dei tamponi domiciliari. Il report indica per l’Isola uno dei numeri più bassi a livello nazionale: 0,8 ogni 10mila abitanti. Peggio fanno solo Abruzzo, Campania e Calabria. «Nelle grandi città gli operatori sono ormai in sofferenza, lavorano tanto ma sono pochi per coprire il carico giornaliero», continua Costantino, che questa mattina ai microfoni di Radio Fantastica ha ribadito l’utilità di un semi-lockdown come quello entrato in vigore da mezzanotte.
Posti letto
Altri due indicatori riguardano il tasso di occupazione dei posti letto in Terapia intensiva e in degenza ordinaria. In questo ambito la Sicilia, come diverse Regioni, ha elevate probabilità di ritrovarsi con le corsie sature. Proprio nel giorno in cui si decideva la ripartizione dei livelli di rischio, l’assessore alla Salute Ruggero Razza ha presentato un piano per aumentare la disponibilità dei posti. Cifre e postazioni in massima parte già stimate, come approfondito da MeridioNews, nel periodo estivo, dopo il lockdown primaverile, ma ancora non del tutto attivate. Stando ai numeri le uniche Regioni a non soffrire sono Marche, Basilicata e Sardegna. Per altre come Campania e Valle d’Aosta pesa invece l’impossibilità di avere proiezioni reali, con un quadro sottostimato a causa dei dati forniti in modo parziale e tardivo.
Zone rosse
Sicilia e Calabria sono inoltre le uniche due realtà con una spunta negativa per quanto riguarda l’introduzione delle zone rosse a livello locale. Una misura utile per contenere il contagio, secondo i programmi del governo Musumeci, ma che a livello centrale viene valutata come un segnale di difficoltà.
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