Disavanzo nei conti regionali, l’atto di accusa di Armao Colpa degli accordi con Roma e di tasse non riscosse

Non entra nel merito delle responsabilità individuali del passato e apre qualche spiraglio sul futuro. Questa mattina il vicepresidente della Regione Siciliana e assessore all’Economia Gaetano Armao ha presentato gli esiti della commissione di studio sulle cause del disavanzo maturato nella precedente legislatura «che il governo Musumeci – ha detto – si è ritrovato a dover coprire con i conseguenti effetti sul riequilibrio dei conti pubblici regionali».

Il tema è noto: la Regione deve fare i conti con un disavanzo di oltre 2,1 miliardi di euro tra entrate e uscite. Nei negoziati con Roma, il governo regionale era già riuscito a portare a casa una significativa dilazione del debito in 30 anni. Fatta eccezione per i circa 390 milioni che Roma rivendicava invece nel triennio in corso, paralizzando di fatto il bilancio regionale. Oggi l’annuncio – insieme a una lunga e argomentata spiegazione sulle ragioni che hanno portato, tra il 2015 e il 2017, all’enorme buco di bilancio – che sarebbe in dirittura d’arrivo un accordo con Roma per spalmare il debito rivendicato nel triennio in dieci anni. Concedendo qualche milione in più per ciascun esercizio finanziario per riuscire a coprire servizi essenziali, come nel caso del trasporto pubblico locale.

Ma risolte (o quasi) le questioni più urgenti legate all’ulteriore dilazione del debito, Armao ha voluto vederci chiaro sulle ragioni del buco di bilancio: con quest’obiettivo è stata istituita lo scorso marzo una commissione d’inchiesta composta da Esmeralda Bucalo, docente di diritto costituzionale dell’Università di Palermo, Giovannino Sapienza, già dirigente generale al Bilancio, Raffaele MazzeoRiccardo Compagnino, commercialisti ed esperti in controllo di conti pubblici, e Donatella Milazzo, capa della segreteria di Armao.

Secondo la commissione le responsabilità del buco di bilancio sarebbero da attribuire alla «cancellazione e re-imputazione – si legge in calce nella presentazione – di residui attivi da riscuotere disposte nel 2015 per un totale di 10.795 milioni e cancellazione nel 2017 di residui attivi da versare per 648 milioni; una anomalia nell’utilizzo dell’eccedenza dei residui attivi su quelli passivi, in quanto l’eccedenza è stata distribuita in 30 esercizi e senza distinzione fra fondi liberi regionali e fondi vincolati». 

Ma c’è di più: tra le cause addebitate alla gestione del bilancio targata Crocetta si riscontrerebbero «minori accertamenti di entrate (fondi regionali) rispetto alle previsioni e minori residui attivi, non adeguatamente controbilanciati da economie di spesa, con un effetto netto: nel 2015 di -4.136 milioni, di cui -2.446 milioni per tributi Irpef, Ires e Iva; nel 2016 di 93 milioni, nel 2017 di -187 milioni». Insomma, diminuivano le entrate dalle tasse, ma i fondi sarebbero stati spesi sulla base delle previsioni di riscossione.

Durante l’incontro di oggi si è parlato anche degli accordi con lo Stato, in più occasioni contestati proprio da Armao: secondo la commissione, i «riflessi combinati degli accordi con lo Stato e del concorso alla finanza pubblica, al 31 dicembre 2017» avrebbero avuto un «effetto complessivo netto sul bilancio nel periodo 2012-2020» pari a un negativo di 2.849 milioni di euro. «In questo anno e mezzo di lavoro – ha sottolineato Armao – il governo Musumeci ha recuperato credibilità nel negoziato con Roma. La tenuta dei conti è una priorità assoluta, perché dei conti in regola rendono il bilancio sostenibile e capace di sviluppare quegli asset di crescita e investimento senza i quali la Sicilia non può crescere». 

Miriam Di Peri

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