Cosa c’è di più bello del dono di trenta buoni soggiorno a medici e infermieri lombardi impegnati in prima linea nella lotta al Coronavirus? La possibilità di portarli direttamente, dopo un viaggio in bicicletta di 1500 chilometri lungo la nostra penisola: una sfida che ha portato cinque innamorati dello sport del pedale a viaggiare dal ragusano alla Calabria, passando per Basilicata, Puglia, Abruzzo, Romagna e Lombardia. Il progetto Il Dono dell’Ospitalità ha come protagonisti Marco Di Stefano, titolare di un bed and breakfast a Comiso, il pediatra Salvatore Purromuto, il kinesiologo Vincenzo Virduzzoo, Nunzio e Vincenzo Schembari: questi ultimi, padre e figlio, si sono voluti regalare un’esperienza fuori dall’ordinario per festeggiare cinquantesimo e diciottesimo compleanno.
«L’idea è nata durante la quarantena, un periodo particolare in cui noi tutti abbiamo cercato di comprendere ciò di cui avessimo più bisogno. La mia vita – afferma Marco Di Stefano – è segnata da due passioni: la gestione del mio B&B e la voglia di andare in bicicletta. Ho cercato così di coniugare entrambe le attività, creando un pacchetto viaggi da offrire al personale sanitario coinvolto nella battaglia contro il Covid-19 in Lombardia». Il progetto prende corpo grazie al patrocinio dell’amministrazione comunale di Comiso e alle convenzioni stipulate con i soggetti privati: «Gli albergatori hanno messo a disposizione ulteriori camere, i ristoratori pranzi e cene: abbiamo coinvolto – aggiunge l’intervistato a MeridioNews – anche tassisti e baristi. Tutti quelli che non potevano offrire servizi hanno comunque contribuito con una quota sponsor».
Il sostegno della comunità comisana, unito al supporto delle regioni Lombardia e Sicilia, ha tramutato il sogno in realtà: il gruppetto ha dato inizio all’impresa sportiva toccando nella prima tappa l’ospedale Covid di Modica e iniziando poi una risalita che dovrebbe concludersi con i passaggi a Bergamo e Milano, dove gli sportivi saranno accolti all’ospedale Niguarda dal sindaco Beppe Sala. Il condizionale è d’obbligo, dato che questo Giro d’Italia della solidarietà e del ringraziamento potrebbe allungarsi prima a Pistoia, poi addirittura a Roma. A sorpresa, la preparazione fisica all’evento non è stata curata in maniera particolare: «Tre di noi – ricorda Di Stefano – sono pedalatori assidui, anche se non su queste distanze. L’allenamento è stato soprattutto mentale: abbiamo cercato di allenare il disagio di stare in sella 10-12 ore al giorno, pensando anche alle terribili condizioni di lavoro vissute dai sanitari nei mesi passati».
Un percorso che, dunque, rappresenta anche un viaggio nell’anima dei cinque partecipanti, i quali si porteranno con sé ricordi che li accompagneranno per tutta la vita. «Abbiamo affrontato questa esperienza con lo sguardo di un’aquila che spiega le ali, cercando di vedere e percepire tutto il possibile. Le emozioni sono intense e la motivazione che ci ha spinto a metterci in sella è stata grande fin da subito. Poco prima di partire – conclude Di Stefano – ho messo sul manubrio le foto dei miei due figli: li ho voluti portare con me, sperando che anche loro da grandi possano capire il valore della riconoscenza e del ringraziamento verso chi ha fatto tanto per noi tutti».
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