«Ci avviamo verso una Regione che invecchia e che non prevede investimenti per il futuro. Passeremo dalla politica dei pannolini a quella dei pannoloni, bisognerà rimodulare la spesa sugli anziani». La caustica battuta di Giuseppe Citarrella, presidente del Cerfdos – il centro studi della Cgil – introduce il report presentato questa mattina alla sede di via Meli a Palermo. Una lunga serie di dati, elaborati a partire dal 2008, che rende un preciso ritratto socio-economico della Sicilia. Quasi ovunque si profila «un dramma». E bastano alcuni indicatori per coglierlo: la desertificazione industriale, con oltre 30mila imprese in meno in dieci anni; l’emigrazione che ha visto andare via 33mila cittadini ogni anno; la perdita di 126mila posti di lavoro.
«In buona sostanza – si legge nell’analisi del sindacato – la Sicilia si caratterizza sempre più come area di consumo che di produzione. I dati parlano chiaro: il Pil siciliano dopo una caduta di oltre 15 punti dal 2008 al 2014, a partire dal 2015 ha registrato una lieve inversione di tendenza, secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat, facendo registrare un aumento del 0,9 per cento, mentre nel 2016 si ritorna a una contrazione dello 0,1 per cento». È necessario insomma un deciso cambio di passo per il sindacato, che però al momento non vede grandi prospettive. «Basti pensare che la Regione ha 1200 progetti finanziati dal Patto per il Sud – commenta Enzo Campo, segretario di Palermo – ma siamo ancora pressoché fermi perché pochissimi di questi sono esecutivi. Oppure si pensi alle vicende dell’autostrada Palermo-Catania: non è possibile che un pilone piegato metta in crisi un’intera isola».
Tra i pochi dati positivi che il report cita ci sono i «consumi delle famiglie sia per il 2015 che per il 2016», tuttavia tale crescita recupera solo in parte i «dodici punti persi dal 2008». E al di là di certa retorica «segnali negativi si colgono per l’export siciliano, per il quale stima un calo del 17,3 per cento». Tra le cause «oltre la metà è da imputare alla componente petrolifera, che accusa un calo del 25 per cento, mentre in calo anche l’elettronica (- 40 per cento) e la chimica (- 20 per cento). Bene invece l’agroalimentare (+ 8 per cento), il tessile (+ 23,5 per cento) e la farmaceutica (+ 47 per cento)». Se i dati impietosi relativi al tasso di occupazione sono tristemente noti («il 40,1 per cento a fronte del 57,2 per cento della media italiana), quel che preoccupa il sindacato è ciò che deriva dall’assenza del lavoro. «Sommando i disoccupati con gli inattivi, nella fascia 15-64 anni, raggiungiamo la cifra di 521 mila persone che a vario titolo sono fuori dai processi produttivi – dichiara ancora Citarrella -. Questo dato rappresenta il 44 per cento della popolazione totale contro un dato medio nazionale del 27 per cento».
Per la Cgil però le vie di uscite ci sono. «Ai dati di denuncia fanno seguito le nostre sei proposte, che servono – aggiunge Campo – a dare un’opportunità alle classi dirigenti, ai governi nazionali, regionali e locali, per l’elaborazione di un piano di sviluppo. Aspettiamo risposte. Per noi si tratta di vertenze strategiche, che porteremo avanti». Tra queste il sindacato indica «un disegno organico di politica industriale, dotato di idonee risorse finanziare, che si ponga chiari e quantificati obiettivi a medio e lungo termine»; «investimenti pubblici dedicati e addizionali rispetto a quelli comunitari e nazionali coerenti con la vocazione manifatturiera del territorio»; «ammodernamento delle rete elettrica, ristrutturazione della rete di distribuzione idrica, realizzazione delle opere per il riuso delle acque depurate» e per finire «piano di recupero e ammodernamento della viabilità secondaria».
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