Cosa nostra, confisca da dieci milioni a Vacante La mente imprenditoriale sposata ai Santapaola

Dieci milioni di euro. A tanto ammonta il patrimonio che è stato definitivamente confiscato a Roberto Vacante, classe 1963, ritenuto nuova mente imprenditoriale della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania. Il nipote di Nitto Santapaola ha sempre avuto un occhio particolarmente attento agli affari e adesso beni e società a lui riconducibili sono passati nelle mani dello Stato. Una fitta rete di aziende e immobili sui quali, a gennaio 2016, la procura di Catania aveva puntato l’attenzione: era l’operazione Bulldog, che prendeva il nome da alcuni campetti sportivi in costruzione. All’epoca, assieme a Vacante – che attualmente è detenuto -, finiscono in manette altre 15 persone. Tra le quali presunti prestanome e uomini di fiducia, ritenuti in grado di gestire i suoi affari ma facendo riferimento sempre al capo.

L’ex infermiere dell’ospedale Garibaldi – condannato in Appello a oltre 12 anni di carcere – della famiglia Santapaola è diventato parte integrante per avere sposato Irene Santapaola, figlia dell’ormai defunto Salvatore, fratello del padrino ergastolano Nitto. La confisca di oggi riguarda la cooperativa The bulldog camp (nella misura del 67 per cento delle quote societarie), l’impresa di gestione dei parcheggi Car service, l’attività edilizia Torrisi costruzioni e una serie di immobili, per un totale di quasi duemila metri quadrati, tutti in via Pietro Mascagni (zona stazione): un cantinato e un pianterreno, in cui era stato avviato un centro benessere. Anche i beni strumentali dell’attività sono stati confiscati.

In prima linea ad accusare Roberto Vacante c’è l’ex amico e testimone di nozze Eugenio Sturiale. Un passato da mafioso e un presente da collaboratore di giustizia insieme alla moglie Maria Palma Biondi. I due sul conto di Vacante hanno svelato aneddoti e affari che hanno dato il via all’inchiesta: «L’ho introdotto nella famiglia Santapaola, facendogli conoscere la moglie. Lui si occupava di riciclare il denaro sporco», spiegavano ai magistrati.

Redazione

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