Casina No Mafia, un urlo diventato simbolo di resistenza «Scritta altamente significativa per la generazione ’92»

A Palermo c’è chi alle parate preferisce una narrazione diversa di quei giorni bui, chi ogni giorno racconta le stragi da un punto d’osservazione molto speciale a centinaia di studenti: la casina No Mafia di Capaci. I ragazzi di Addiopizzo Travel accompagnano scolaresche ogni giorno in quel luogo e oggi, 23 maggio, il Miur li ha anche inseriti nel programma ufficiale delle attività delle scuole, così ragazzi da tutta Italia saliranno su quella montagna e alle 17.58 la Rai sarà in diretta dall’albero Falcone e quest’anno per la prima volta anche dalla Casina No Mafia dove sono esposte le gigantografie delle vittime della strage di Capaci e via D’Amelio. «Ogni giorno noi raccontiamo la storia delle stragi, – dice Dario Riccobono di Addiopizzo Travel – delle collusioni da parte dello Stato, dei processi. Oggi per noi è una sorta di legittimazione di quello che facciamo ogni giorno. Questo luogo è stato riconosciuto da una comunità come simbolo, un luogo di tutti, la cartolina della sicilia che resiste, che rappresenta la fatica del volerci arrivare perché la strada per arrivare è impervia, e oggi noi ce ne staremo qui, lontani dalle passerelle».

A pochi giorni dalla strage del ’92 come pronta risposta da parte della società civile spuntò la scritta NO MAFIA in quella casupola sulla collina di Capaci, nei cui pressi si scoprì anni dopo, erano appostati i mafiosi, capitanati dal boss Brusca, che quel 23 maggio, con un telecomando, azionarono l’esplosivo che fece saltare l’autostrada, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Antonio, Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Un gruppo di amici, di cittadini di Capaci, sconvolti ancora dall’efferatezza dell’attentato si armarono di scale, colore e pennello, dipinsero NO MAFIA in blu sulla casina, in modo che potesse vedersi anche dall’autostrada sottostante. La scritta non durò a lungo, diversi film e fiction furono girati in quella zona per raccontare la strage di Capaci e quella scritta non poteva esserci. Finite le riprese nessuno si preoccupò di ripristinare quella scritta voluta da semplici cittadini, altamente simbolica.

La parete rimase bianca e illuminata da un faro sino alla notte tra il 28 e il 29 giugno del 2005. Quel giorno, infatti, primo anniversario dell’attacchinaggio a Palermo dell’adesivo UN INTERO POPOLO CHE PAGA IL PIZZO E’ UN POPOLO SENZA DIGNITA’, il Comitato Addiopizzo decise di replicare l’azione a Capaci. E mentre un gruppo di ragazzi attaccava gli adesivi in paese, un altro gruppo composto da giovani di Capaci, andò a ripristinare quella scritta, da allora mai più cancellata e visibile anche la notte. «Chiesi questo regalo ai compagni in Addiopizzo – ricorda Dario Riccobono, tra i fondatori di Addiopizzo e cittadino di Capaci – attacchinare in paese mentre assieme ad un gruppo di miei concittadini andavamo a ripristinare quella scritta altamente significativa per noi giovani della generazione ’92. E così, reclutati alcuni giovanissimi in paese, andammo da Antonio Vassallo, autore della scritta parecchi anni prima. Ci mise a disposizione colore e scala guidandoci sino alla casina, passando per trazzere e arrampicandoci al buio nella collina».

Da allora, di tanto in tanto, si è ridipinta la scritta NO MAFIA, quando l’effetto sbiadente degli agenti atmosferici lo ha reso necessario. E questo gesto si è spontaneamente connotato come un’azione simbolica, diventando una sorta di liturgia laica intensamente vissuta e ampiamente partecipata. L’ultima volta, nel maggio del 2017, per il venticinquesimo anniversario della strage, migliaia sono stati i cittadini a partecipare. Quel luogo, infatti, per iniziativa spontanea di tanti comuni cittadini, è diventato simbolo di resistenza alla mafia e di riscatto, cartolina di una Sicilia che si oppone. 

Alessia Rotolo

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