Corte dei Conti 2/ Sanità, la ‘grande abbuffata’ delle forniture con ‘affidamento diretto’

QUESTO CAPITOLO – SUL QUALE ACCENDE I RIFLETTORI LA MAGISTRATURA CONTABILE – DIMOSTRA CHE LA PRESA DELLA POLITICA SUI SOLDI CHE GIRANO IN QUESTO SETTORE E’ ANCORA FORTISSIMA

La sanità siciliana vista dalla Corte dei Conti. Ospedali, servizi, forniture osservati dalla parte dei numeri. Un’analisi dettagliata che coglie con grande efficacia i punti dolenti nascosti da una politica siciliana che considera il ‘Pianeta sanitario’ non un mezzo per curare i malati, ma un pozzo senza fondo per arraffare soldi.

Ovviamente, noi siamo molto ‘diretti’, perché facciamo il mestiere di giornalisti. Ma vi assicuriamo – e ora lo leggerete con noi – che al di là della formula lessicale garbata, i giudici contabili, nell’analizzare la sanità pubblica siciliana, picchiano duro.

Intanto ci dicono che “le situazioni di deficit strutturale” di alcune delle Aziende sanitarie provinciali (Asp) e ospedaliere “superano quelle negoziate”. E che, “delle 18 Aziende che operano nel settore sanitario, ben 14 chiudono con un risultato negativo e, su queste ultime, 10 realizzano anche un peggioramento rispetto alla negoziazione”.

Se a questo aggiungiamo che il servizio sanitario pubblico, in Sicilia, è peggiorato – non per responsabilità dei medici e degli infermieri, che anzi fanno l’impossibile – ma della politica, ci rendiamo conto che la gestione delle Aziende sanitarie e ospedaliere, in Sicilia, serve, in parte, per ‘alimentare’ la politica.

“Queste Sezioni riunite – si legge nella relazione – rilevano come la prassi dei trasferimenti regionali a fine esercizio, al fine di riportare in equilibrio alcune gestioni aziendali, non dia adeguata evidenza ai risultati effettivamente raggiunti, rendendo, peraltro, opaca la comprensione dei meccanismi in base ai quali i fondi regionali vengono ripartiti tra le diverse Aziende”.

Insomma: non solo non si capisce come ‘spariscono’ i soldi – o almeno una parte dei soldi – ma non è nemmeno chiaro il criterio con il quale vengono ripartire le risorse finanziarie tra Aziende sanitarie e ospedaliere (noi, in realtà, un’idea ce l’abbiamo: il politico più potente fa arrivare più soldi al manager di riferimento, non per assicurare un servizio migliore alla popolazione, ma per assicurare ‘altri servizi’…).

“Il complesso dei costi operativi (interni ed esterni) – si legge nella relazione – risulta in linea con le previsioni di cui al Programma operativo di consolidamento e sviluppo per gli anni 2013-2015 (POCS), recentemente approvato con decreto assessoriale 678 del 23 aprile 2014, ma ancora oggetto del definitivo vaglio ministeriale. La spesa per il personale diminuisce di 14,3 milioni circa rispetto all’omologo dato del 2012 (-0,5%), ma, nella quasi totalità delle Aziende, non risulta rispettato, neppure per il 2013, il limite di spesa in materia di costo per il personale a tempo determinato, con uno scostamento dal tetto previsto dalla legge pari a ben 109, 8 milioni (art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010)”.

Tradotto: la spesa per il personale medico, nel complesso, diminuisce. Mentre non è sotto controllo la spesa per il personale a tempo determinato.

“Con riferimento invece alle assunzioni a tempo indeterminato – si legge sempre nella relazione – si ribadiscono le perplessità già espresse da questa Corte, con la deliberazione n. 372 del 9 dicembre 2013, in ordine al reclutamento di personale (dirigenti medici nonché professionali del comparto) disposto dall’Assessorato con direttiva del giugno 2013”.

Sono le assunzioni annunciate dal vecchio e dal nuovo Governo regionale. Non sarebbe sbagliato reclutare nuovi medici. Anche se, forse, la disponibilità finanziaria non accompagna il possibile raggiungimento di tale obiettivo.

“La spesa farmaceutica si riduce di circa 15 milioni rispetto al 2012 – si legge nella relazione – e, sulla base dei dati resi disponibili dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), la Sicilia risulta, per la farmaceutica ospedaliera, tra le poche Regioni a rispettare il tetto previsto dalla vigente normativa; rimane invece, insieme alla Sardegna, tra le due Regioni italiane con la maggiore incidenza sul fondo sanitario regionale della spesa farmaceutica territoriale (pari al 13% rispetto al tetto dell’11,35%)”.

Tradotto: negli ospedali pubblici i farmaci scarseggiano. Mentre le prescrizioni presentano un’alta incidenza. Anche se quest’anno – rispetto ad altri anni – non leggiamo di grandi sprechi da parte dei cosiddetti medici di famiglia.

A questo punto arriva il ‘siluro’ alla politica: “Quanto alle problematiche relative ai costi per l’acquisto di beni e servizi, già sottolineate dalla Corte nella recente indagine sui costi delle forniture in sanità (deliberazione n. 392 del 18 dicembre 2013), rimangono ancora vive le criticità in quella sede evidenziate. Queste Sezioni riunite, nel prendere atto delle iniziative intraprese dall’assessorato regionale della Salute, devono tuttavia rilevare come risulti ancora ampio, in Sicilia, il ricorso alle procedure negoziate ed in economia che crescono nel 2012 rispetto al 2011, passando da 22.955 a 29.291. Anche l’importo delle aggiudicazioni aumenta da 54,9 a 67,2 milioni”.

In pratica, si spendono un sacco di soldi in forniture, per la gioia dei fornitori (e di chi guadagna con i fornitori…).

“Il massiccio e crescente ricorso alle procedure di affidamento diretto appare dunque ancora preoccupante, anche se l’assessorato riferisce bassi livelli in termini di incidenza percentuale del valore delle procedure in economia sul totale degli acquisti”.

Morale: non solo si spendono un sacco di soldi per le forniture: ma queste forniture vengono effettuate con “affidamento diretto”: che è il metodo che ‘garantisce’ di più e meglio la politica…

“Si deve inoltre rilevare – sottolineano i giudici della Corte – il ritardo nelle aggiudicazioni relative alla programmazione regionale delle gare centralizzate, strumento che rappresenta l’unica vera garanzia dell’omogeneità dei prezzi di acquisto di beni – tra cui farmaci – e servizi tra le diverse aziende”.
Insomma: a parole si parla di ‘trasparenza’ e di ‘legalità’. Nei fatti, con le forniture nella sanità pubblica, la politica siciliana continua a farsi i ‘cazzi propri’. Questo spiega perché i politici si scannano per acciuffare un direttore generale di Azienda sanitaria provinciale o ospedaliera: perché piazzando un manager…

“La Corte rappresenta la necessità di elaborare piattaforme di gara comuni in relazione ai cosiddetti ‘grandi appalti di servizi’, per i quali l’attività di studio ed elaborazione dati (legata al progetto ex art. 79 della legge n.133 del 2008) ha già condotto alla individuazione di prezzi standard. Appare inoltre indispensabile accelerare il processo di revisione della struttura interna dell’Assessorato, finalizzato all’implementazione dei controlli sugli acquisti di beni e servizi, già annunciato in occasione dell’adozione della deliberazione n. 392 del 2013”. Campa cavallo!

Poi c’è il capitolo finanziario delle Aziende sanitarie provinciali e ospedaliere: “Vale poi rilevare come – si legge sempre nella relazione – a fronte di una politica tesa, negli ultimi anni, al risanamento degli stati patrimoniali delle Aziende, che ha portato alla riduzione delle notevoli perdite cumulatesi nei vari esercizi ed alla riconciliazione tra le reciproche posizioni di debito e credito tra aziende e Regione, permane una elevata mole di crediti delle Aziende verso la Regione per spesa corrente (3.104 milioni su un totale di crediti pari a 4 miliardi circa, in aumento di 255 milioni rispetto al 2011)”.

“La Regione – osservano i giudici della Corte dei Conti – è stata peraltro valutata inadempiente rispetto al vincolo legislativo (art. 3, comma 7, del decreto legge n. 35 del 2012) di effettuare, nell’esercizio, il trasferimento al servizio sanitario regionale di almeno il 90 per cento delle risorse ricevute dallo Stato per finalità sanitarie, avendo corrisposto risorse solo per un importo pari al 59,8 per cento”.

Insomma, i soldi che lo Stato eroga per la sanità pubblica siciliana non vengono erogati nei tempi dovuti alle strutture sanitarie territoriali.

“Dai ritardi e dalla parzialità nelle rimesse regionali – scrivono i giudici contabili – deriva l’effetto dell’allungamento dei tempi di pagamento dei fornitori, con ripercussioni negative sull’intera economia dell’Isola”.

Tradotto: per le forniture si lavora a velocità supersonica. ‘Chiusa’ l’operazione, per i pagamenti ai fornitori passa molto tempo.

“Le problematiche citate – si legge nella relazione – dovrebbero trovare definitiva soluzione con le disposizioni da ultimo introdotte col decreto legge n. 66, convertito nella legge n. 89 del 2014, che rende cogente per le Regioni che non riescano ad effettuare nei tempi di legge il pagamento dei fornitori, il ricorso all’anticipazione di liquidità, pena il commissariamento della Regione inadempiente nei termini indicati nel decreto”.

Sembra che i fornitori dovrebbe essere pagati nei tempi prestabiliti. ma noi non ci scommettiamo.

“Passando ad un rapido esame degli indicatori di efficacia ed efficienza – leggiamo sempre nella relazione – sulla base delle valutazioni del Tavolo di verifica ministeriale la situazione della Regione siciliana, per l’erogazione dei livelli dell’assistenza ospedaliera (LEA), appare, per il 2012, sostanzialmente conforme ai valori medi nazionali, mentre ancora non in linea con questi ultimi risulta l’erogazione di quelli relativi all’assistenza territoriale”.

Tutto vero: in Sicilia la cosiddetta medicina del territorio (Punti territoriali di assistenza e Punti territoriali di emergenza) – che dovrebbe alleggerire il carico degli ospedali pubblici – resta carente. Hanno smantellato ‘pezzi’ importanti della sanità pubblica siciliana (e vorrebbero continuare, se è vero che l’attuale Governo regionale ha annunciato il taglio di altri posti letto), ma non hanno realizzato la medicina nel territorio.

 

Il risultato è il ‘bordello’ costante dei Pronto Soccorsi e la cronica mancanza di posti letto (che rimane insoddisfacente considerando anche i posti letto delle strutture private convenzionate con la Regione).

“L’analisi, che si arresta al 2012 – leggiamo sempre nella relazione – risulta confermata anche dai più recenti dati forniti dalla Regione, che evidenziano una maggiore appropriatezza dei ricoveri ed una leggera flessione dei ricoveri in regime di mobilità passiva (4.633 ricoveri in meno, pari al -8,4%, rispetto all’omologo dato del 2011)”.

Nota a margine

Che fare per migliorare il servizio sanitario della Sicilia?

Ridurre drasticamente l’influenza della politica nelle forniture (soprattutto quelle con ‘affidamento diretto’) e ridurre la spesa farmaceutica.

Con i soldi risparmiati si potrebbe potenziare la medicina del territorio e migliorare il servizio nei Pronto Soccorsi e negli ospedali.

2/ Continua

Redazione

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