Su un ring immaginario due pugili combattono davanti al pubblico. Ai loro piedi non indossano mezzepunte, sono due pugili veri su un palco di danza. Ma rappresentano molto di più: due fratelli, Caino e Abele. La carne umana che divora se stessa e, dunque, la rottura del patto tra uomo e Dio. È questa l’ultima creazione del coreografo catanese Roberto Zappalà, che a Scenario pubblico ha portato in scena – il 14 e il 15 aprile – la performance Corpo a corpo, parte del progetto Liederduett (due episodi su Caino e Abele). Il secondo episodio andrà prossimamente in scena a Viagrande.
È chiaro: neppure la danza potrà assolvere Caino dal fratricidio commesso, né tanto meno cambiarne le sorti. Ma può intervenire per ricordarci chi fosse prima di tanto livore, regalando un‘immagine di tenerezza che sembra richiamare tutti i fratelli del mondo. Due cuccioli o meglio due danzatori, che gattonano a quattro zampe sul palco: in scena la commovente nascita della fratellanza. A terra, senza filtri: Caino ed Abele si cercano con istinto. Danzano un sentimento innocente fatto di sensi: il tatto, l’olfatto, la vista. Tra fratelli tutto è concesso: lanciarsi addosso, strusciarsi, toccarsi. La fusione fisica è sempre pura, perché preceduta da quella spirituale. La maternità, fonte comune, rende sacra questa unione.
Sulle note di Johannes Brahms, i danzatori si esibiscono in un passo a due senza tempo, che include baci innocenti, abbracci immotivati, gioco senza fine. Come a dire che chi ha un fratello non deve mai sentirsi solo. Eppure poi ringhiano l’uno contro l’altra, come due belve. Ed allora non sembra più vero che «fatti non foste a viver come bruti». Inutile sperare di capire quale dei due danzatori sia Abele e chi Caino, per Roberto Zappalà sembra che non ci sia differenza tra chi uccide e chi muore. Quando un fratello uccide il fratello, ciascuno è vittima e carnefice.
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