Sigilli alla società che gestisce il parcheggio dell’area archeologica di Segesta. Ma anche ad altre tre aziende del settore edile, 16 conti bancari, 132 tra immobili e terreni e 24 automezzi per un valore totale di oltre 12 milioni di euro. Tutti beni riconducibili a Francesco Isca, imprenditore di Vita, nel Trapanese, raggiunto dal decreto di confisca emesso dal tribunale di Trapani ed eseguito dalla Dia. Per l’uomo, che si occupa di costruzioni e della produzione e commercializzazione di calcestruzzo, è stata disposta anche la sorveglianza speciale per tre anni e sei mesi.
Secondo il tribunale, «la pericolosità sociale dell’imprenditore emergerebbe dal legame di quest’ultimo con il capo della famiglia mafiosa di quel territorio». Rapporto in virtù del quale Isca avrebbe ottenuto «sia le risorse finanziarie per avviare e alimentare le proprie aziende che la copertura mafiosa per espandersi sul mercato», compresa la realizzazione di grandi opere pubbliche. Il tuto, con una concorrenza sleale, a danno delle altre imprese concorrenti. Secondo il documento del tribunale, Isca avrebbe anche partecipato a estorsioni nei confronti di altri imprenditori.
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