Lo hanno ribattezzato il sindaco scalzo, perché il 10 giugno del 2013, il giorno del suo insediamento a palazzo Zanca entrò a piedi nudi. Renato Accorinti, 64 anni, primo cittadino uscente di Messina, il prossimo 10 giugno dovrà confrontarsi con altri sei candidati a sindaco. Tre le liste a suo sostegno.
A Messina partono in cerca di fortuna ogni anno duemila giovani. Come fermare questa emorragia?
«Il sindaco non può creare posti di lavoro, e chi promette questo in campagna elettorale è semplicemente un bugiardo. Quello che si poteva fare, ed è stato fatto, è la stabilizzazione di oltre trecento contrattisti del Comune e dell’Azienda di trasporto (Atm), che ha restituito dignità e diritti a lavoratori sottoposti da oltre venti anni all’incertezza e al ricatto, e il bando per 29 assunzioni al Comune, prima con la mobilità esterna e poi con i concorsi. Diverso è il ruolo che l’amministrazione può rivestire nel creare le prospettive per una ripresa dell’occupazione (ad esempio con le grandi opere sbloccate, come il Porto di Tremestieri, che porteranno lavoro per tante categorie) e nel sostenere i progetti imprenditoriali; abbiamo creato il centro per l’imprenditorialità giovanile Imprendo.Lab che ha proprio la finalità di affiancare e orientare i giovani che vogliono fare impresa e al quale vogliamo affiancare un servizio di microcredito».
Il comune ha 500 milioni di debiti. Come mai non ha chiesto il dissesto?
«I debiti del Comune stanno già diminuendo, oggi praticamente dimezzati. Nel 2013 abbiamo scelto di evitare il dissesto perché avrebbe significato non pagare i creditori, cioè spesso le ditte che hanno effettuato lavori per il Comune e aspettano il saldo per pagare gli operai o i dipendenti, e inoltre ci avrebbe costretto ad applicare l’aliquota massima su tutti i tributi locali fino alla fine del periodo di default. Ho personalmente proposto all’Anci, che ha ottenuto il sì del governo, di far spalmare il piano di riequilibrio dei Comuni in predissesto su vent’anni anziché su dieci, ma il consiglio comunale di Messina è stato l’unico in Italia, in maniera criminosa e danneggiando la città solo per danneggiare Accorinti, a non approvarlo. Ma lo riproporremo non appena rieletti, sarà il mio primo provvedimento».
Parliamo di tram. De Luca vorrebbe toglierlo di mezzo. Lei cosa ne pensa?
«Penso che non sia etico prendere in giro i messinesi con asini che volano come il casinò a Palazzo Zanca, il Comune in un parcheggio o il tram smantellato e sostituito da una monorotaia sopraelevata. Compito di un sindaco è migliorare la qualità della vita dei cittadini, sulla quale in effetti la realizzazione della tranvia ha impattato in maniera significativa. Soprattutto sulle attività commerciali che si trovano sul percorso e che vanno aiutate ad affrontare la crisi. Però non si può negare che oggi è un servizio che funziona, le corse sono più frequenti e inserite in un quadro di intermodalità che permette finalmente di andare da un capo all’altro della città con i mezzi pubblici lasciando l’auto nei parcheggi di interscambio. Oggi pagano tutti gli utenti e ricevono un servizio efficiente ed economico. Gli abbonamenti per le scuole hanno avuto un successo clamoroso e sono stati consegnati in tempi record. Dire tolgo di mezzo il tram” è da venditori di fumo».
Rada San Francesco. Il candidato del M5s Gaetano Sciacca propone di spostare le navi nel porto storico. Lei che futuro immagina?
«Abbiamo sbloccato l’iter del porto di Tremestieri e della via Don Blasco, così da poter procedere alla rifunzionalizzazione della rada San Francesco con finalità di diportismo e recupero della piena fruizione della costa come risorsa marittima e balneare. Proseguiremo senza lasciare nulla di intentato per liberare definitivamente la città dall’attraversamento dei mezzi pesanti, fronte sul quale abbiamo già riscontrato successi importanti».
Quante volte quest’anno è stato al teatro? Quale soluzione ha in mente per salvare il Vittorio Emanuele?
«Sono andato diverse volte sopratutto per incontrare e conoscere belle persone come Enzo Iachetti o Daniel Pennac a febbraio. Il Teatro Vittorio Emanuele è un ente regionale, quindi molto della sua sorte dipende dai trasferimenti finanziari da Palermo. Per quelle che sono le competenze del Comune, il Vittorio farà parte di uno specifico distretto culturale che comprende il nuovo Museo, Forti e il Palazzo della Cultura, inteso come luogo di avvicinamento delle nuove generazioni al mondo della rappresentazione teatrale, della musica e della danza. Per noi la cultura è importante al pari di grandi infrastrutture; con la cultura migliora tutta la città e sale il livello di conoscenza e coscienza anche civica di tutti i suoi cittadini».
Il primo provvedimento che firmerebbe da sindaco?
«Come le dicevo prima, la riproposizione del piano di riequilibrio a 20 anni. Consentirebbe, solo nel 2018 e nel 2019, di avere a disposizione quasi 25 milioni di euro in più per non diminuire i servizi».
Rifiuti, fogne e acqua. Qual è la soluzione?
«La creazione della MessinaServizi Bene Comune va nella direzione di razionalizzare e rendere più efficienti ed economici i servizi pubblici. Messinambiente era un disastro, l’Atm non aveva contratto di servizio come le altre partecipate e non aveva bilanci approvati da un decennio, l’Amam per la prima volta ha chiuso un bilancio con cinque milioni di attivo. La gestione in house dei servizi, con personale e mezzi comunali e senza appalti a soggetti privati, consentirà di proseguire sulla strada della normalizzazione e dell’efficienza».
Cosa cambia da fare il rivoluzionario a fare il sindaco? Pensa che sia ancora possibile per un rivoluzionario guidare una città come Messina?
«Certo che sì. La rivoluzione non è un atto di guerra, è un messaggio rivolto ai messinesi: cambiare mentalità, passare dal clientelismo al diritto, poter dare per scontata l’onestà degli amministratori ma senza fermarsi a questo. Ho scelto una giunta di professionisti nominati in funzione delle loro competenze, non dietro indicazione di questo o quel partito. E i risultati si sono visti. Questa è già rivoluzione per una città come Messina».
Cosa lascia di veramente diverso rispetto a cinque anni fa?
«Credo che su alcune conquiste non si tornerà più indietro. E non parlo solo dell’assenza, in cinque anni di amministrazione, di un solo atto clientelare: abbiamo razionalizzato i servizi, stabilizzato i precari, messo mano alla razionalizzazione delle partecipate, dato un impulso alla raccolta differenziata che in questa città non esisteva, migliorato in maniera pazzesca i trasporti: cinque anni fa marciavano appena 15 autobus per 240 mila abitanti, oggi sono 80 e ne stanno arrivando altri, compresi quelli elettrici. Abbiamo quasi completato il risanamento di Fondo Fucile e Fondo Saccà, ci sono già i primi contratti d’acquisto per gli immobili nei quali andranno a vivere gli ex baraccati e che non saranno più ghetti come quelli che lasciano. Se penso alla situazione di partenza, sono fiero e quasi commosso di quello che siamo riusciti a fare, ma soprattutto abbiamo creato e riportato un modo di fare politica trasparente, con le porte e le finestre aperte e difficilmente qualcuno riuscirà a chiudere e sbarrare di nuovo le porte ai messinesi».
Cosa farà se non dovesse entrare in consiglio comunale?
«Purtroppo non credo che tornerò a insegnare educazione fisica alla scuola media Enzo Drago dove ho lavorato per oltre trent’anni perché probabilmente siamo dentro i termini del pensionamento. Questa da sindaco è stata un’esperienza incredibile e gratificante anche se enormemente faticosa, ma il contatto quotidiano con i ragazzi è una cosa altrettanto bella. Certo, dovrò aspettare altri cinque anni prima di andare in pensione…»
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