«È sicuramente una campagna elettorale più serena rispetto alla precedente, senza scontri epici e, da questo punto di vista, potrebbe risultare un po’ noiosa». A poco più di un mese dal voto per l’elezione del nuovo sindaco di Palermo, già da diverse settimane le vie della città sono affollate da manifesti e slogan. Con l’aiuto di un esperto, il semiologo Francesco Mangiapane, abbiamo cercato di mettere in luce le differenze di linguaggio e stile dei nove candidati, tra hashtag virali e claim. Dottore di ricerca in Disegno industriale, arti figurative e applicate, Mangiapane si occupa di sociosemiotica della cultura e ha approfondito proprio le questioni legate all’identità visiva e al brand, a Internet e ai social media, al cibo e all’identità culturale. A lui abbiamo chiesto una riflessione su questa campagna elettorale che sembra non entusiasmarlo troppo, soprattutto rispetto a quella di cinque anni fa.
«È meno interessante perché presenta per un semiologo schemi abbastanza tipici, non come quella precedente». In realtà, alcuni elementi di novità ci sono e uno riguarda la scelta, da parte dell’attuale sindaco Leoluca Orlando, di un politico «che si presenta ai cittadini fiero delle cose che sono state fatte». L’idea per Mangiapane è che il primo cittadino stia puntando all’immagine di una sorta di «città viva di grandi eventi che dovrebbe parlare per sé rispetto alla sua candidatura. Un elemento di novità in un contesto in cui spesso i politici si sono presentati quasi vergognandosi degli atti politici precedentemente compiuti».
La posizione di Orlando è interessante anche nella misura in cui «ha fatto pochissima comunicazione, mi riferisco ai manifesti, in giro se ne vedono pochi. La sua è una retorica dell’anticomunicazione: dopo il lancio dello slogan iniziale – Facciamo squadra – c’è l’idea che a parlare siano i fatti e la città e che il cambiamento non debba essere raccontato attraverso la comunicazione, ma la vita di Palermo. E quindi non ha ritenuto necessario puntare più di tanto su questo aspetto. In questo modo, si mette anche in un gradino più in alto rispetto agli altri candidati dicendo io di fare manifesti non ne ho bisogno». Lo studioso, poi, traccia un confronto con la strategia di comunicazione utilizzata cinque anni fa. «Penso che questo slogan sia frutto di una scelta tattica: durante la prima sindacatura spesso è stato accusato di leaderismo e ora vuole collocarsi in una posizione di maggiore apertura. Una promessa di fare un passo indietro rispetto alla società civile».
Ismaele La Vardera – inviato della trasmissione tv Le Iene che ha lanciato la sua campagna su Facebook – per Mangiapane è probabilmente il candidato «meno riconoscibile» ed è per questo che ha puntato su una meta-comunicazione. «Il suo modo di proporsi nei confronti dell’elettorato è un manifesto che parla di altri manifesti, con un gioco comunicativo che rimanda ai media. È interessante perché a farlo è proprio un uomo dei media. Gioca sui generi della comunicazione di massa e crea un cortocircuito che dovrebbe far emergere la sua immagine». Il suo slogan, forse non a caso, è Contro i golia per una città libera. «È una sorta di presentazione in vista di un’evoluzione che probabilmente non sarà quella di fare il sindaco della prossima candidatura, ma di una leadership di cui si inaugura la corsa».
Tra gli outsider figura sicuramente il musicista Tony Troja che punta su una campagna low cost. Il suo slogan è La volontà politica che adesso c’è. «Negli anni ’50 Roland Barthes scriveva che lo sguardo che il politico mette nel manifesto elettorale è di per sé significato. Quello che mi ha colpito di Troja è proprio questo sguardo che sembra indignato, di sfida nei confronti di colui che guarda. In un certo senso cerca di fare immedesimare coloro che sono arrabbiati o comunque hanno un atteggiamento di forte critica, cercando di farsi riconoscere dai propri elettori in funzione di questo atteggiamento emotivo. Lo sfondo, in questo caso, è sia un simbolo identitario di palermitanità, ma è anche il luogo del potere politico della città».
Infine, il candidato operaio Gaetano Tanino Cammarata, che corre con la lista 1 di noi e che sposa l’idea «del qualunquismo. Rappresenta una sorta di normalità perché lui è uno di noi».
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