Cittadella, bruciato furgone del venditore di quaderni «Atto vandalico, ma io non me ne andrò mai da qui»

Ha lavorato per molto tempo nel settore delle forniture di cancelleria per gli uffici ma, dopo la chiusura della sua attività «per colpa delle troppe tasse da pagare allo Stato», il signor Franco – nome di fantasia – da quattro anni vende i suoi articoli davanti a uno degli ingressi della Cittadella universitaria, utilizzando un furgone per conservare penne e quaderni. Ma quattro giorni fa, il 5 febbraio, il suo mezzo è andato a fuoco. Un atto sul quale non sono ancora chiare le dinamiche che, però, non ha scoraggiato Franco che ieri mattina è tornato sul posto di lavoro con la sua macchina. «Io spesso ho lasciato il furgone qui – racconta – sarà sicuramente una stupidaggine di qualche ragazzino, forse ubriaco o sotto l’effetto della droga. Non ho altre spiegazioni plausibili. Credo si tratti di un incendio doloso – continua – un motore diesel come il mio non prende fuoco così, da solo». 

L’uomo esclude anche che si possa trattare di qualche petardo o fuoco acceso durante i festeggiamenti agatini. «Qui non passa la Santa – afferma parlando con dei ragazzi che chiedono informazioni sull’evento – non credo si sia trattato di questo. Penso piuttosto sia stata una crudeltà di qualche vandalo». Per quanto riguarda la genesi del rogo, il commerciante crede che qualcuno possa avere versato della benzina sul proprio mezzo, accendendo poi con qualche fonte di calore. Anche se potrebbero essere valide molte altre ipotesi, compresa quella del guasto. «Il gesto potrebbe anche essere una sorta di rituale di ingresso per entrare in qualche gruppo malavitoso – continua – ma non ho onestamente idea delle motivazioni. Non ho mai ricevuto minacce da nessuno, tanto che non ho nemmeno fatto denuncia, neanche contro ignoti». 

Il fatto – che ha suscitato la reazione di solidarietà di molti studenti, che ora vogliono fare una colletta per aiutarlo –  tuttavia sembrerebbe non aver scalfito lo spirito del lavoratore. «Grazie ad alcuni amici che mi stanno aiutando oggi sono potuto tornare con qualche articolo da vendere – spiega – Fortunatamente se io busso a una porta si apre un portone, perché tutti mi vogliono bene». «Ho chiuso il mio primo negozio dopo 25 anni di lavoro e prima di questo evento avevo un sogno – conclude – accumulare una somma sufficiente per riaprire un’attività, che avrei chiamato L’Araba fenice. Ora, dopo l’incendio dell’altro giorno il nome mi sembra ancora più azzeccato». 

Diversi utenti della pagina Facebook Spotted Unict hanno chiesto chiarimenti sul fatto e molti studenti, che conoscono bene l’uomo, hanno proposto di dargli una mano. «Perché non fare una piccola raccolta fondi? – si chiede un utente – Sarebbe solidale nei confronti di una persona. Se mettessimo cinque euro ciascuno – conclude – moltiplicato per le sole persone che hanno messo “mi piace“, sarebbe un piccolo gruzzoletto, ma un grande gesto».

Mattia S. Gangi

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