Piano da 900mila euro per Rom, Sinti e Caminanti «Aiuto per casa e lavoro contro logica del campo»

Quasi un milione di euro per dire addio per sempre alla logica dei campi e garantire i diritti basilari alle comunità Rom Sinti e Caminanti di Palermo: fuoriuscita dal sommerso, accesso ai servizi sociali e una soluzione definitiva ai problemi di burocrazia e anagrafe. È questo l’obiettivo che vuole raggiungere il Comune di Palermo attraverso i fondi stanziati nel Pon Metro, nell’ambito dell’Asse 3 – Inclusione sociale. Alla voce Interventi educativi domiciliari presso le famiglie per favorire accompagnamento all’autonomia abitativa (Rom, Sinti, Caminanti) il Comune prevede una spesa di 974.160 euro per cercare di superare, secondo la logica della Comunità europea, una situazione di degrado che va avanti ormai da troppi anni. 

Si tratta di insediamenti precari sotto tutti i punti di vista, a partire da quello igienico sanitario fino ad arrivare alle problematiche relative all’educazione dei più piccoli. L’idea è quella di dare l’opportunità a queste persone, come chiede la comunità europea, di ottenere una sistemazione stabile. Gli interventi, mirati all’inserimento di queste comunità in un percorso di ricerca di un lavoro e di un’abitazione saranno indirizzati solo alle famiglie o alle singole persone che intendono «aderire al progetto e prendersi l’onere di rispettare tutto quello che sarà contemplato al suo interno» dicono dall’unità di progettazione speciale del Comune. Non ci sarà assistenzialismo inteso come «noi vi diamo le case».

Allo stesso tempo i fondi stanziati rappresentano «un budget significativo che può agevolare un buon numero di persone». Le ricadute attese del progetto sul territorio sono molteplici. Attraverso l’applicazione della Strategia Nazionale sui nomadi, si cerca di andare oltre le logiche del campo come unico luogo dove poter mantenere la propria identità con percorsi personalizzati mirati all’integrazione socio lavorativa. 

In particolare si punta a fare venire fuori dalla zona grigia del sommerso le attività lavorative sono svolte tradizionalmente da queste comunità garantendo l’accesso ai servizi sociali e sanitari e il supporto legale perché finalmente si possa regolarizzare la loro posizione. Uno dei problemi che limitano l’accesso al mondo del lavoro è storicamente quello dei documenti non in regola. Si tratta in prevalenza di kosovari e serbi fuggiti durante la guerra. Molti hanno perso le carte di identità e quando possono si appoggiano a un coniuge. Il problema del degrado nei campi in città ha attirato su queste comunità fenomeni di intolleranza da parte dei cittadini. Per questo sono previsti interventi anche per agevolare l’integrazione e prevenire e contrastare eventuali fenomeni discriminatori.     

In particolare le cifre che verranno impiegate sono spalmate in tre anni a partire dal 2018, seguendo un cronoprogramma di spesa. Si parte dai 121.770 del primo anno ai 487.080 del 2019, fino ai 365.310 del 2020. Per il 2017, in particolare, non è previsto nessun fondo perché, specialmente gli ultimi mesi dell’anno, saranno preparatori per gli interventi successivi. Quello che è contenuto in via teorica nel progetto deve poi trasformarsi in un bando pubblico che l’amministrazione deve istituire per affidare il servizio a chi poi materialmente andrà a realizzare quanto previsto. «C’è tutto un percorso giuridico che è connesso con la durata del Pon». 

Questo intervento – spiegano ancora – è collegato con altri che iniziano quest’anno, «non aveva senso avviarlo senza gli altri servizi di supporto come l’Agenzia sociale per la Casa o l’accompagnamento all’autonomia abitativa». Tutti i progetti sono pensati per operare in modo sinergico per risolvere il problema abitativo accompagnare le persone in un percorso di presa in carico globale. In questo caso quello per le comunità emarginate è orientato alla fuoriuscita dal campo per i nuclei che vogliono aderire e che vengono così inseriti in questo percorso. 

Nel progetto sono elencati, in termini percentuali i risultati da raggiungere che in questo caso sono il  5 per cento delle 280 persone interessate indicate attualmente nel progetto che hanno ottenuto un lavoro entro un anno dalla conclusione dell’intervento e stessa percentuale anche per quanto riguarda l’ottenere un’abitazione stabile. «Si tratta degli obiettivi minimi, elencati in modo indicativo, dettati anche dalle esperienze precedenti ma nella realtà si dovrà fare anche un nuovo lavoro di censimento – riferiscono ancora dal Comune – tra l’altro non sappiamo se aderiranno al progetto altri Comuni che ricadono nel distretto socio sanitario 42. Se dovessero riferire la sussistenza di problematiche dello stesso tipo potremo capire meglio, in fase di pubblicazione dei bandi, dove è necessario intervenire». 

Stefania Brusca

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