«Finora avevamo trovato ostacoli e porte chiuse, con questo governo invece registriamo un’apertura». E’ soddisfatto Pietro Macaluso, sindaco di Petralia Soprana, al ritorno da Roma dopo il tavolo di confronto che si è tenuto ieri presso la sede del ministero della Salute. Insieme a lui una delegazione di colleghi in rappresentenza delle aree interne delle Madonie e dei Nebrodi, le due zone montuose della Sicilia dalle molte similitudini. A partire dai disagi, come la chiusura generalizzata dei punti nascite. In nome dell’efficienza e del risparmo (ma sarebbe più giusto parlare di tagli al welfare state) negli ultimi anni sono stati chiusi i punti nascite degli ospedali che garantivano meno di 500 parti all’anno.
Un vero e proprio incentivo allo spopolamento, per coloro che nonostante tutto scelgono di vivere nelle aree interne del Palermitano. Poco più di un anno fa l’ultimo Comune a rischiare di perdere il proprio reparto di maternità è stato Cefalù. Che, dopo la chiusura di quello di Petralia nel 2015, sarebbe stato un ulteriore brutto colpo per il territorio. Ecco perché, dopo anni di difficoltà, una delegazione di sindaci madoniti e nebroditi sta provando da qualche tempo a rilanciare le rivendicazioni, per superare più in generale le numerose criticità degli ospedali delle aree interessate.
All’incontro di ieri per le Madonie erano presenti i sindaci Pietro Macaluso (Petralia Soprana), Franco Calderaro (Castellana Sicula), Francesco Migliazzo (Gangi), Leonardo Neglia (Petralia Sottana), Piercalogero D’Anna (Bompietro), Luigi Iuppa (Geraci Siculo), Lillo Puleo (vicesindaco di Blufi) e Sandro Silvestri (assessore di Polizzi Generosa). Mentre, in rappresentanza del ministro Roberto Speranza, era presente la dottoressa Elisa Gullino. «Abbiamo chiesto un incontro alla luce dell’apertura che lo stesso ministro aveva manifestato durante la campagna elettorale per il voto in Emilia Romagna – spiega il sindaco Macaluso – Era stato proprio Speranza ad affermare che nei centri montani e nelle aree disagiate la norma che sostanzialmente aveva stabilito in maniera matematica la chiusura dei punti nascite, dove non si raggiungevano i 500 parti, andava ridiscussa caso per caso. Che poi è la stessa norma che ha portato alla chiusura nel 2015 del punto nascita di Petralia».
Da quella che era non solo una promessa elettorale ma anche un preciso impegno politico, sono ripartiti dunque i sindaci siciliani. Il confronto di ieri pomeriggio, a detta di tutti i presenti, si è rivelato proficuo. La dottoressa Gullino ha confermato che la volontà del governo nazionale è quello di rivedere la legislazione in materia. Per invertire il processo dello spopolamento delle aree interne ciò sarebbe già un buon passo.
«Se noi non creiamo i presupposti affinché la gente possa trovare un sostegno nella sanità pubblica, poi non possiamo sorprenderci se c’è chi continua a migrare – osserva Macaluso – Il governo ha poi ribadito che il parere del comitato nazionale del percorso nascite, che è l’ente che detta i limiti e le condizioni, non è un parere obbligatorio e vincolante ma soltanto tecnico. Poi le Regioni possono scegliere se seguire le indicazioni o muoversi in difformità a queste». A seguito di queste premesse il ministero della Salute ha chiesto ai sindaci di elaborare un dossier unico, con i dati sanitari di tutti i Comuni delle Madonie (e dei Nebrodi), per poter poi giungere alla convocazione di un tavolo unico di confronto con tutte le istituzioni e gli enti sanitari coinvolti.
«Alla luce della riunione di ieri, con il quale il governo si è impegnato a tutelare davvero le aree più svantaggiate, è emerso che la sanità pubblica può garantire nel nostro territorio la possibilità di restare – conclude il primo cittadino madonita – L’apertura del ministero è un motivo di soddisfazione e dimostra che la battaglia congiunta per la rivendicazione dei più elementari diritti paga sempre».
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