L’Europa ha il diritto di chiedere la restituzione dei capitali investiti nell’aeroporto di Comiso e la Sicilia non ha scuse campanilistiche da accampare. L’unica cosa da fare è convocare, dopo le elezioni, una immediata conferenza di servizi con l’Enac, l’Enav e l’ente di gestione dell’aeroporto per far partire lo scalo di Comiso entro l’anno”.
Lo dice Claudio Fava, candidato della Sinistra alla presidenza della Regione siciliana (è appoggiato da Sel di Nicki Vendola, da Italia dei Valori, dalla Federazione della Sinistra, dai Verdi e da vari ‘Cartelli’ delle Sinistre). Fava interviene dopo che il quotidiano La Stampa di oggi ha pubblicato la notizia stando alla quale l’Unione Europea si appresterebbe a chiedere indietro alla Sicilia i 20 milioni di euro di fondi strutturali erogati per la trasformazione dell’aeroporto militare di Comino si scalo civile.
L’Unione Europea, che con i fondi strutturali – e non soltanto con i fondi strutturali – ha gettato un sacco di soldi in iniziative strampalate in Europa e anche fuori dall’Europa (il nostro giornale, nei mesi scorsi, ha pubblicato un’inchiesta su un ‘regalo’ fatto negli anni passati da Bruxelles alla Tunisia retta allora da Bel Alì) richiede indietro, guarda caso, i soldi solo alla Sicilia. Perché?
E’ noto che a Comiso non si vola grazie allEnac, lEnte di vigilanza per laviazione civile, e allEnav la società che fornisce il servizio di controllo del traffico aereo. La pista dell’aeroporto di Comiso non è ancora certificata. Tra l’altro, il nuovo piano del ministro dei ‘Banchieri’, Corrado Passera, ha stabilito che l’aeroporto Ibleo non è strategico…
L’Unione Europea – retta ormai da affaristi, da commercianti e da varie e spregiudicate massonerie finanziarie – dovrebbe chiedersi perché non si riesce ad aprilo lo l’aeroporto di Comiso. Ma non se lo chiede perché chi oggi non vuole aprire lo scalo Ibleo ragiona con le stesse logiche ‘banditesche’ oggi tanto di moda tra Strasburgo e Bruxelles.
Il primo problema è rappresentato dall’Enac retto dal siciliano Vito Riggio, il presidente di tutte le stagioni aereo-politiche del nostro Paese, visto che rimane seduto sulla poltrona sia con con Governi di centrodestra, sia con i Governi di centrosinistra. (foto aeroporto di Comiso tratta da ilclandestino.info)
Per motivazioni più esoteriche che economiche Vito Riggio, da sempre, bontà sua, sostiene che alla Sicilia bastano gli aeroporti di Palermo e di Catania. La tesi del presidente dell’Enac presuppone la presenza, nella nostra Isola, di un sistema autostradale e un sistema ferroviario di buon livello.
Da anni si cerca di spiegare a Riggio che la Sicilia può contare su un sistema autostradale sgangherato e su ferrovie neo-borboniche. Il presidente dell’Enac non ci crede. Ed ha le sue ragioni: pur avendo fatto Liceo e Università a Palermo, Riggio, appena ventenne, alla fine degli anni ’70, è stato catapultato dalla Cisl a Montecitorio perché allora era l’unico democristiano dell’Isola che aveva letto tutta l’opera di don Luigi Sturzo (l’altro che conosceva le opere del prete Calatino era Calogero Mannino, ma era agrigentino e alla Cisl non piaceva).
Per oltre venticinque anni Riggio ha fatto il parlamentare nazionale muovendosi tra aerei e auto blu. In Sicilia non ha mai preso un treno e non ha mai guidato un’automobile. E quindi pensa che le autostrade e le ferrovie siciliane sono come quelle venete e lombarde.
Oltre a creare problemi a Comiso, Riggio ha ‘armato una turilla’, fino ad oggi ben riuscita, contro l’aeroporto di Agrigento. Inutile raccontargli che per arrivare da Palermo ad Agrigento la finta strada a scorrimento veloce fa schifo, perché lui non ci crede; inutile dirgli che arrivarci dalla Castelvetrano-Sciacca è un mezzo delirio, perché non ci crede; resta Caltanissetta, strada ancora in costruzione tra appalti e sospiri.
Riggio sostiene che il numero di passeggeri che potrebbero arrivare ad Agrigento non giustificherebbe l’investimento. E’ la stessa cosa che dicevano per Trapani, quando negavano l’autorizzazione alla realizzazione dell’aeroporto civile di Birgi. Poi Trapani ha avuto comunque la forza di realizzare l’aeroporto. E, grazie ai voli low cost, i turisti, in provincia di Trapani, si sono moltiplicati. (a sinistra, un cogitabonda immagine del presidente dell’Enac, Vito Riggio, foto tratta da acquadipoppa.com)
La stessa cosa, a quanto pare, non deve avvenire ad Agrigento. E il motivo è semplice: con i voli low cost, nonostante la dabbenaggine del Comune di Porto Empedocle, che ha autorizzato la realizzazione di un inutile quanto balordo rigassificatore, grazie alla presenza delle Valle dei Templi, i turisti si precipiterebbero ad Agrigento in tutte le stagioni, alterando gli attuali flussi turistici.
Voi direte: Vito Riggio allora è un ‘ascaro’? Niente affatto. Il presidente dell’Enac vive di convinzioni, alcune giuste, altre sbagliate. Sui piccoli aeroporti siciliani, a mettergli in testa le idee sbagliate sono i furbacchioni che da decenni creano probleni alla Sicilia per non far decollare il turismo. A Trapani sono riusciti liberarsi da questo giogo. Ad Agrigento e a Comiso non ci riescono.
Sapete, cari lettori di LinkSicilia, perché non vogliono che venga aperto l’aeroporto di Comiso? Ve lo diciamo noi. Tra la provincia di Ragusa, Gela e la provincia di Siracusa esistono grandi estensioni di ortaggi di pieno campo e un gran numero di serre. Attualmente – è il caso del pomodorino e del datterino di Pachino – questi prodotti vengono depredati ai produttori da un sistema banditesco di commercianti.
Pensate: al produttore di Pachino e Porto Palo di Pachino il pomodorino viene pagato da 0,30 a 0,50 euro al chilogrammo, per essere rivenduto nei mercati del Centro Nord Italia a 8 euro al chilogrammo. Va ancora peggio con il datterino, pagato a meno di un euro al chilogrammo ai produttori di Pachino e di Porto Palo di Pachino e rivenduto nel Nord Italia a 12 euro al chilogrammo.
Se apre lo scalo di Comiso c’è il ‘serio’ pericolo che – come direbbero gli economisti – che si accorci la filiera. Ci sarebbe sempre meno bisogno degli autotrasportatori. E il valore aggiunto di questi prodotti, che oggi finisce nelle tasche dei commercianti, andrebbe invece a sostenere gli agricoltori di Pachino e di Porto Palo che oggi sono alla fame.
Ovviamente, non ci sono solo i pomodorini e i datterini, ma anche altri ortaggi e anche frutta. Tutti prodotti che debbono essere ‘derubati’ per quattro solidi ai produttori per consentire ad altre figure di arricchirsi.
Scoperti i motivi ‘arcani’ per i quali l’aeroporto di Comiso non deve aprire i battenti, va anche considerata una domanda posta da Claudio Fava: “Ha senso, in termini di naturale competizione sul mercato, che gli aeroporti di Comiso e di Catania abbiano come proprietario la medesima società?
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