Caso Farmacia, la parola ancora ai periti «Nel 2005 c’era l’ipotesi di contaminazione»

Nuova udienza ieri del processo in corso al Tribunale di Catania per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata all’interno dell’ex facoltà di Farmacia nei confronti di otto imputati tra dirigenti, professori e tecnici amministrativi dell’Università etnea all’epoca dei fatti.  Al centro di questa fase del procedimento, le testimonianze di due tecnici della It group, la società di indagine e bonifiche ambientali a cui l’università etnea si è rivolta nel 2005. Dopo la prima giornata di testimonianza, è stato ancora il turno di Domenico Prestia, fino al 2008 geologo del gruppo lombardo. Nei laboratori «non ho mai visto persone che indossavano mascherine», afferma con sicurezza rispondendo alle domande degli avvocati delle parti civili, parlando anche della sensazione di bruciore alla gola provata all’interno dei locali. Già nel 2005, riferisce il geologo, si parlava di un sito valutato come «potenzialmente inquinato».

Molto dettagliato e in certi momenti duro è il contro esame della difesa, soprattutto dell’avvocato Pietro Granata. Tema centrale dell’interrogatorio è stata l’esatta cronologia delle verifiche effettuate e – soprattutto – la valutazione dei riscontri. Uno dei punti più spinosi è senza dubbio capire se la concentrazione di tracce «trascurabili ma presenti e ricorrenti in più rilevamenti» – come scritto nelle valutazioni dopo il test pilota che doveva servire a fornire un primo quadro generale della situazione – fossero rilevanti. E, dunque, se l’Università dovesse notificare tali riscontri. Oppure, con un ribaltamento delle responsabilità, se fossero gli stessi tecnici in obbligo di denunciare la situazione.

La questione dei lavori nelle fognature – interventi per i quali la società che aveva l’incarico di indagare non era stata avvisata – è una di quelle più complesse. Se da un lato i tecnici dell’It group non avevano chiesto espressamente di essere avvisati, dall’altro questi lavori avrebbero permesso di effettuare in contemporanea dei prelievi di terreno utili per stabilire lo stato dell’eventuale contaminazione. E le planimetrie – vecchie e nuove – non sono mai state consegnate al geologo e ai suoi colleghi.

Dopo la lunga testimonianza di Domenico Prestia, è stata la volta dell’ingegnere Elisa Neri che ha coordinato il rapporto con l’Ateneo già dalle prime indagini, i cosiddetti audit. Durante il primo sopralluogo, racconta, sono stati i docenti del dipartimento di Farmacia ad accompagnare l’ingegnere nella sua ispezione. Il tutto è partito, spiega, dalla segnalazione di problemi fisici. Sempre gli stessi: bruciore al naso, alle mucose delle labbra, alla gola. Anche Neri ha parlato delle condizioni della fognatura, di cui ha realizzato anche un rapporto fotografico: una tubazione letteralmente «a pezzi», che faceva pensare allo sversamento dei prodotti di laboratorio nei lavandini. Secondo l’esperto, qualsiasi liquido, con una fognatura ridotta in uno stato disastroso, avrebbe percolato, contaminando anche il terreno. Con il rischio di portare nuovamente il tutto in superficie con i lavori successivi all’impianto fognario.

Sulla base di quanto raccolto anche con altri strumenti – che avevano rilevato tracce di sostanze organiche volatili – tre erano state le raccomandazioni dell’It group: monitorare la situazione attraverso dei carotaggi, chiudere le aule nelle quali si erano verificati maggiormente i fenomeni riferiti dal personale e procedere successivamente alla messa in sicurezza.

«Avevo segnalato che il caso rientrava nel Dm 471/99». Per l’ingegnere Neri c’era dunque l’ipotesi di contaminazione. Ma i vertici del dipartimento di Farmacia scelsero di agire solo con la messa in sicurezza, senza effettuare i prelievi di terreno consigliati anche dal geologo Prestia. «Prima si capisce, poi si agisce – spiega con semplicità Elisa Neri – I test non erano esaustivi, non si conosceva lo stato dei luoghi».

La prossima udienza, fissata per il 13 luglio, avrà come oggetto ancora la testimonianza dell’ingegnere. Intanto è stato affidato a un perito informatico il computer dal quale Emanuele Patanè ha scritto prima di morire il suo memoriale su quanto accadeva nel cosiddetto laboratorio dei veleni. Compito del tecnico sarà verificare quando è stato redatto il file e se ci sono dubbi sull’ammissibilità di questa importante prova per l’accusa.

[Foto di tk-link]

Carmen Valisano

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