Casapound, pacchi di alimenti distribuiti ad Agrigento In quartieri popolari neofascisti preparano le elezioni

Pasta, farina, zucchero, sale, olio, acqua, latte e altri alimenti per bambini. Sono i pacchi della spesa col marchio della tartaruga, simbolo di Casapound, che la formazione neofascista ha distribuito nei giorni scorsi ad Agrigento, nel quartiere popolare di Villaseta, nato come promessa di una nuova urbanizzazione, ma che ancora oggi versa in grave stato di degrado, non solo sociale ma anche ambientale. Arriva dunque anche in Sicilia la prassi che gli attivisti di estrema destra hanno portato in diverse città italiane. 

All’ombra dei Templi Casapound ha il volto di Fabrizio Sutera Sardo, 25 anni, studente agrigentino di Scienze politiche e relazioni internazionali all’università di Pisa, e candidato alla Camera nel collegio uninominale di Agrigento. Con lui, sempre in giacca e cravatta anche quando ci sono da distribuire le buste alimentari, un’altra dozzina di militanti. «Sono venuti prima delle elezioni e sono qui adesso anche durante la campagna elettorale – commenta la signora Maria, con il figlio piccolo in braccio, una delle persone che si avvicinano al banchetto -. Sono qui per aiutarci e la cosa mi fa piacere, perché noi ne abbiamo bisogno».

La donna non è l’unica ad apprezzare l’iniziativa, anche se quasi nessuno si preoccupa di conoscere le parole d’ordine di Casapound. Il candidato premier Simone Di Stefano ha rivendicato «l’orgoglio di rappresentare il fascismo sociale, nello spirito – ha detto – continuiamo a essere fascisti». Concetto ribadito anche dal referente siciliano, Pierluigi Reale: «Siamo fascisti, ma il nostro è un partito riconosciuto e finora non censurato», ha spiegato durante la campagna per le Regionali. Camminando per le strade della frazione agrigentina, non c’è spazio per nostalgie del ventennio. C’è chi passa e guarda da lontano i militanti consegnare il pacco alimentare, qualcun altro a bassa voce esclama: «Su tutti come l’antri politici, cercanu sulu voti!». Solo una signora, incuriosita, va oltre il pacco di pasta: s’avvicina, parla con i militanti e gli espone i problemi di Villaseta, quelli che la politica locale non ha mai risolto: dall’acqua che fatica ad arrivare, alla spazzatura, fino alle buche presenti lungo le strade. «Io non vi conosco, chi siete? Che fate?», chiede un’altra donna. Gli attivisti tirano fuori un volantino elettorale e lo lasciano alla signora. «Qui – rispondono – trova tutto su di noi». 

La distribuzione dei pacchi della spesa da parte di Casapound ha fatto discutere soprattutto a Roma, in occasione delle elezioni per la municipalità di Ostia, dove Roberto Spada – accusato di associazione mafiosa oltre che dell’aggressione al giornalista della trasmissione Rai Nemo – ha pubblicamente appoggiato il candidato del partito neofascista. In quell’occasione il Pd aveva anche presentato un’interrogazione parlamentare ipotizzando che la donazione degli alimenti potesse configurare un reato. «Voto di scambio? – risponde il candidato agrigentino Fabrizio Sutera Sardo – Noi non facciamo la distribuzione per averne un ritorno politico come qualcuno ha già detto; il fine è esclusivamente sociale, queste persone hanno bisogno d’aiuto, qui come a Porto Empedocle dove siamo già stati, realtà di quartieri popolari, tra precarietà e flessibilità».

Nei quartieri popolari di Agrigento Casapound ha già effettuato diverse distribuzioni di pacchi e i militanti promettono che continueranno anche dopo il 4 marzo. «Il reato di corruzione elettorale – spiega Valeria Rizzo, avvocato e segretario della Camera penale di Catania, sollecitata da MeridioNews – si configura quando c’è una promessa o un’offerta di un’utilità in cambio del voto elettorale. Nel caso in cui si raggiunge l’accordo a risponderne è anche l’elettore che ha accettato l’offerta o la promessa. Non sarà necessario, pertanto, dimostrare che il voto sia stato poi effettivamente dato, poiché il reato si consuma al momento dell’offerta. Sul piano probatorio occorrerà dimostrare che la promessa ci sia stata, ovvero che l’offerta fatta sia finalizzata a ottenere effettivamente la preferenza. La verifica se siamo davanti a un singolo episodio o comunque a episodi limitati al periodo elettorale – conclude – potrebbe contribuire a dimostrare se un’offerta sia effettivamente finalizzata a ottenere in cambio un voto».

Irene Milisenda

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