Un’altra notte di passione per il Calcio Catania. Dopo la notizia di ieri del fallimento di Finaria, gli occhi erano puntati sul bando per la cessione del club etneo. A caldo, era parso scontato che l’azzeramento della holding che detiene la maggioranza delle quote del club etneo trascinasse con sé anche le trattative per la vendita. Ma una speranza, seppure al lumicino, si era presto accesa. E oggi viene confermata: il bando resta, seppur modificato per aderire ai nuovi assetti e con tempi strettissimi per la sua pubblicità e lo svolgimento stesso. Una decisione per niente scontata quella degli ex commissari giudiziari, poi diventati curatori, e dei giudici: si tratta infatti di una situazione inedita nella storia del diritto fallimentare, che richiede letture alternative delle normative e un pizzico di creatività per fare quadrare il cerchio. Sforzi su cui non tutti avrebbero scommesso dopo la doppia bufera che si è scatenata sulla trattativa nell’ultima settimana.
Il bando resta, ma cambia l’impianto. Il fatto che non ci si muova più nell’ambito di un concordato preventivo, ma di un fallimento, fa sì che il nuovo testo non sia più vincolato alla proposta economica di Sigi. Eppure la richiesta dei curatori è rimasta sostanzialmente allineata alla precedente, senza stravolgere le trattative già fatte nonostante non fossero vincolati a questo. Adesso bisognerà vedere se anche l’offerta della spa rimarrà uguale. Inserite le informazioni necessarie sul contenzioso del club con gli eredi della famiglia di Salvatore Massimino – causa ancora aperta che, saltando fuori solo adesso, ha sostanzialmente portato al fallimento di Finaria – rimangono le clausole già previste nel vecchio bando: il subentro nelle fideiussioni per il debito del Calcio Catania nei confronti del Credito sportivo per la struttura di Torre del Grifo e l’impegno a versare a Finaria una parte del risarcimento in caso di vittoria del contenzioso relativo ai diritti tv del quinquennio 2010-2015.
Una notizia positiva dopo un periodo nero. La prima bufera, in ordine di tempo, era stata l’arresto di Antonio Paladino, uno degli animatori di Sigi, l’ex comitato divenuto spa proprio per acquistare il Calcio Catania e la cui offerta – forse solitaria – fa da base al bando. Con lui sono finiti indagati anche Renato Balsamo, in quel momento presidente del consiglio d’amministrazione di Sigi, e Giuseppina Licciardello, presidente del collegio sindacale. Subito sostituiti, è rimasto il monito del procuratore capo etneo Carmelo Zuccaro: «Chiaramente anche la sezione fallimentare, a cui abbiamo rappresentato questo problema, sta esaminando la situazione che avrà rilievo anche sulla trattativa».
Neanche il tempo di preoccuparsene, che ecco una nuova tegola: trascorso il weekend dagli arresti, il tribunale convoca in camera di consiglio i legali di Finaria che si occupano del concordato (Salvatore Nicolosi e Gaetano Sanfilippo) per discutere un’altra spinosa questione emersa la settimana prima. Si tratta del contenzioso pendente con la famiglia di Turi Massimino, fratello dell’ex storico patron del club etneo, per il 25,5 per cento delle quote della società rossazzurra (convertibili in un risarcimento). Una causa antica, con diversi rivoli, che vede Finaria impegnata in un ricorso in qualità di terzo interessato tra i due contendenti. In appello i giudici danno ragione agli attuali proprietari, stabilendo che le quote restano di Finaria, ma gli eredi Massimino propongono un ricorso in Cassazione, ancora non concluso.
Eppure la cosa salta fuori in maniera singolare. Capita infatti che il 6 luglio, il giorno dopo la partita decisiva per l’uscita del Catania dai playoff, l’avvocato Carmelo Barreca – che insieme a Giuseppe Gitto segue Finaria per questa causa – si presenti dai giudici del tribunale fallimentare per far sapere loro dell’esistenza di questo contenzioso, fino a quel momento ignoto ai più e le cui conseguenze non erano previste nel bando di vendita della società. La mail di posta certificata ai commissari di Finaria – passaggio informativo ritenuto più cortese – è solo dell’indomani, martedì 7 giugno. «L’ho fatto solo per scrupolo morale – spiega Barreca a MeridioNews – passavo dal tribunale e ho ritenuto di avvisare il presidente». Pare con tanto di copia della sentenza. Un tempismo misterioso che apre domande a cui non è detto che in futuro non si possa avere risposte.
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