Blutec, sit-in dei lavoratori davanti la prefettura Fiom: «Il Governo inizi confronto serio con Fca»

Stamane sit-in degli operai Blutec davanti alla prefettura di Palermo. I lavoratori, poco meno di un centinaio, protestano per il mancato rispetto degli impegni aziendali per il rilancio del sito industriale di Termini Imerese e lo sblocco della cassa integrazione dal primo di gennaio per i circa mille lavoratori tra 570 ex Fiat e 300 dell’indotto. A preoccupare tute blu e sindacati la situazione di stallo in cui è piombato il sito palermitano dopo l’addio dell’azienda del Lingotto nel 2011 e la mancata realizzazione del piano di rilancio industriale. 

Un quadro di incertezza amplificato dall’inchiesta per una presunta malversazione ai danni dello Stato della procura di Termini, poi trasferita a Torino dopo il pronunciamento del riesame che ha rimesso in libertà i vertici, il presidente Ginatta e l’a.d. Di Cursi. Nonostante siano tornati entrambi in libertà, Attualmente la società è ancora sotto sequestro gestita dal commissario Giuseppe Glorioso. Ma non è chiaro quale sarà l’esito della vicenda. «La mancata erogazione degli ammortizzatori sociali sta creando grande sofferenza per tutti i dipendenti Blutec e dell’indotto – afferma Roberto Matrosimone segretario Fiom Cgil Sicilia in attesa di essere ricevuti – Ci sono mille lavoratori che aspettano una risposta che deve arrivare dal ministero del Lavoro».

E poi c’è la questione del progetto di reindustrializzazione mai realmente decollato: «In attesa che il tribunale di Torino si esprima, chiediamo a Di Maio di iniziare un confronto serio con Fca per capire quali siano le sue reali intenzioni su Termini Imerese – prosegue – E poi vogliamo sapere quale sarà il futuro dello stabilimento. Se il prestito non verrà restituito dai vertici Blutec, Invitalia può rientrare nel capitale sociale. E se Fca si tira fuori, Invitalia si farà carico della progetto in attesa di trovare un nuovo partner che possa rimettere dentro i mille lavoratori che attendono da sette anni il rilancio» conclude.

Antonio Mercurio

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