Bianco in Consiglio, pioggia di critiche e poche difese «Basta con questo narcisismo davvero esasperante»

Ci sono riusciti. Dopo quasi quattro anni, i consiglieri comunali di Catania – da destra a sinistra – hanno forzato la mano del sindaco Enzo Bianco, portandolo a relazionare il suo operato e ad ascoltare le loro voci durante l’ultima riunione del senato cittadino. Un momento che molti aspettavano da tempo, un’occasione per poter guardare il primo cittadino negli occhi ed esporre le istanze, i problemi dei quartieri, le rimostranze delle categorie. Ripetute come un mantra dai diversi protagonisti della politica locale, durante le diverse sedute andate a vuoto, i momenti di stasi, le votazioni interminabili in cui, spesso, si è riuscito a racimolare la maggioranza solo per pochi voti. Cavalli di battaglia ma anche dure critiche personali, una timida difesa dagli scranni che ancora lo sostengono ma, in generale, lo spettacolo al quale si è assistito ieri sera sembrava il momento finale di un’epoca, una presa della Bastiglia in salsa etnea in cui forze contrastanti si stringono a coorte per organizzare il regicidio. E il primo a farsi avanti, in modo netto, è il vicepresidente vicario del Consiglio Sebastiano Arcidiacono, che punta al cuore della sindacatura di Bianco e lo incalza su quella che, secondo lui, è la caratteristica principale di quest’esperienza: la vanità

«Voglio vivere in una città dove nessuno possa sentirsi al di sopra della legge, neanche il sindaco di Catania – arringa Arcidiacono – Ho letto e ascoltato la sua relazione, signor sindaco, e l’ho trovata di scarso profilo. Lacunosa. Non si parla di commercio, delle partecipate, delle casse comunali. Se non per spot, si parla della differenziata. Una rappresentazione autocelebrativa che rischia di essere un’offesa per il Consiglio che ha dovuto richiamarla per essere qui questa sera». «Lei parla di soldi e posti di lavoro – continua piccato – e mi ricordava quel film interpretato da Antonio Albanese, si sono persi tremila posti di lavoro durante questa sindacatura. Ha citato il libro Le memorie di Adriano ma questa città sognata, questo desiderio del bello stride molto con la realtà». E aggiunge, tra il serio e il faceto: «Io più modestamente le cito le mie memorie, quelle di Sebastiano, e negli ultimi 28 anni lei è stato sindaco per oltre la metà. È un testo più grande di quasi un triplo della sua relazione. Gliela consegnerò alla fine con pagine a colori per una più semplice lettura», aggiunge impietoso.

«Abbiamo un’anticipazione di tesoreria annua di 150 milioni di euro – continua il vicepresidente – ma non si parla di partecipate, non le ha citate. In questi tre anni, hanno avuto perdite d’esercizio per circa 10 milioni di euro, con perdita del patrimonio netto di 12milioni di euro. Non si può criticare per quattro anni un bando per la differenziata che non funziona e prorogarlo per due, o si è incapaci o vuol dire che vi sta bene». Vola infine una stoccata su legalità e trasparenza. «L’accesso agli atti è complicato in questo periodo, anche per i consiglieri comunali, non si riescono ad avere i documenti in tempo – commenta –  Anche dal punto di vista della comunicazione istituzionale, non si capisce chi fa comunicati, chi li firma»«Il tentativo di raccontare cose false – conclude – fa il paio con quel’altro tentativo di condizionare il voto dei consiglieri e mi riferisco all’avvocato GirlandoUn fatto gravissimo per tutta la politica cittadina. La città sprofonda tra sorrisi di autocompiacimento e i sorrisi degli amici potenti, oltre alla pista ciclabile non abbiamo visto altro. Un narcisismo esasperato e esasperante che farebbe impallidire lo stesso Narciso».

La voce dei quartieri popolari, invece, si leva dai banchi dell’opposizione tramite l’intervento di Tuccio Tringale. Che, in un misto di commozione e rabbia, denuncia la sordità dell’amministrazione nei confronti di San Cristoforo e delle periferie, parlando senza peli sulla lingua di «fallimento».«I ragazzi, come me, che sono nati in queste aree non hanno la possibilità di usare spazi sociali, di crescere in condizioni che favoriscano un buon livello di educazione e di possibilità lavorative. Io sono stato presidente di un’associazione sportiva, nata nove anni fa, e oggi l’80 percento di quelli che una volta erano bambini si trova in carcere o ha già avuto problemi con la giustizia». Un dato che il consigliere definisce allarmante e che decreta «il mio fallimento ma anche quello dell’amministrazione». «Quest’anno la mia associazione chiuderà e sono stato sconfitto – conclude – Non mi piace dire di essere lasciato solo ma sicuramente in questa città ci si vanta di fare l’antimafia ma lei non è mai sceso a capire cosa vuol dire crescere in un quartiere come il nostro». 

A rievocare il fantasma della partitocrazia è invece Santi Bosco, capogruppo di Forza Italia, che accusa il primo cittadino di aver continuato un’opera di spartizione delle presidenze delle società partecipate «in nome di interessi politici e non di merito». «La sua maggioranza è stata in continua fibrillazione – arringa Bosco – lei ha resistito ma poi ha ceduto alle pressioni di un gruppo di potere che si è mosso per avere assessorati e nomine nelle partecipate. Sappiamo che un sindaco deve rendere conto, ha tutto il diritto di destinare le persone idonee. Ma nomine frutto di un gioco politico, della partitocrazia, andrebbero evitate in nome di meriti ed efficenza». Ad ultimare l’attacco sul mancato rispetto della legge è Manlio Messina che, come prevedibile, affonda sulla questione legata al fallimento della Simei. «Il sindaco che parla di legalità perché non ha preso il suo addetto stampa abusivo e gli ha detto: scusate, questo assessore ha fatto una cosa infamante per l’amministrazione? A prescindere dalla questione processuale, lei non ha speso una parola per l’azienda che è fallita, prima partita Iva di Catania. Poteva dire “ci rammarichiamo”. Questo non può funzionare, siete degli impuniti»

Una bordata arriva anche dalle file della maggioranza, dove Niccolò Notarbartolo si ricollega alla lettura del collega Bosco e parla di una politica che incapace di guardare oltre sé stessa. «Ci spieghi il perché in questo momento storico molti dei nominati alla presidenza delle società partecipate alla fine rinunciano – La politica non sa andare oltre, non riesce a riempire quelle caselle che mancano. Questo denota un chiaro momento di debolezza politica di questo sindaco, ostaggio di logiche partitocratiche inattuali». Agatino Lanzafame, da Catania Futura, sottolinea infine la mancanza di politiche per l’imprenditoria giovanile e, in generale per evitare la cosiddetta fuga dei cervelli dalla nostra città. «I miei compagni di scuola e di università sono stati costretti a lasciare la nostra città non per scelta ma per necessità. Non possiamo permetterci il lusso di ritenere un successo il fatto di aver fatto il nostro dovere. Dobbiamo permettere ai giovani di creare lavoro – conclude – di fare impresa, non quello delle grandi multinazionali che ci danno numeri poco attendibili». 

Una timida difesa, non priva di qualche criticità, viene delegata a Lanfranco Zappalà, del Partito democratico, unico insieme al capogruppo Giovanni D’avola e ad Alessandro Porto, che difende l’amministrazione guidata da Enzo Bianco. «Se la metropolitana è attiva è grazie a Bianco – spiega Zappalà – Stesso discorso per l’inizio dei lavori in corso dei Martiri e per tante altre opere oggi finalmente in cantiere. Ho ascoltato tantissime critiche oggi in quest’aula ma non ho sentito nulla riguardo le proposte che i miei colleghi hanno pensato per migliorare l’azione della giunta. Voglio anche dare qualche consiglio al sindaco – conclude – soprattutto sul settore del turismo. Noi stiamo facendo tanto ma dobbiamo riuscire a trattenere i turisti con azioni diverse. Grazie a questa sindacatura sono tornate le navi da crociera ma manca un percorso turistico in questa città, le informazioni non ci sono e molti turisti sono sbandati. E, infine, rivolgendosi a Sebastiano Arcidiacono, aggiunge: «Il suo è un discorso inaccettabile, se non si sente parte di questa maggioranza faccia una scelta coerente e si dimetta». 

Mattia S. Gangi

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