«”Ripartiamo dal Sud” è lo slogan scelto per cercare di stimolare la ripresa economica nazionale. Ma suona come una beffa. Come se la parola ripartiamo si debba intendere nel senso di partiamo di nuovo e ci allontaniamo per l’ennesima volta dal Meridione». È questo il commento sarcastico di Giuseppe Tomaselli, segretario del sindacato Fabi (Federazione autonoma dei banchieri italiani) di fronte all’annuncio della chiusura, entro il prossimo 30 giugno, di 312 filiali del Banco Bpm su tutto il territorio nazionale. In Sicilia, dove la banca può contare attualmente sue 85 filiali, le dismissioni programmate sono 23, di cui dieci solo in provincia di Catania. Tutte quelle cioè con il marchio Banco popolare siciliano.
«Il Catanese è il territorio più interessato di tutta l’Isola», spiega Tomaselli a MeridioNews. Quattro sono gli sportelli da cancellare nella città di Catania: le sedi in viale Africa, in via Etnea all’altezza di piazza Cavour, in viale Vincenzo Giuffrida e in corso Sicilia. A queste si aggiungo anche alcune delle filiali distribuite nei resto della provincia: a Sant’Agata Li Battiati, a Mascalucia, a Trecastagni, a Santa Maria di Licodia, ad Aci Castello e nella frazione di Macchia di Giarre.
Il progetto nazionale complessivo prevede la soppressione dal piano industriale del gruppo bancario di 600 filiali, entro la fine di quest’anno. «L’impatto al Sud è diverso, specie in territori che non hanno molte altre realtà bancarie. Qui in Sicilia – precisa – più di un Comune su tre non ha nemmeno uno sportello. Il danno più grave riguarda alcune zone del Catanese che rimangono scoperte». Il riferimento del segretario del Fabi è a Macchia di Giarre e Santa Maria di Licodia, dove quelli della Bpm sono gli unici sportelli bancari rimasti dopo l’addio di UniCredit. In particolare, il disagio maggiore sarà quello dei cittadini licodiesi. Per loro non ci sarà altra scelta: recarsi agli sportelli di Paternò e Belpasso, a circa otto chilometri di distanza dal loro Comune di residenza.
«Il problema che pure esiste dei clienti che verranno spostati su filiali vicine – afferma Tomaselli – è minimo rispetto alla ricaduta in termini occupazionali. I lavoratori di adesso non avranno un grande impatto perché verranno ricollocati in altre sportelli o nel fondo esuberi, per chi ha i requisiti minimi per la pensione». In pratica, al momento attuale, si tratta di una sorta di svecchiamento indolore su base volontaria dei lavoratori della banca. «Il problema vero riguarda il futuro – denuncia – perché queste chiusure significano la perdita di posti di lavoro sul territorio che non esisteranno più. Questo contribuisce a impoverire il tessuto economico e sociale siciliano perché, ancora oggi, le banche rappresentano in qualche modo il motore dell’economia anche locale».
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