Ars, tutti i mal di pancia dietro il ko del governo È mistero su un vertice di maggioranza ristretto

L’unica certezza sono i numeri: 64 presenti, 55 votanti. Ma dietro l’ennesimo ko del governo a Sala d’Ercole, le ipotesi e le ricostruzioni, tra i corridoi del Palazzo, sono tantissime. Su due punti concordano pressoché tutte le anime della coalizione di governo: non si sarebbe trattato soltanto di una «svista» (come tenta invece di minimizzare il governo) e il fatto che la ragione del malumore nella coalizione, non sarebbe da ricercare in un singolo episodio. Ogni deputato o gruppo politico, insomma, potrebbe avere motivazioni differenti.

Ma cos’è successo a Sala d’Ercole ieri sera? Intanto diversi dei presenti avrebbero registrato un’eccessiva fretta del presidente, Gianfranco Micciché, nell’aprire la votazione (con voto palese richiesto dal Pd) sull’emendamento soppressivo dei 5 Stelle. Nonostante la deputata di Ora Sicilia, Luisa Lantieri, sia stata sentita dagli inquilini di Sala d’Ercole chiedere a voce alta a Micciché di non aprire la votazione perché gli assenti in quel momento erano diversi.

Questi i fatti. Poi tra i corridoi della maggioranza le ipotesi si sprecano. C’è chi fa filtrare l’assenza del governatore Nello Musumeci, a Firenze per impegni istituzionali. C’è chi attribuisce la débâcle al vertice di maggioranza convocato nel pomeriggio di lunedì a palazzo d’Orleans. Un incontro che sarebbe stato convocato dal braccio destro di Musumeci, Ruggero Razza, al quale sarebbero stati invitati soltanto alcuni esponenti della maggioranza, tra cui Toto Cordaro, Roberto Lagalla, Mimmo Turano, Gianfranco Micciché. Le versioni, sul vertice, sono diverse: c’è chi parla di mal di pancia da parte delle forze politiche non coinvolte nella riunione (la Lega, Ora Sicilia, gli autonomisti di Raffaele Lombardo, Fratelli d’Italia, l’Udc), chi mette in dubbio che il vertice si sia realmente tenuto e chi sostiene che alla fine possa essersi trattato di una riunione ristretta con due o tre partecipanti al massimo

Ma i mal di pancia nella maggioranza sarebbero legati anche ad alcune scelte inserite nell’esercizio provvisorio, tra cui quella di finanziare alcuni teatri (quelli delle Aree metropolitane, rimasti a secco dopo lo stop dell’ultimo collegato all’Ars) e non altri. Altro motivo di frizioni sarebbe invece legato alle elezioni di secondo livello nelle ex Province, convocate per il prossimo 19 aprile. Nella maggioranza, infatti, si sarebbero resi conto soltanto dopo l’annuncio del governatore che le elezioni nelle ex Province fissate circa un mese prima delle amministrative lascerebbero senza rappresentanza gli 800mila siciliani residenti nei 66 Comuni al voto. La legge, infatti, contempla la possibilità di candidarsi alle elezioni di secondo livello soltanto se si hanno almeno 18 mesi di mandato elettorale da completare. Per cui i consiglieri e i sindaci uscenti non potrebbero candidarsi e i nuovi non saranno ancora stati eletti. Molti tra i deputati della coalizione avrebbero dunque chiesto l’ennesimo rinvio, argomento sul quale l’esecutivo non sarebbe disposto a trattare.

Come in un politico vaso di Pandora, le voci tra i corridoi del Palazzo riferiscono anche delle nomine dei revisori dei conti nelle Camere di Commercio dell’Isola, che dall’assessorato guidato da Gaetano Armao sarebbero state fatte senza concertazione con Forza Italia. Ancora, ecco che nel prossimo futuro la Regione sarà chiamata alla nomina dei direttori generali, altra voce in cima alla lista delle ragioni delle tensioni.

La crisi intanto, colpisce i dipendenti regionali che, in assenza dell’esercizio provvisorio, dovranno attendere ancora per gli stipendi. Ma il Palazzo appare sempre più chiuso nelle proprie dinamiche, tra esponenti della maggioranza impegnati a puntare il dito gli uni contro gli altri e deputati dell’opposizione pronti a ironizzare sulla coalizione in pezzi. E se fuori dal Palazzo i siciliani reclamano, potranno sempre contare sulle proverbiali brioches.

Miriam Di Peri

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