Caos Etna, la rivolta degli operatori può attendere «Strada per crateri nel project? Suicidio collettivo»

Nessun ritorno a manifestazioni eclatanti. Sebbene l’ipotesi di scendere di nuovo in piazza – ma stavolta a Castiglione di Sicilia  inizi a essere discussa, al momento, fra gli operatori turistici del versante nord dell’Etna prevale lo smarrimento di chi sta perdendo capra e cavoli. E non vede soluzioni pronte all’uso. «Se quei due non trovano l’accordo, sarà sempre peggio. Ci hanno detto di stringere i denti e stiamo perdendo pure quelli», ironizzano amaramente i partecipanti a un’assemblea, alla Pro loco di Linguaglossa, che segue l’incendio dell’auto del sindaco castiglionese Antonio Camarda. I due sono quest’ultimo e il suo collega linguaglossese Salvatore Puglisi

Avevano affidato la salvezza del comprensorio al project financing da 23 milioni per il sistema «Etna-Alcantara». Il piano, cioè, per appaltare il business delle escursioni ai crateri sommitali dell’Etna a dei privati che, in cambio, costruiscano una cabinovia e altre infrastrutture turistiche fra i due centri. Poi, dopo delle «osservazioni» assai incisive di Linguaglossa, tutto si è inceppato e i due sindaci hanno iniziato a litigare. Sull’idea che, in attesa del project, si possa varare un appalto temporaneo delle escursioni e sull’idea che, ove il piano venisse aggiudicato, alla cordata di imprenditori proponente venga subito assegnata la gestione della pista per quota 3000. «Noi riteniamo quest’ipotesi un suicidio collettivo – scandisce Nikos Lo Giudice, il portavoce del Comitato degli operatori – e avevamo pregato il sindaco Puglisi di lasciare la strada fuori dal project, quello è il nostro bene primario che non si può regalare a nessuno sulla base di un’idea di project che non si sa dove ci porterà».

Gli operatori – guide, imprenditori ed esercenti a vario titolo, piccoli albergatori di Linguaglossa – non se la prendono con il project e basta. «Il nostro interesse è solo di sbloccare le escursioni e poter lavorare, non siamo né contro né a favore». Per loro la priorità resta riportare i turisti a Piano Provenzana, la stazione turistica di Etna nord. «E i turisti vogliono andare a quota 3000, se non potranno farlo qui continueranno a scegliere il versante di Nicolosi, perché chi vuole l’Etna vuole arrivare ai crateri». A sud la funivia funziona, e fa affari d’oro. Viene a sua volta bocciata anche l’exit strategy che il sindaco Puglisi vorrebbe varare anche solo per mettere pressione a Castiglione, cioè assegnare le escursioni fino a quota 2300, ovvero fino al tratto di strada di sua competenza. «Sarebbe inutile», dice Lo Giudice. Camarda, però, resta inamovibile: eventuali appalti provvisori potranno essere varati, ma solo a condizione che si interrompano all’aggiudicazione del project. E dunque, altra conditio sine qua non, al passaggio della strada alla gestione della cordata guidata dall’ex presidente del parco dell’Etna Cettino Bellia.

Ma non è il momento di prendersela troppo anche con Castiglione. L’incendio rischia di «avvelenare i pozzi e rendere ancora più difficile il dialogo», ammettono gli operatori con riferimento all’ipotesi che il caso Etna possa in qualche modo essere collegato all’atto intimidatorio. «Noi prendiamo le distanze da quanto accaduto e siamo certi che i responsabili non fanno parte del nostro mondo», dice l’assemblea di attivisti. Oggi a Castiglione si terrà un corteo di solidarietà nei confronti del sindaco Camarda: ci saranno i sindaci siciliani dell’associazione I borghi più belli d’Italia e quelli del comprensorio etneo. A seguire un consiglio comunale straordinario a cui gli operatori intendono partecipare. «La stagione 2020 è già andata, il tempo è scaduto, a noi interessa solo uscire da questa gabbia. L’unica soluzione è che trovino un accordo».

Francesco Vasta

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