Cronaca

Il paradosso del clan di Salemi: decine di milioni hackerati all’estero e «c’è chi si deve vendere un rene» per le trasferte

Quasi 17 milioni di euro spostati all’estero per essere ripuliti con complesse operazioni in circuiti bancari internazionali, ma zero contanti liquidi per trasferte di pochi chilometri. È il paradosso che viene fuori dall’ordinanza dell’indagine che ha portato agli arresti nel clan mafioso di Salemi. I protagonisti principali sono Salvatore e Andrea Angelo, padre e figlio originari della cittadina del Trapanese (rispettivamente finiti ai domiciliari e in carcere), e il loro intermediario finanziario Giuseppe Burrafato che risulta indagato. Nelle dinamiche mafiose ricostruite dagli inquirenti tutto ruoterebbe attorno ai soldi. E, in particolare, al «denaro hackerato».

Imprenditore e capomafia di Salemi, Salvatore Angelo viene arrestato nel 2012. Scarcerato sette anni dopo, con la collaborazione del figlio Andrea, torna a occupare il proprio posto all’interno dell’organizzazione criminale «mettendo a disposizione – scrive la giudice per le indagini preliminari Antonella Consiglio – la propria capacità ed esperienza imprenditoriale». Utile per le attività illecite che, almeno in parte, sarebbero servite a finanziare la lunga latitanza di Matteo Messina Denaro. Operazioni complesse – come riciclare soldi provento di truffe (anche grandi quantità di vecchie lire fuori corso di esponenti della ‘ndrangheta calabrese), compiere accessi abusivi a sistemi informatici di istituti bancari e clonare carte di credito – per cui sarebbe stato necessario coinvolgere esponenti di famiglie palermitane e professionisti del settore. Primo tra tutti Burrafato, definito la «mente finanziaria» del gruppo che agisce anche per conto di Michele Micalizzi, uomo della vecchia Cosa nostra tra i perdenti della seconda guerra di mafia portata avanti da Totò Riina.

Nessuno lavora ufficialmente in ambito finanziario, eppure questi consulenti finanziari sono in grado di padroneggiare i complessi meccanismi del circuito Swift. Una sorta WhatsApp delle banche, una piattaforma informatica che consente a istituti bancari di tutto il mondo anche molto diversi tra loro di scambiarsi in modo sicuro messaggi con informazioni finanziarie. Permette, per esempio, di assicurare pagamenti anche di ingente valore prima che un oggetto sia spedito anche da un continente all’altro. Di molta meno distanza, invece, c’è bisogno per gestire certi affari illeciti. Tanto che gli Angelo affrontano due ore di viaggio in macchina per pochi minuti di conversazione faccia a faccia con Burrafato. Anche perché, da quando quest’ultimo si è accordo di avere un un localizzatore satellitare in auto, al telefono è meglio non parlare: «Telefonicamente parliamo il minimo e quando mi chiami – gli raccomanda Angelo juniornon parlare mai di mio padre. Perché lui, tra tutti, è il più pesante». Un peso dovuto al suo curriculum criminale.

Dunque, meglio ragionare di certi affari – complessi e illegali – di presenza. Come quando, il 26 febbraio del 2020, i due salemitani arrivano arrivano a casa Burrafato a Palermo per discutere del trasferimento di 12 milioni di euro: «Io ho nelle mani il contratto di uno che chiaramente invia denaro hackerato. È ovvio questo, ma lo sanno tutti che è hackerato». Nessun mistero. Ma un enorme paradosso: «Qua hai un cristiano (una persona, ndr) a settant’anni sofferti – dice Angelo senior parlando di se stesso – persone che hanno i nomi sulle spalle». Eppure, nemmeno i contanti necessari per trasferte brevi. «Avanzo soldi in vari posti e non me ne sta dando nessuno perché chi si vendere un rene, chi si deve vendere un occhio». Eppure, a suo modo, alla correttezza ci tiene e dispensa anche consigli morali: «Non vi approfittate mai di un centesimo di un altro – ammonisce Salvatore Angelo mentre si parla di illeciti affari milionari – Quando divido i soldi, prima glieli do a tutti e mi tengo sempre un euro meno perché sono una persona onesta».

Non tutti sembrano, però, avere la stessa illecita onestà. «Sto organizzando un bel furto: appena arriva quella cosa, mi futtu i picciuli (rubo i soldi, ndr) e non do niente a nessuno». È la mente finanziaria del gruppo a prospettare il piano alla moglie. «Se è l’unica alternativa, facciamo i fanghi (scorretti, ndr)», lo asseconda lei prima di porre due domande con tono apprensivo: «Ma vai in carcere? Ti uccidono?». Burrafato la tranquillizza riportando le rassicurazioni che ha avuto da Andrea Angelo: «Mi ha detto: “A te non ti tocca nessuno perché ce la sbrighiamo io e mio padre“».

Marta Silvestre

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