Arata: Pierobon contrattacca, tensione e toni accesi «Non sapevo chi fosse, qualcuno doveva avvisarmi»

Finito nella bufera per i numerosi contatti avuti con Paolo Arata – finito in manette insieme al suo socio Vito Nicastri per un affare a troppi zeri su un impianto di biogas nel Trapanese – l’assessore all’Energia Alberto Pierobon non ci sta e convoca la stampa per fornire la propria versione dei fatti, a proposito proprio di quelle conversazioni telefoniche. Lo fa in un pomeriggio afoso e asfittico, di fronte a una platea di giornalisti, senza sottrarsi alle domande, ma anche fornendo risposte che rischiano di lasciare più dubbi di quanti ne abbiano tolti.

Viale Campania, ore 16, piano terra. I giornalisti vengono registrati, esattamente come da diversi mesi a questa parte avviene con chiunque voglia avere accesso al palazzo da cui passano le autorizzazioni per gli impianti legati all’Energia e ai servizi di pubblica utilità. L’atmosfera di certo non è delle più distese: Pierobon si presenta puntale, accompagnato dal suo addetto stampa e da diversi componenti degli uffici di diretta collaborazione. C’è anche la moglie, seduta in fondo, che fa fatica a restare in silenzio davanti alle domande dei cronisti, arrivando a intervenire in più di una occasione. È amareggiato Pierobon per via delle intercettazioni finite questa mattina sui giornali. Si difende e contestualizza ogni singolo sms finito negli articoli, sottolineando sempre di non essere stato messo a conoscenza di chi fosse Paolo Arata. «L’ho conosciuto nel maggio 2018 – ammette ai cronisti -. Ci siamo incontrati in portineria, non sapevo chi fosse. Mi è stato presentato da due funzionari dell’assessorato, ha detto che era anche un docente di ecologia e un ex parlamentare. Saranno stati 30 secondi, mi ha lasciato il suo biglietto da visita».

Da quel maggio, però, le intercettazioni pubblicate da La Repubblica questa mattina raccontano di un intenso scambio di sms tra i due, che si davano del tu e sembravano in confidenza. «Cerco di dare risposte a tutti – è la replica di Pierobon – all’epoca non sapevo chi fosse Arata, mi chiamano tutti e io cerco di sbloccare le cose perché qui era tutto fermo, è così che sono fatto. Il mio difetto – aggiunge – è di essere troppo gentile e disponibile, non è che rispondessi in maniera immediata ad Arata. Anzi, aggiungo che più volte mi invitava a cena, io magari dicevo anche di sì, ma poi non andavo. Era insistente, come una zecca cavallina».

La tesi di Pierobon, ribadita più volte nel corso della conferenza stampa dai toni spesso accesi, è appunto quella di non sapere chi fosse Arata, sottolineando anche che «nessuno mi ha messo in guardia. Se qualcuno sapeva, doveva avvisarmi. Arata per me era uno dei tanti». Un punto rispetto al quale più volte i cronisti hanno sottolineato quanto sia inusuale che un assessore regionale fissi appuntamenti e solleciti altri colleghi assessori su singole pratiche.

Naturalmente l’esponente della giunta, che non risulta indagato, si è detto a disposizione dei magistrati, «qualora volessero sentirmi». A chi ha chiesto esplicitamente se la Solgesta srl, la società al centro delle indagini che hanno portato all’arresto di Arata e Nicastri, fosse iscritta nella white list della Prefettura, Pierobon risponde in maniera vaga, rimandando al ruolo di verifica e controllo del dirigente generale, Salvo Cocina, assente alla conferenza stampa. Per l’assessore e il suo staff se l’incartamento della Solgesta è giunto sul tavolo di Cocina, che l’ha rigettata, «era iscritta nella white list».

Tra i tanti argomenti affrontati, ecco anche l’aspetto politico. Soprattutto alla luce delle parole del governatore Nello Musumeci, che nel corso della seduta all’Assemblea regionale siciliana sulla questione morale, si è assunto la responsabilità politica dei suoi assessori. Dunque il governatore era stato messo a conoscenza del caso Arata? Di questa «zecca cavallina» che con «insistenza» contattava l’assessore regionale all’Energia? «Sì – ammette Pierobon – parlai anche di Arata con Musumeci. E ne parlai anche col collega Toto Cordaro: non sapevo chi fosse Arata, per me era un imprenditore. Solo dopo l’inchiesta ho capito. Se venissi a conoscenza che qualcuno sapeva ma non mi ha avvertito, prenderei subito provvedimenti».

Nelle intercettazioni Paolo Arata si vanta di avere come principale riferimento alla Regione Gianfranco Miccichè. E alla domanda se il presidente dell’Ars lo abbia chiamato per dirgli di parlare con Arata, Pierobon risponde di non ricordare. «Micciché – aggiunge – mi avrà chiamato un paio di volte da quando sono assessore». L’assessore all’Energia, infine, ridimensiona anche l’episodio in cui Arata lo avrebbe raggiunto in assessorato all’Economia, dal vicepresidente Gaetano Armao. «Ma solo perché quando mi chiamò ero con Armao e allora gli dissi di raggiungermi lì: comunque Armao non lo conosceva».

A parte il primo incontro avvenuto in assessorato, Pierobon ha confermato di aver incontrato Arata altre volte e sempre su sollecitazioni del faccendiere, preoccupato perché le sue pratiche non andavano avanti. E alle minacce di Arata pronto a rivolgersi alla Procura pur di far valere i propri diritti imprenditoriali, Pierobon ha detto di avere spinto l’ex parlamentare a farlo. L’ultimo incontro con Arata, ha detto l’assessore, l’ha avuto alla vigilia di Pasqua. «Disse che passava dalle parti dell’assessorato e voleva farmi gli auguri di Pasqua». Subito dopo l’inchiesta della Procura ha scoperchiato gli interessi del faccendiere.

Intanto la Commissione regionale antimafia, guidata da Claudio Fava, ha annunciato una serie di audizioni sulla vicenda: si partirà martedì prossimo alle 13, proprio con le audizioni di Micciché e Pierobon. Mercoledì alle 15 sarà la volta dell’assessore alle Attività Produttive, Mimmo Turano, e il giorno seguente, alle 14, l’assessore al Territorio, Toto Cordaro.

Miriam Di Peri

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