«Le istituzioni devono assumersi la responsabilità di quanto è accaduto nella città di Catania». Da San Giorgio a Santa Maria Goretti, dal Pigno al villaggio Sant’Agata, da Librino a Nesima fino a Monte Po. Arriva da dieci sacerdoti di questi quartieri periferici del capoluogo etneo (tra i più colpiti dai disagi) una lettera aperta sulle criticità che hanno vissuto i cittadini nelle ultime settimane. Dai disservizi di luce e acqua agli incendi e anche le difficoltà legate alle conseguenze dell’incendio all’aeroporto. «Sono ormai spenti i focolai degli incendi; da qualche giorno i cittadini hanno visto riaccendersi l’illuminazione e assistono al piccolo miracolo dell’acqua che sgorga dai rubinetti. Il caldo ha dato una tregua e, sia pur con grande lentezza e con persistenti disagi, l’aeroporto riprende gradualmente a operare. La situazione è certamente più serena ma, proprio per questo, assieme ai focolai rischiano di spegnersi anche i riflettori su quanto è accaduto nella nostra città». Ed è ciò che i sacerdoti del VII vicariato dell’arcidiocesi di Catania non vorrebbero accadesse per non rischiare di ritrovarsi, più avanti, sempre nelle stesse condizioni. Per questo, hanno deciso di mettere nero su bianco «una lettura dei fatti che possa individuarne le cause e stimolare la ricerca di possibili rimedi».
A firmare la lettera è stato don Dario Sangiorgio, vicario foraneo (parroco in Beata Maria Vergine del Carmelo e Santa Maria Goretti in San Giorgio). Un appello che è stato sottoscritto da altri nove parroci: don Gilbert Bilolo (San Giuseppe – Pigno), don Alfio Carbonaro (Santa Croce – Villaggio S. Agata), don Piero Galvano (Beato Padre Pio da Pietrelcina – San Giorgio), don Duilio Melissa (Risurrezione del Signore – Librino), don Alfio Mignemi (Santa Maria del Rosario – Nesima), don Alessandro Napoli (Santa Chiara – Librino), don Renato Rubino (viceparroco Santa Maria di Nuovaluce – Monte Po), don Fabio Vassallo (Santa Maria Ausiliatrice e San. Domenico Savio a Fossa Creta – San Giorgio) e don Antonino Vitanza (Santa Maria di Nuovaluce – Monte Po). Il loro primo pensiero è stato ai cittadini, non solo i fedeli, i credenti o coloro che frequentano la chiesa. «Non possiamo rimanere indifferenti a quanto segna la vita delle persone. Molti – si legge – hanno sofferto quando, avvolti da un caldo insopportabile, non hanno avuto nemmeno il refrigerio di un ventilatore, di una bevanda fresca, di una doccia; alcuni, nonostante la precarietà economica – continuano i preti – sono stati costretti a gettare via alimenti e a interrompere la propria attività lavorativa; alcune famiglie hanno visto andare in fumo abitazioni e veicoli». A tutte queste persone, i sacerdoti non offrono solo «vicinanza spirituale e preghiera» ma anche «la disponibilità a venire incontro, sia pure nei limiti delle modeste risorse delle nostre comunità, alle molteplici necessità materiali: vi invitiamo a presentarci le vostre esigenze per valutare quali interventi sia possibile attuare».
Non tanto e non solo un gesto di carità ma l’impegno a fare in modo che i cittadini si riprendano la loro normale vita quotidiana «ma anche attraverso l’intervento delle istituzioni e di quegli enti che, a vario titolo, devono assumersi la responsabilità di quanto è accaduto». Non un puntare il dito ma un’analisi di quanto accaduto: «Ci associamo a chi denuncia una grave mancanza di manutenzione e di adeguamento delle linee elettriche: l’uso di cavi di maggiore sezione e l’adozione di adeguati sistemi di protezione degli impianti dal surriscaldamento avrebbero, con ogni probabilità, evitato danni così ingenti da richiedere riparazioni che si sono protratte per giorni e hanno richiesto l’impiego di centinaia di operai; una concausa è stata, forse, anche l’allaccio abusivo di alcuni nuclei familiari alla rete elettrica, ma si tratta di un fenomeno ben conosciuto: basterebbe un censimento a tappeto». L’erogazione di energia elettrica ha portato con sé l’interruzione della fornitura idrica. «Senza addentrarci in minuziose disamine, ci chiediamo, se non sia opportuno che Sidra si doti di propri generatori, che le consentano di continuare a operare senza dipendere dai fornitori».
Una considerazione anche sulle fiamme che hanno divorato l’isola senza risparmiare anche il territorio del Catanese. «Sono stati appiccati da piromani? Sono stati semplici incidenti? L’amministrazione comunale ha vigilato adeguatamente sulla cura delle campagne che circondano i quartieri periferici? È stato disposto sui terreni pubblici e privati il necessario scerbamento? Inquietante è la certezza che i roghi, spesso – si legge ancora nella lettera aperta indirizzata al sindaco di Catania Enrico Trantino, agli assessori, ai consiglieri, a E-distribuzione a Sidra e ai cittadini catanesi – sono gesti di matrice mafiosa che, secondo un piano ben delineato, si servono della forza del fuoco come mezzo di intimidazione, ricatto, vendetta, o per accedere ai fondi destinati ad agricoltori e allevatori. L’origine prevalentemente dolosa degli incendi è
nota: rafforzare la vigilanza, favorire la denuncia di chi subisce minacce, coinvolgere l’esercito potrebbero essere efficaci azioni di contrasto».
Danni al patrimonio ambientale e alle case ma anche alle infrastrutture: altre fiamme, infatti, hanno devastato un settore dell’aeroporto. «Le indagini – scrivono ancora i dieci sacerdoti – chiariranno le cause e faranno emergere eventuali responsabilità, ma resta incomprensibile il modo in cui l’emergenza è stata
gestita: a distanza di parecchi giorni, lo scalo non è ancora tornato alla piena operatività». Un’analisi della situazione che sta vivendo Catania che può sembrare impietosa e poco aperta alla speranza. «Non è così – ci tengono a chiarire – Osserviamo queste cose proprio perché amiamo questa città e la sua gente; il degrado e l’incuria ci suscitano dolore e disappunto, tuttavia siamo in grado di cogliere i semi di bene, di solidarietà, di professionalità e di impegno che sono presenti. Resta viva in noi – continuano – la fiducia che Catania possa risollevarsi, possa reagire senza passiva rassegnazione ai fatti recenti e, più in generale, alla situazione di immobilismo che segna tanti aspetti della sua vita. È forte – concludono – il nostro appello alle istituzioni e agli enti che gestiscono servizi fondamentali per il benessere della cittadinanza».
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