Se la storia della bancarotta del consorzio Co.Ro.Im e di alcune delle società al suo interno dovesse essere raffigurata con una forma geometrica, la scelta ricadrebbe certamente su un triangolo. I motivi sono tanti: dal coinvolgimento di tre coppie di indagati – i fratelli Giacomo e Michele Iraci Cappuccinello, i fratelli Angelo e Fabio Romano e la coppia formata dall’imprenditore già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa Francesco Scirocco e il paladino dell’antiracket campano Gianpiero Falco – ai tre appalti gestiti dagli imprenditori, tra i quali l’ampliamento del palazzo di giustizia di Caltanissetta e quello per la manutenzione al Policlinico di Messina. Tre, però, sono anche le città siciliane in cui questa vicenda si è sviluppata nel corso di quasi un decennio: oltre al capoluogo nisseno e alla città dello Stretto, infatti, ad avere un ruolo è anche Catania.
All’ombra del liotru, infatti, muove i primi passi il consorzio stabile Virgilio, la creatura che, secondo i magistrati, sarebbe stata plasmata con l’esclusivo intento di mantenere il controllo sulle commesse pubbliche senza curarsi di onorare i debiti con i fornitori. Uno schema che per gli inquirenti si sarebbe ripetuto più volte, sia nell’ambito di singole società – come nel caso della Impreter e della Gmi Strutture, entrambe di proprietà degli Iraci – che del consorzio Co.Ro.Im. L’escamotage sarebbe stato quello di puntare sull’affitto dei rami d’azienda comprensivi di lavori aggiudicati e autorizzazioni per partecipare alle gare, anziché sulla cessione, in quanto la prima soluzione consente di non rispondere dei debiti accumulati dalla impresa proprietaria.
Questa scelta fu fatta il 24 maggio nel 2013 in uno studio di consulenti al centro di Catania, guidato dal commercialista Giuseppe Quattrocchi. Stando ai documenti camerali, qui i Romano, gli Iraci e lo stesso Falco, che fu nominato presidente del consiglio di amministrazione, decisero di depositare le scritture contabili del neonato consorzio. Sei mesi dopo, Virgilio avrebbe chiuso l’accordo con Co.Ro.Im per rilevare la gestione degli appalti del secondo, ormai destinato al fallimento. Nello stesso studio ha avuto la sede legale anche l’impresa Gmi Strutture, dei fratelli Iraci.
Quattrocchi, che non è toccato dall’indagine della procura nissena, negli anni scorsi è finito coinvolto nell’inchiesta Broker Abuse su un presunto giro di truffe finanziarie. Era la fine del 2014, quando il commercialista etneo venne arrestato insieme ad altre sette persone con l’accusa di esercizio abusivo della mediazione creditizia. Per la guardia di finanza che condusse l’indagine, Quattrocchi avrebbe fatto parte del gruppo guidato dal consulente aziendale Domenico Marcuccio. Originario di Giarre, quest’ultimo è stato tirato in ballo l’anno scorso dal collaboratore di giustizia messinese Biagio Grasso, che – come riporta un articolo di Repubblica – lo ha indicato come «un soggetto inserito nel mondo dell’alta finanza, un soggetto con importanti collegamenti all’interno del Monte dei Paschi di Siena, della Capital Service e legato a personaggi politici», che Grasso ed Enzo Romeo, il nipote di Nitto Santapaola, avrebbero pensato di attivare per aprire nuovi canali di finanziamento.
A distanza di sei anni dall’operazione, il processo Broker Abuse attende ancora la conclusione del primo grado di giudizio. «Un’udienza era stata fissata nelle settimane scorse, ma il Covid ha causato un rinvio all’anno prossimo», dichiara a MeridioNews Rosario Pennisi, avvocato di Quattrocchi. In merito, invece, alla vicenda legata al consorzio Virgilio il legale chiosa: «Il mio assistito è totalmente estraneo a questa storia, curare i rapporti fra le società fa parte semplicemente del suo mestiere».
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