…and you will know us by the trail of dead: Worlds Apart

“Worlds Apart”
(Interscope)
 
Data di Uscita: 25 Gennaio 2005
 
È un disco per certi versi spiazzante, questo dei Trail Of Dead. Dopo essersi lasciati alle spalle il bassista Neil Busch (che comunque è presente nella composizione e registrazione dell’album), licenziato per problemi di droga e rimpiazzato da Danny Wood, il quartetto di Austin ha deciso di cambiare decisamente rotta. Se il precedente “Source Tags & Codes” poteva sembrare ai più una -fra l’altro riuscitissima- jam-session amichevole fra i My Bloody Valentine e i Sonic Youth, questo “Worlds Apart” si distingue per quanto riguarda sia le tematiche trattate dalle liriche di Conrad Keely, sia dal punto di vista musicale, spaziando da ballate al piano a riferimenti alla musica classica, dal punk al noise. L’album inizia con una “Overture”, vezzo a cui il gruppo ci ha abituato, ma già dalle prime note, dall’utilizzo di archi e tamburi, comprensive di invocazione agli dei egizi Isis, Horus e Ra, si può intuire la crescita del gruppo dopo questi due (quasi tre) anni di silenzio. “Will You Smile Again For Me?” è un pezzo epico. Un ritmo martellante e imprevedibile in 7/8 si fa spazio dopo un’introduzione violenta, che viene ripresa nel finale per ricongiungersi alla voce urlante di Keely, mescolandosi ad un refrain ripetuto in maniera quasi ossessiva. I testi dei Trail Of Dead, come accennato prima, si distaccano dal cantato dei dischi precedenti, molto d’effetto, ma autocelebrativo nell’accezione quasi autolesionista di Keely, che adesso cerca di interrogarsi in maniera più matura sul mondo che lo circonda. Evidente questa crescita nella title-track “Worlds Apart” e nella sognante “And The Rest Will Follow”: se la prima è un’invettiva contro il mondo patinato dello stardom, la seconda è un collage di riflessioni amare su alcuni vizi di forma della razza umana. “Classic Art Showcase” è una canzone punk, in perfetto stile Fugazi, nella quale però vi è incastonato uno splendido interlude, caratterizato da un etereo giro di accordi che successivamente dà spazio a suggestive voci gospel. “Russia, My Homeland” è una marcetta esclusivamente strumentale che fa il paio con la seguente “All White”, breve ballata al pianoforte alla Beatles. In definitiva “Worlds Apart” è un disco molto maturo sia negli arrangiamenti (adesso il piano riesce ad amalgamarsi perfettamente con cori e archi in maniera meno forzata), sia nella produzione raffinata di Mike McCarthy e nel song-writing, sia prettamente dal punto di vista del gusto musicale meno adolescenziale, ma smerigliato e con uno sguardo a generi finora non esplorati da quest’ancora giovane band.
 
“Overture”
“Will You Smile Again For Me?”
“Worlds Apart”
“Summer ’91”
“And The Rest Will Follow”
“Caterwaul”
“Classic Art Showcase”
“Let It Dive”
“Russia, My Homeland”
“All White”
“The Best”
“City Of Refuge”

Luigi Forte

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