Scoppia il caso su una doppia missiva con al centro la vicenda Almaviva Compact e i suoi 5300 lavoratori tra Palermo e Catania, 3400 dei quali nel capoluogo siciliano. Le sigle sindacali guardano con sospetto alle ultime due lettere firmate dall’azienda, che rimettono nell’occhio del ciclone i lavoratori delle quattro sedi di Palermo. Delle due missive, l’una, datata 3 aprile, è indirizzata ai vertici delle istituzioni regionali e locali. Vi si richiede un tavolo di confronto per una «valutazione puntuale» della situazione aziendale mirata alla «individuazione di soluzioni e all’avvio di percorsi industriali».
Non è detto chiaramente ma l’intento, osservano alla Cisl, pare essere l’accordo azienda-sindacati di un anno fa, che ha determinato per un anno, e fino al prossimo 12 giugno, l’abbattimento per 4,5 milioni del costo del lavoro. Nella lettera spedita il giorno successivo, il 4 aprile ma unicamente alle sigle sindacali, non si fa più riferimento, però, all’obiettivo di «valorizzare il patrimonio produttivo e occupazionale». L’oggetto, stavolta, è il «conferimento di ramo d’azienda» relativo alle attività di call center inbound, outbound e customer care costituito dal complesso di attività, strutture e personale dell’unità produttiva del capoluogo distribuita nelle sedi operative di via Filippo Cordova, il cuore aziendale, piazza Tumminello, via Ammiraglio Gravina e via Ugo La Malfa.
A un primo impatto, sembrerebbe la creazione di una newco controllata dalla casa madre con dentro attività e passività della vecchia Almaviva Compact. In realtà, sottolineano alla Cisl, uno spin off che più che al «consolidamento dell’unità produttiva di Palermo», come scrive la sede romana dell’azienda, punterebbe a sganciare dai conti del gruppo i 3400 lavoratori di Palermo, 2800 dei quali a tempo indeterminato. E a farlo adesso, a due mesi dalla scadenza della parte economica dell’accordo del 12 giugno.
Così qualcosa non quadra, denunciano Cisl e Fistel, che pù che di newco parlano di bad company. Del tentativo di dar vita a un contenitore per mettere successivamente in moto la macchina dei licenziamenti. Da qui l’annuncio di mobilitazione per i prossimi giorni e un pacchetto di richieste che le sigle avanzano al gruppo Almaviva e alle istituzioni locali e regionali.
I timori, che l’azienda sia intenzionata a scaricare costi ed esuberi del personale in una sorta di contenitore vuoto, sono condivisi anche dalle altre organizzazioni sindacali. «A guardarla bene, sembra una sorta di scatola cinese – afferma Rosy Contorno, rsu e componente di segreteria Uilcom – un contenitore vuoto dove scaricano attivi e passivi di Palermo, una società che perde già in partenza. Poi, giustificano tutta l’operazione con l’obiettivo di consolidare la sede palermitana ma è chiaro che, in assenza di un piano industriale, riesce difficile crederlo. La sensazione è che vogliono colpire solo questa città».
Un’operazione che, casualmente, dovrebbe partire proprio dal 13 giugno, all’indomani del termine dell’accordo votato un anno fa dai lavoratori per uscire dalla crisi. «I lavoratori hanno votato sì non per fare sacrifici a vita ma per uscire dal tunnel – prosegue – Dopo Rende, però, questa operazione sembra ancora più ambigua e dai retroscena non chiari. Adesso vogliamo vederci chiaro anche nei rapporti tra azienda e committenti. La situazione è abbastanza tesa, non ci sono le condizioni di legittimità – conclude – Faremo al più presto la richiesta di incontro con le istituzioni e affronteremo questa vertenza ai tavoli nazionali perché non è accettabile perdere 3 mila posti di lavoro a Palermo».
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