Nel finale della precedente puntata, analizzando la figura 4, abbiamo evidenziato come il saldo con i paesi non Euro sia andato peggiorando negli anni. L’idea che la Germania rappresenti la locomotiva dEuropa andrebbe quantomeno ripensata.
Daltronde, se fosse il contrario, non si spiegherebbe come i saldi target del sistema interbancario europeo siano così alti per la Germania, mentre nei paesi periferici laccumulo dei debiti target 2 aumenta proprio simmetricamente in quegli anni.
Fig. 1 Crediti/debiti Target confronti delleurosistema
Fonte: http://www.eurocrisismonitor.com
Noterete che le spezzate che rappresentano i saldi target dei singoli paesi dellEZ, cioè i crediti/debiti dei singoli paesi nei confronti delleurosistema, cominciano ad allontanarsi dallasse delle ascisse proprio subito dopo la crisi del 2008.
Per capire meglio come il sistema Target rappresenti il termometro della crisi di bilancia dei pagamenti intereuropea usiamo le parole di Sergio Cesaratto: Quando, ad esempio, avviene un pagamento di un bene tedesco importato dalla Spagna ciò che accade è che una somma di euro si sposta dalla banca spagnola (chiamiamola Santander) a una tedesca (diciamo la Deutsche Bank). Ciò si svolge con lintermediazione dellEurosistema (BCE e banche centrali nazionali dellEZ) attraverso un sistema di pagamenti che si chiama TARGET 2 che è stato nellultimo anno oggetto di feroci discussioni. Come funziona? In pratica la Santander ordina alla Banca di Spagna, presso la quale essa detiene riserve (liquidità), di prelevarne una parte ed effettuare il pagamento via T2 alla DB. Nei fatti, via BCE, la somma arriva alla Bundesbank che la accredita alla DB. La Santander ha però perso riserve (che sono obbligatorie). Ciò che normalmente accade è che la DB, che ha invece ora un eccesso di riserve, le presta alla Santander. Questa modalità di regolare i pagamenti attraverso le banche centrali e successivi prestiti interbancari si svolge anche allinterno dei paesi, per esempio giornalmente fra Banca Intesa e Unicredit (
) Ciò che, tuttavia, è accaduto con progressiva rilevanza dal 2008 è che le banche core (la DB dellesempio) hanno smesso di riciclare i proventi relativi al surplus commerciale tedesco non fidandosi più della solidità delle banche spagnole e degli altri periferici, né di prestarli a quegli Stati come accaduto sino ad allora.(1).
Siamo nel momento del sudden stop di cui abbiamo parlato riguardo al ciclo di Frenkel. Le banche che hanno smesso di prestare perché non si fidavano più della solvibilità degli altri paesi hanno accumulato saldi target da riscuotere nel sistema interbancario. Così si spiega anche lintransigenza nellapplicazione delle politiche di austerità per recuperare somme, nel breve termine, utili a soddisfare i creditori dei paesi in surplus.
Il sogno europeo tanto caro anche alla sinistra istituzionale italiana, si è quindi infranto contro il capitalismo mercantilista dei paesi più forti.
Che lU.M.E. non rappresenti unArea Valutaria Ottimale lo avevano preannunciato molti economisti anche ortodossi e laver messo il carro davanti i buoi, con la partenza di ununione monetaria prima dellunione politica ed economica, ha creato la situazione di oggi dalla quale è difficile uscirne prendendo decisioni dintegrazione e coordinamento ex post. La rigidità del cambio e laccesso al credito a buon mercato (ciclo di Frenkel) in situazione di diversità dei sistemi produttivi e del lavoro non poteva che facilitare, ed accentuare, le asimmetrie. La Germania forse ha imposto la politica che gli conveniva di più, obbligando gli altri paesi allausterità (anche se dal 2002 è la prima a sforare il 60% del debito/PIL) e frenando la domanda interna per creare un vantaggio competitivo a discapito delle classi lavoratrici.
Fig. 2 Salari reali redditi unitari da lavoro dipendenti deflazionati con lIPC in in Germania e Italia
Fonte: goofynomics.blogspot.it
Chi chiede il più Europa e grida alla finanza cattiva suggerendo: Tobin tax, integrazione fiscale, BCE garante dei titoli pubblici, lotta agli sprechi pubblici e alla corruzione, sovranità monetaria, e altro ancora, non ha capito (o fa finta di capire) che il problema è da ricercare nel solito conflitto produttivo tra le classi sociali. Il capitalismo tedesco ha sempre inseguito lobiettivo della bassa inflazione, costruendo un sistema in cui i percettori dei profitti si sono avvantaggiati maggiormente, rispetto ai percettori dei salari, degli aumenti di produttività (sul capitalismo tedesco degli ultimi 60 anni si suggerisce questo articolo di Joseph Halevi (http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=157). Anche linterpretazione secondo la quale landamento della produttività tedesca sia stato influenzato non da tendenze reddituali, ma dagli investimenti in innovazione e ricerca, sembra non corrispondere alla realtà dei dati.
Fig. 3 Investimenti totali in Germania in percentuale del PIL.
Fonte: data base del Fondo Monetario Internazionale
Questo appena descritto è il tipo di capitalismo che si è voluto importare nel nostro paese soprattutto dagli anni 70 in poi. Allora è inutile parlare dintegrazione europea senza politiche coordinate, sistemi previdenziali integrati, sistemi di welfare coordinati e meccanismi di aggiustamento che prevedono trasferimenti dai paesi in surplus verso quelli in deficit (la Germania in questo senso ha fatto sempre orecchie da mercante). Nessuno evidenzia che negli ultimi 35 anni i salari hanno toccato il minimo storico rispetto alla produzione. Non si vedevano quote salari così basse dagli anni 60! Che lagenda dettata dalle istituzioni europee e i paesi più forti abbia lo scopo di indebolire ulteriormente la classe lavoratrice, penso sia chiaro a tutti. Se per competere con le altre nazioni europee, con le quali invece dovremmo cooperare, non possiamo usare le leve monetarie o fiscali per via dellausterità imposta in maniera pro ciclica, non possiamo fare altro che diminuire ancora il costo del lavoro e le tutele sociali. Solo così lItalia e gli altri paesi mediterranei possono ricominciare a produrre ad uninflazione più bassa dei nostri vicini di casa.
Allora se non si può costringere il cavallo a bere, forse la strada obbligata è quella di ritornare al punto di partenza per costruire gli stati federali dEuropa iniziando da un processo inverso che dovrebbe prevedere ladozione di una moneta unica solo alla fine di un processo dintegrazione. Ma forse la rottura dellEuro è già alle porte e le prossime elezioni in Germania ci diranno qualcosa di più preciso al riguardo.
Le considerazioni di cui sopra costituiscono una minima parte di un discorso molto articolato. Forse questo non è il luogo adatto per dirimere certe questioni e lobiettivo di chi scrive era quello di cercare di mettere un po di ordine riguardo alla crisi attuale. Se ordine non è stato fatto si spera che almeno nasca la consapevolezza di quello che è successo nellultimo terzo di secolo. Riflettiamo su ciò che da oltre 30 anni ci insegnano nelle università o ci dicono i media riguardo al capitalismo, alle forze spontanee del mercato, alle capacità delle banche centrali di controllare linflazione, alla capacità dei mercati finanziari di allocare meglio il fattore capitale, alla pericolosità del debito pubblico e della svalutazione valutaria, allimportanza del consumo per misurare il benessere di un popolo, alle conseguenze negative dellintervento pubblico. Pensiamo a tutti gli strumenti che le scuole del pensiero economico liberale hanno prodotto per le politiche economiche occidentali. Scopriremo che le differenze tra i paesi e le classi sociali sono cresciute, senza parlare del danno ambientale che ci ritroviamo anche in questi giorni ad affrontare nel silenzio del media. Continuiamo così, facciamoci del male.
(9 – Fine)
Note:
1.Sergio Cesaratto in Oltre lausterità, e-book per Micromega 2012.
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